La Calabria è sempre commissariata, dunque umiliata. Ciò accade da troppo tempo, nella sanità e in altri ambiti pubblici. I partiti e i movimenti nazionali continuano a ignorare le voci, i bisogni e le urgenze di noi calabresi. Scelgono d’imperio le segreterie romane, per cui le elezioni regionali sono diventate un rito meccanico: servono a legittimare accordi a porte chiuse, siglati senza l’ascolto delle realtà locali.
Ogni volta restiamo delusi dalle urne, perché gli interessi delle gerarchie di partito prevalgono sul bene comune. Ne conseguono emigrazione, spopolamento, sfiducia crescente, astensionismo maggioritario, scarsa legittimazione popolare.
Finora, poi, il coinvolgimento della società civile è stato apparente. Nelle liste elettorali sono stati inseriti candidati provenienti dalle professioni, dalle imprese o dall’impegno sociale. Però non ne sono state recepite le istanze, le idee, i progetti.
Adesso occorre spendere a modo le risorse europee destinate alla ripresa dell’economia e dei servizi. Bisogna impiegarle per creare lavoro e infrastrutture, per tutelare i diritti insopprimibili, per valorizzare il patrimonio collettivo di natura e cultura, per fermare le partenze verso il Nord e favorire l’emancipazione dai ricatti del potere, dalle pressioni della ’ndrangheta. Da ciò dipenderanno le certezze dei bambini e degli adolescenti, l’innovazione, la tenuta dello Stato sociale, l’assistenza dei malati, degli anziani e dei più deboli, la stabilità della famiglia, la salute delle imprese e lo sviluppo sostenibile.
Pertanto, è indispensabile un cambiamento radicale, intanto di mentalità. La Calabria deve autodeterminarsi: con una classe dirigente pulita, capace, libera e coraggiosa; con il contributo indispensabile di chi ci vive e lavora ogni giorno. Non ci servono casting ed effetti speciali, ignoranza e sfacciataggine. Basta con le parole incoerenti, con la politica dei narcisismi, degli slogan e delle brame di palazzo, priva di contenuti e prospettive.
Ci proponiamo, quindi, di essere un riferimento concreto per aggregare tutte le coscienze e intelligenze calabresi che non accettano imposizioni dall’alto, che non si fidano dei predicatori televisivi e dell’insipienza di generali e marescialli di partito, che vivono in una realtà virtuale permanente.
È ora di aprire una discussione tra tutte le forze vive e sane della Calabria; di stabilire un rapporto aperto tra politica e società civile; di considerare le storie, i meriti e le capacità individuali; di far prevalere la competenza sulle clientele, la preparazione sull’ignoranza, la visione del futuro sull’assenza di prospettive e sull’abitudine del vivacchiare.
Se la Calabria non avrà rappresentanti e dirigenti adeguati alla sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza, andrà indietro, avrà sempre più analfabetismo ed ignoranza, resterà una regione di confine nelle mani di cosche attrezzate e pervasive. Se non saremo in grado di presentare un’offerta politica nuova, autentica e credibile, perderemo l’ultima occasione per lasciarci alle spalle decenni di errori, pregiudizi e spreco del capitale pubblico ed umano. Se non saremo in grado di dialogare, di mettere insieme saperi e intraprendenza, desiderio e volontà di cambiamento, vedremo i nostri figli partire e ce ne dovremo assumere la responsabilità: politica, morale e personale.
Questo documento, che chiunque può sottoscrivere in assoluta libertà, è il primo passo per avviare nell’immediato un confronto democratico sull’esigenza di costruire una proposta politica dal basso: che parta dal territorio e si basi sulle competenze e sulle esperienze dei singoli; che liquidi lo schema dominante delle contrapposizioni sterili; che entri nel cuore dei problemi, per risolverli e superarli.
x
x