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La mala depurazione nell’Alto Tirreno Cosentino. «Non fare il mio nome che ci arrestano»

Da Buonvicino a San Nicola Arcella sono diversi gli illeciti per la Procura di Paola. Gli indagati: «Finiamo male, me lo sento»

Pubblicato il: 20/07/2021 – 19:09
di Fabio Benincasa
La mala depurazione nell’Alto Tirreno Cosentino. «Non fare il mio nome che ci arrestano»

BUONVICINO Il processo di depurazione nell’impianto del Comune di Buonvicino era gestito da Pasqualino De Summa, imprenditore che con la sua ditta ha raccolto una lunga serie affidamenti da parte di diversi enti dell’Alto Tirreno cosentino. Un «monopolio» come lo definiranno gli inquirenti nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’operazione “Archimede”. De Summa, finito ai domiciliari, in qualità di legale rappresentante della ditta appaltatrice della gestione dell’impianto di depurazione e di sollevamento avrebbe «agito in concorso con alcuni dipendenti», anch’essi indagati. L’imprenditore, nel caso finito nelle carte dell’inchiesta, avrebbe imposto ai dipendenti di «abbattere la carica batterica delle acque reflue, immediatamente prima dell’effettuazione dei prelievi, utilizzando una sostanza non prevista dal contratto: l’acido percetico».

La depurazione «straordinaria»

De Summa e soci quando venivano informati di un controllo, «predisponevano «una straordinaria ed occasionale depurazione delle acque con l’aggiunta dell’acido percetico». Uno stratagemma che avrebbe permesso di eludere le analisi, procurandosi «un indebito profitto patrimoniale per essere riuscito ad evitare le sanzioni previste dalla legge». La vicenda viene cristallizzata in una intercettazione con protagonisti De Summa e un suo dipendente impegnati a commentare il controllo effettuato dall’azienda responsabile delle analisi delle acque potabili e reflue: «Ho fatto tutto qua – dice il dipendente – l’ho fatto stare una quarantina di minuti…gli ho detto bello mio devi resistere…ho dovuto controllare il peracetico hai capito? Che quello è arrivato appresso a me…il peracetico l’ho fatto girare eh». Ma il sistema messo in piedi ha delle falle e gli investigatori segnalano, a tal proposito, un episodio riguardante la segnalazione di un «campione non conforme su un prelievo» effettuato in piazza XI settembre a Buonvicino. In uno dei controlli effettuati, De Summa viene reso edotto sulla presenza di «escherichia coli a 77.000» ben oltre gli standard. L’imprenditore rimane attonito e replica: «Come è possibile noi non usiamo il cloro, ma l’acido peracetico» e la sua interlocutrice proverà a spiegare i motivi del risultato negativo: «vuol dire che le concentrazioni non sono giuste». Si rende necessario, dunque, un nuovo controllo e questa volta De Summa telefona al suo dipendente e raccomanda il ricorso «alla procedura corretta». Gestire gli impianti di depurazione è evidentemente difficile, riuscire a garantire il rispetto dei parametri imposti dalla legge lo è ancor di più. De Summa lo sa bene e in una delle captazioni finite nell’indagine, chiama uno dei suoi dipendenti per chiedere di intervenire in un impianto in vista di un imminente controllo. «Vieni a Cirella che sta venendo che è il più pericoloso che qua non ce la fanno le pompe, quindi, nel caso lasciamo una pompa solo attaccata».  

Lo smaltimento dei fanghi a Buonvicino

Non solo la gestione della depurazione, ma anche le operazioni di smaltimento dei fanghi sono finite nel mirino di chi indaga. Ancora una volta, protagonista è Pasqualino De Summa che «in concorso con i suoi dipendenti» avrebbe «prelevato i fanghi di depurazione per smaltirli illecitamente, conferendoli in terreni agricoli nella disponibilità di alcuni suoi dipendenti». Non solo, l’imprenditore – secondo l’accusa – avrebbe disposto «il trasporto dei fanghi non ancora essiccati in un cassone di un altro depuratore comunale (Diamante) non facendosi carico dei costi per lo smaltimento e le rispettive analisi». Sono diversi gli episodi segnalati. Nel maggio del 2020, l’imprenditore avrebbe ordinato lo smaltimento in località Puma di Buonvicino e a distanza di poche ore in località Scala dello stesso comune sempre in un terreno agricolo di un dipendente. «Domani viene il camion a prendere i fanghi…così li porta a Diamante e scarica dopo nei letti». I carabinieri forestali di Orsomarso proprio nel mese di maggio effettueranno un controllo a Buonvicino in località Puma, «riscontrando l’abbandono di circa sette metri cubi di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione», poi sottoposto a sequestro. Del controllo De Summa viene informato dal suo dipendente: «Ci tengo la Forestale nella terra» e l’imprenditore preoccupato risponde: «non fare il mio nome che mi arrestano, non gli parlare di depurazione che ci arrestano oh». L’interesse delle forze dell’ordine nell’approfondire l’attività di smaltimento, mettono in allarme De Summa che avvisa un suo dipendente impegnato a sotterrare i fanghi in località Scala: «Cerca di…sistemala tu sotto la terra».

La depurazione a San Nicola Arcella

L’attività investigativa ha permesso di far emergere una serie di condotte illecite in relazione alla depurazione nel comune di San Nicola Arcella «nella persona di Maria Mandato (finita ai domiciliari), amministratrice della ditta che si occupa della gestione dell’impianto di Canal Grande, Vannefora e Olivella e degli impianti di sollevamento. Nel caso di Canal Grande, Maria Mandato contatta un suo dipendente e chiede il resoconto sui lavori di manutenzione, l’operaio risponde: «abbiamo fatto tutte cose…quello che dovevamo fare…tutto sistemato». Qualcosa però evidentemente va storto perché Mandato sarà costretta a ricontattare l’operaio per «andare a controllare giù a mare» dopo la pubblicazione su Facebook di alcuni video: «Si vede che è tutto scuro, scaricate il fango! L’ho detto da stamattina…da due giorni». In una nuova telefonata, Maria Mandato confessa di aver appreso che dalla condotta sottomarina fosse uscita acqua di colore nero per cinque minuti. La rottura è oggetto di una conversazione telefonica della imprenditrice con l’ingegnere Giuseppe Maurizio Arieta (finito ai domiciliari). «Io domani ci metto gli operai tutti e quattro, da mattina a sera, scasso e scarico in calane…non possiamo rischiare che quelli si pigliano un’infezione siamo fregati…perché è acqua disinfettata però non è che proprio acqua di depuratore quella!», dice Mandato e il suo interlocutore risponde: «ci dobbiamo andare a finire male con sti depuratori, è inutile, me lo sento». E la sensazione di Arieta troverà riscontro nel controllo che i Carabinieri Forestali faranno al depuratore di Canal Grande, scoprendo la presenza di «uno scarico non autorizzato attivato dal gestore a danneggiamento di della condotta sottomarina, ottenuto mediante una condotta precedentemente occlusa». Un episodio che aveva porterà al deferimento di Maria Mandato. Anche nel depuratore di Olivella, secondo chi indaga, si consuma un possibile reato. Questa volta, la Mandato avrebbe acconsentito al prelievo di «fanghi di depurazione e conseguente smaltimento illecito, conferendoli in terreni non identificati». «Scappa a Olivella…adesso…fai quel pozzetto vicino alla terra e manda tutto giù, corri corri», dice la donna rivolgendosi ad un operaio. Per gli investigatori l’intercettazione mostra chiaramente la richiesta della donna di «scaricare con urgenza qualcosa di non meglio precisato». Infine, per quanto attiene all’impianto di Vannefora, Mandato avrebbe agito «in violazione del divieto di diluizione immettendo quantità significative di acqua potabile nel processo di depurazione». Inoltre, come accaduto in un episodio con protagonista De Summa, anche Mandato avrebbe fatto ricorso all’acido peracetico «prima dei controlli concordati con un tecnico Arpacal».

Il ruolo del tecnico Arpacal

Francesco Fullone è un tecnico della prevenzione impiegato all’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale. Un ruolo assai delicato il suo, che finisce nel mirino degli investigatori. Da quanto emerge, la Mandato avrebbe saputo proprio da Fullone dei controlli sui depuratori gestiti dalla sua impresa. Il tecnico chiama l’imprenditrice: «Stavamo partendo con la collega, dico, però dobbiamo vedere come è la situazione», «ci sono i canali pieni» risponde la donna. Fullone insiste e suggerisce una soluzione: «Dobbiamo fare un controllo entro l’anno. Allora rimandiamolo a lunedì per il momento». La notizia costringe Mandato a fornire delle direttive al suo dipendente «indicando di utilizzare un bidone di acido peracetico per disinfettare l’impianto entro il lunedì successivo». Il 16 dicembre del 2019, Fullone telefonerà Mandato per «annunciare il suo arrivo e riferirle di eseguire il prelievo presso solo un depuratore lasciando alla stessa la scelta del sito». «Scegliete l’impianto, il migliore», «si si tranquillo» risponde sorridente. la Mandato. Il controllo slitterà per un problema all’impianto elettrico. Quasi un anno dopo, Fullone ritenta e contatta la donna il primo dicembre del 2020: «Ascoltate ho programmato domani il servizio per Diamante, ma ci siete voi li?», «no, no ma conosco chi lo gestisce» risponde la donna. L’avvenuta esecuzione del controllo verrà accertata da una conversazione telefonica captata il 15 dicembre 2020 tra Mandato e un dipendente del Comune di San Nicola Arcella, dove la donna riferirà della presenza «dell’Arpacal che sta facendo i prelievi».

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