ROMA «Seria sarà la possibilità di farla franca. Basti pensare che oggi una rapina si prescrive in 10 o 20 anni a seconda delle aggravanti. Se passa la riforma, il rapinatore, processato per direttissima il giorno dopo, saprà che sfruttando la improcedibilità dopo appena 2 anni dalla commissione del reato vedrà il suo processo dichiarato improcedibile. E quindi sarà incentivato a delinquere». A dirlo, in un’intervista a “La Stampa”, Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, che torna sui temi già affrontati nel corso di un’audizione nella commissione Giustizia alla Camera dei deputati.
Come si può ovviare al rischio di effetto tagliola sui processi? «Bisogna intervenire in maniera radicale – risponde Gratteri – in primo luogo ottimizzando le risorse che ci sono: limitando il numero di magistrati fuori ruolo, accorpando uffici giudiziari in modo di migliorare l’efficienza del lavoro e potenziando le sedi veramente in difficoltà. Poi bisogna rivisitare l’impianto processuale in maniera sistematica e, in particolare, bisogna seriamente sfoltire le ipotesi di impugnazioni stabilendo condizioni rigorose per proporre appello. Basterebbe anche ampliare le ipotesi di inammissibilità degli appelli».
Per Gratteri, con la riforma, i processi «non verranno in alcun modo velocizzati. Sono previste alcune iniziative apprezzabili, come la semplificazione delle notifiche, ma, ripeto, se non si pone un argine alle impugnazioni, i processi non si sveltiranno in alcun modo».
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