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il processo

Rinascita-Scott, show di Chiodo e il presidente sospende l’udienza

L’avvocato di Francesco Stilo grida e non fa parlare il giudice. Sullo sfondo il ruolo dell’imputato in una vicenda di cocaina e accoltellamenti

Pubblicato il: 22/07/2021 – 20:51
di Alessia Truzzolillo
Rinascita-Scott, show di Chiodo e il presidente sospende l’udienza

LAMEZIA TERME Quando la misura è stata colma il presidente del collegio, Brigida Cavasino, ha sospeso l’udienza e ha lasciato l’aula insieme ai giudici che siedono a latere, Claudia Caputo e Gilda Romano. Nel frattempo l’avvocato Pietro Chiodo, difensore di uno degli imputati nel processo Rinascita-Scott, Francesco Stilo, continuava a gridare a microfono acceso: «È tutto verbalizzato altroché». E mentre i giudici sono via e gli avvocati si alzano, non senza qualche imbarazzo, Chiodo continua a bofonchiare a microfono acceso: «Prendete un po’ d’aria… Se ne sono andate senza dire niente, senza provvedimento, hanno lasciato l’aula… evidentemente non volevano farmi parlare… quando io gli ho detto “la trappola dei carabinieri”, e quindi la domanda era suggestiva proprio per quello che aveva detto il pentito nell’ultima frase, loro prede e se ne vanno e disertano l’aula, senza provvedimento…».
L’udienza è rimasta sospesa per non più di 10 minuti ma dopo quasi sei mesi di udienze, ogni settimana, per almeno tre giorni a settimana, per sei sette ore in media a udienza, una cosa del genere non era mai accaduta, nonostante le udienze vivaci non siano mancate.
Ma partiamo dalle origini.

Gli attriti con Loris Palmisano

Nel corso del processo il pm Annamaria Frustaci sta interrogando il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena. Si tratta l’argomento dell’accoltellamento di Loris Palmisano «soggetto di Palmi legato al gruppo Barbieri/Accorinti di Zungri/Pannaconi)», spiega Arena. Il ragazzo si è beccato le coltellate di Francesco Antonio Pardea per l’ennesimo sgarro fatto al gruppo dei vibonesi al quale apparteneva anche Bartolomeo Arena. Di mezzo ci sono sempre due fattori: donne e cocaina. La prima volta era accaduto a luglio 2016. Palmisano aveva ingaggiato una sparatoria in piazza municipio a Vibo nella quale era rimasto ferito Domenico Camillò. La ragione del contendere era che Michele Macrì aveva scherzato con la ragazza di allora di Palmisano il quale non l’aveva presa bene e aveva attaccato un diverbio con Macrì il quale era stato spalleggiato da Domenico Camillò. In un secondo momento Palmisano era andato a prendere una pistola, fece fuoco e colpì Camillò che finisce in ospedale e, cosa peggiore, pure sui giornali. Quell’estate, racconta Arena, «io, Macrì e Camillò non siamo neanche andati al mare perché dovevamo pedinare Palmisano per fargliela pagare». Sul fatto decidono di intervenire i grandi. Prima i Lo Bianco vanno a parlare con gli Alvaro, poi gli stessi ragazzi, non contenti, parlano direttamente con Carmine Alvaro, durante un pranzo. Chiedono che quello che è accaduto a Domenico Camillò accada anche a Palmisano: deve finire in ospedale e pure sui giornali. Alvaro li convince a desistere con la promessa che Palmisano si sarebbe tenuto lontano da Vibo. «Abbiamo accettato perché sapevamo che Loris Palmisano prima o poi avrebbe fatto un passo falso», ricorda Arena.

Droga, ragazze e accoltellamenti

L’occasione, infatti, si ripresenta. Di mezzo c’è una donna, una ragazza della quale si era fortemente invaghito Francesco Antonio Pardea. La ragazza, Emanuela Chilla (imputata con l’accusa di favoreggiamento aggravato) lavorava in un bar e Pardea la fa assumere come segretaria nello studio dell’avvocato Francesco Stilo, accusato in Rinascita-Scott di avere prestato illeciti servigi alle cosche. Francesco Antonio Pardea, inoltre, trova anche un appartamento alla giovane, proprio al piano di sopra rispetto a quello nel quale egli stesso viveva con la nonna. Accade però – racconta Arena – un fattaccio: la ragazza ha dei trascorsi con Palmisano e un giorno Francesco Antonio Pardea viene a sapere che Loris Palmisano si trova nell’appartamento della ragazza. Così avvisa Bartolomeo Arena e Giuseppe Camillò e tutti e tre decidono di attendere Palmisano nel portone del palazzo e quando questi scende lo aggrediscono. Arena racconta di essersi accorto di una esagerata quantità di sangue prodotta da quella aggressione. Sangue sulle pareti dell’entrata, sangue per terra. Solo dopo qualche secondo si accorge che Francesco Antonio Pardea non stava tirando pugni a Palmisano ma coltellate. Il collaboratore afferma che Palmisano promise loro di «non cantarsela» e chiese scusa perché non sapeva che in quel palazzo abitasse anche Pardea. Poi si trascinò in macchina e raggiunse per miracolo l’ospedale. «Qualcuno ci disse che fu merito della cocaina che aveva assunto se arrivò fino all’ospedale», dice Arena. Gli aggressori pulirono il sangue nel portone e Arena cancellò con l’acido muriatico la lunga scia di sangue sulla strada. Ma non bastava, perché i carabinieri cominciavano a fare domande e convocarono in caserma la ragazza, l’allora segretaria di Francesco Stilo.

Il ruolo di Stilo e lo show di Chiodo

È a questo punto del racconto che entra in gioco l’avvocato Stilo. Secondo quanto ha fatto mettere a verbale, nel corso della collaborazione, Bartolomeo Arena, all’epoca Francesco Antonio Pardea disse: «L’avvocato Stilo ci ha salvato». Stando al racconto del pentito in aula, e a quanto fece mettere a verbale quando cominciò a collaborare, la ragazza non si accorse dell’accoltellamento, anche perché aveva assunto cocaina insieme a Palmisano. Stilo, però, si sarebbe prodigato «nell’avvertire il gruppo che la giovane era stata convocata e nell’istruire la ragazza su quello che doveva dire ai carabinieri». È lo stesso Stilo che la accompagna dai carabinieri e che rivela ai ragazzi il contenuto delle domande dei militari e poi li rassicura che per loro non c’era problemi. È a questo punto che interviene l’avvocato Chiodo insistendo nell’affermare che il collaboratore avrebbe detto che Stilo ha suggerito alla ragazza «di dire la verità».
«Lei sta continuando a dire – interviene il giudice Cavasino – che l’Arena avrebbe dichiarato, qui davanti a noi sicuramente no, che Stilo avrebbe istruito la ragazza a dire la verità. Se lei ha delle dichiarazioni del genere, quando arriverà il momento in cui farà il controesame prenderà queste dichiarazioni e le contesterà».
«Ce le ho subito», si agita Chiodo. «No, no no – replica decisa la Cavasino – deve aspettare il suo turno».
Ma Chiodo grida ancora più forte, agitatissimo, copre le parole di tutti, quelle del giudice, quelle del pm Annamaria Frustaci che chiede di dare testuale lettura del verbale del collaboratore Bartolomeo Arena. Niente da fare. Non si può andare avanti. L’udienza è sospesa. «Se dovesse verificarsi la situazione di pochi minuti fa – ammonisce il giudice Cavasino quando il collegio rientra –, con questi toni assolutamente non consoni all’aula d’udienza, si risospenderà l’udienza». La difesa viene avvertita: potrà procedere alle contestazioni durante il controesame. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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