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Tagli, gaffe, polemiche e nessun problema risolto: il film di 11 anni di commissariamento

La sentenza della Consulta che ha bocciato in parte il Decreto Calabria risolleva le criticità di una gestione straordinaria sostanzialmente inutile

Pubblicato il: 24/07/2021 – 7:32
Tagli, gaffe, polemiche e nessun problema risolto: il film di 11 anni di commissariamento

CATANZARO Undici anni di gestione straordinaria, affidata a sei commissari in buona parte alti ufficiali delle forze dell’ordine, un mare di polemiche e di critiche, e la sostanziale inutilità dell’istituto. Il commissariamento della sanità calabrese da parte del governo nazionale è una lunga e controversa storia, sulla quale ora pesa come un macigno la sentenza emessa ieri dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato in parte il “Decreto Calabria” approvato, nella seconda versione, a fine 2020. Le vicende che hanno portato al commissariamento della sanità calabrese prendono le mosse nel 2009, quando emerge in tutta la sua gravità stato di profondissima crisi del settore calabrese, schiacciato dai debiti, quantificati in via approssimativa nell’ordine di 1,6 miliardi di euro, dai buchi di bilancio delle aziende sanitarie, dagli sprechi, dalla bassa qualità delle prestazioni, e anche dalle infiltrazioni della criminalità organizzata. L’allora presidente della Giunta regionale, Agazio Loiero (Margherita e poi Pd) riesce tenacemente ad evitare il commissariamento da parte del governo nazionale, che tuttavia impone alla Calabria l’adozione di un piano di rientro da “lacrime e sangue”, fatto di pesanti tagli alle strutture ospedaliere e alle incontrollate voci di spesa. Il commissariamento scatterà con il successore di Loiero alla guida della Regione, Giuseppe Scopelliti (Pdl), nominato commissario ad  acta dal governo nazionale il 30 luglio del 2010, con l’affiancamento di due sub commissari, tra cui un generale della Guardia di Finanza, Luciano Pezzi, che a sua volta diventerà commissario nel settembre 2014 dopo le dimissioni da governatore dello stesso Scopelliti, coinvolto in un’inchiesta giudiziaria. Tra i primi atti che Scopelliti attuerà quale commissario della sanità calabrese, la chiusura e la riconversione di oltre una quindicina di ospedali, ritenuti insicuri e inutilmente costosi. Dopo Scopelliti si aprirà la fase dei commissari non presidenti di Regione: nel 2015 il governo nazionale a trazione centrosinistra nomina come commissario ad acta della sanità calabrese l’ingegnere Massimo Scura, di area Pd, che tuttavia entrerà subito in conflitto con il governatore dell’epoca, Mario Oliverio, anch’egli democrat. Dopo Scura sarà la volta del generale dei carabinieri Saverio Cotticelli, nominato dal primo governo Conte, quello a trazione M5S-Lega (anche se in quota penstastellata) a dicembre 2018. Sono i mesi in cui l’allora ministro della Sanità Giulia Grillo, del Movimento 5 Stelle, elabora il “Decreto Calabria” che di fatto potenzia la figura e i poteri del commissario di designazione governativa. La parentesi di Cotticelli si conclude, piuttosto ingloriosamente, con una clamorosa gaffe, nell’autunno del 2020, all’indomani di un’imbarazzante e imbarazzata intervista televisiva nella quale il generale ammetterà di non aver compreso che tra le sue competenze rientrava anche la stesura del piano anti Covid 19 della Regione Calabria. Dopo le  dimissioni di Cotticelli si assisterà a un incredibile “balletto” sulla figura del suo successore, con una lunga serie di nomi “bruciati” tra rinunce o rifiuti, un “balletto” che andrà avanti per settimane, fino a fine novembre 2020, quando il secondo governo Conte, quello a guida M5S-Pd, nomina l’attuale commissario della sanità calabrese, il prefetto Guido Longo. Nel frattempo, il governo a fine anno vara una seconda versione del “Decreto Calabria”, che rafforza ancora di più l’istituto del commissariamento. Quello del prefetto Longo è l’ultimo capitolo di una storia lunga ormai undici anni, caratterizzati essenzialmente da un dato: a distanza di tanto tempo il commissariamento non sembra aver risolto i problemi della sanità calabrese, che, anzi, sembra scontare ancora gli stessi gravi problemi che ne avevano motivato la gestione straordinaria a livello centrale, vale a dire livelli essenziali di assistenza sotto la media nazionale, disordine e confusione gestionale e amministrativa, un debito commerciale ancora quantificato in circa due miliardi, e le ormai costanti e consistenti perdite di esercizio con i conseguenti disavanzi di bilancio. Su tutto questo contesto si abbatte adesso la decisione della Corte Costituzionale di censurare, sia pure parzialmente, alcune norme che presiedono il commissariamento della sanità calabrese: una sentenza, quella della Consulta, sicuramente destinata ad aprire una nuova e imprevedibile pagina del più tormentato settore della pubblica amministrazione in Calabria. (a. cant.)

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