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«Letta: la banalità di una visita»

Chissà se la visita del segretario del Pd Enrico Letta in Calabria porterà più vantaggi che svantaggi alla candidata presidente della Giunta Amalia Bruni (“la nostra perla”) che andrebbe votata so…

Pubblicato il: 25/07/2021 – 17:22
di Mimmo Nunnari
«Letta: la banalità di una visita»

Chissà se la visita del segretario del Pd Enrico Letta in Calabria porterà più vantaggi che svantaggi alla candidata presidente della Giunta Amalia Bruni (“la nostra perla”) che andrebbe votata solo per il fatto che è una scienziata di prim’ordine, una donna tosta, una calabrese eccellente, ma è pure, se vista dall’angolo visuale del Pd, una terza scelta, dopo il boccia(to) Nicola Irto e la ritirata imprenditrice ferroviaria Maria Antonietta Ventura. Letta è arrivato in Calabria per sostenerne la candidatura, tardiva, di Amalia Bruni, allo stesso modo del console americano di turno che giunge in visita di cortesia e va in una fabbrica che funziona, incontra icone antimafia e poi si ferma ammirato in una località turistica pensando “non immaginavo che la Calabria fosse così bella”.
Scene che lasciano fuori i rumori di una regione persa e irredimibile, per dirla alla Corrado Augias: un caseificio, un paese della piana, dove ha incontrato un prete (don Demasi) rappresentante di Libera e un giornalista sotto scorta (Michele Albanese) perché minacciato dalla mafia, infine una poco elegante sosta a Reggio allo scopo (certo non primario) di promuovere un suo libro, sono state le tappe di Letta in Calabria. Le poche cose che ha detto in questo suo tour nella regione dove ogni giorno la popolazione da due secoli percorre una sua personale via crucis sono di una banalità disarmante. Esaltazione di Amalia, la “nostra perla”, come la migliore candidata possibile – anche se per Graziano e Boccia è  la terza scelta -, lagne per la mancata visibilità della Calabria (come mai finora non se  n’era mai accorto) invito ai calabresi a votare la sua candidata altrimenti dovranno tenersi Spirlì,  promesse tornando a Roma di farsi  carico delle questioni calabresi. Un po’ poco per un leader ex presidente del Consiglio. Banalità, discorsi di una piattezza avvilente, aria fritta di Parigi.
Per votare Amalia Bruni, che merita di essere votata, bisognerà dimenticare che è candidata del Pd e che il suo nome al trio Graziano Boccia Letta l’abbia fatto (si dice) Nicola Irto “il bocciato” rimesso in riga senza una spiegazione credibile. Il Pd in Calabria – dopo anni di commissariamento – non esiste, è soltanto una sigla usata in loco come una taxi e a Roma per intercettare i granai di voti che tornano utili per la conta nazionale quando si conta. Siamo curiosi di sapere se Letta domani o dopodomani chiederà ai propri gruppi parlamentari di portare in Parlamento la questione Calabria, che è questione nazionale, europea, occidentale, nel senso che non esiste, nelle nazioni di antica civiltà, una situazione di sottosviluppo, arretratezza, colonizzazione come quella della Calabria, regione che Romano Prodi presidente, maestro con Andreatta di Letta, definì “figlia prediletta”, ma poi lo cacciarono – col fuoco amico – e non abbiamo potuto sapere come l’affetto del professore emiliano si sarebbe tradotto in aiuto concreto, per la figlia sfortunata. Forse, se per il programma della visita in Calabria, cominciata in uno stabilimento per la produzione di mozzarelle, e concluso in un ascensore panoramico, davanti al mare di Omero, Letta avesse chiesto aiuto, chessò, ai sindacati, al mondo del volontariato, alla Chiesa, forse avrebbe fatto altre scelte, meno banali, sarebbe andato nei luoghi dove si muore per mancanza di sanità, nei paesi che si svuotano, nelle piazze della disoccupazione, negli aeroporti dove non si decolla e non si atterra, come a Reggio, nelle infrastrutture portuali che attendono aiuti e non tradimenti del ministro di turno.
Sarebbe andato forse nella Locride a interrogare quantomeno i santuari e gli oracoli greci sul perché una terra di grande civiltà è oggi irrimediabilmente (quasi) perduta, è l’ultima isola di infelicità, dove lo Stato non c’è, e la mafia la fa da padrona. Desolante. È l’unico aggettivo che ci viene in mente, nella speranza di essere smentiti, per la nostra diffidenza, di essere sommersi da una valanga di prove contrarie, ai nostri dubbi, di dover chiedere scusa apprendendo che per il Pd, per Letta, la priorità non è (con tutto il rispetto) il decreto Zan, ma la questione Calabria. Sempre nel campo dei diritti siamo.

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