PAOLA Una storia a tratti «paradossale» porta a interrogarsi sull’utilizzo della cannabis legale nel nostro paese, ancor più se finalizzato a scopi terapeutici. Specie in Calabria, tra le regioni più afflitte dal traffico e spaccio di droga, come raccontano le inchieste più o meno recenti, dove manca (così come in Molise e Valle d’Aosta) il provvedimento che permette l’erogazione della cannabis curativa con spese a carico del servizio sanitario regionale.
Succede allora che, a fronte dell’eccessivo costo parametrato ai pochi canali legali esistenti in regione, un 24enne di Paola, affetto da fibromialgia, onde evitare di attingere al mercato illegale per procurarsi la sostanza a scopo curativo decida di coltivarla da sé. Circostanza che gli vale un’accusa di spaccio dopo l’intervento dei carabinieri nella sua abitazione.
La storia viene ripresa sulle pagine del Corriere della Sera da Roberto Saviano, da sempre schierato sul fronte della legalizzazione delle droghe leggere. I fatti risalgono al 6 giugno 2019. I militari sentono l’odore della “marijuana” provenire da casa del ragazzo e intervengono trovando due piantine e strumenti funzionali alla coltivazione.
La relazione tecnica condotta dal Lass di Vibo Valentia dà prova che la sostanza rinvenuta a casa del ragazzo ha una media di principio attivo che varia dallo 0,32 allo 2,38, per un totale di 45,3 dosi medie ricavabili. Arriva in seguito anche l’imputazione per aver «illecitamente coltivato e detenuto una sostanza stupefacente per cessione a terzi o comunque per un uso non esclusivamente personale». Cristian Filippo sconta in via cautelare un mese di arresti domiciliari seguiti dall’obbligo di dimora a Paola, suo comune di residenza. Il 10 giugno 2021 si tiene la prima udienza dibattimentale, ma il processo viene rinviato a marzo 2022. Rischia una condanna fino a 6 anni di carcere.
«Se Cristian avesse comprato l’erba da un pusher non sarebbe finito nelle mani di una giustizia che pare proprio aver sbagliato il suo bersaglio. – scrive Saviano a commento della vicenda – Difficilmente se ne sarebbero accorti. E se pure fosse accaduto avrebbe rischiato una multa, al massimo il ritiro del passaporto o della patente, avrebbe rischiato di affrontare un percorso ai servizi per le tossicodipendenze, ma non avrebbe di certo rischiato il carcere».
Per lo scrittore la storia è «un paradosso di Stato», ancor più se ambientata «in una narcoterra» come la Calabria. «Sarebbe stato facilissimo per Cristian trovare la via illegale per procurarsi cannabis ma dopo la diagnosi del suo male e la prescrizione medica lui avrebbe diritto alla cannabis terapeutica legale, ma chiedete ai malati oncologici, chiedete a tutti coloro che soffrono di sclerosi multipla, di Sla, di dolori neuropatici, di glaucoma se, dopo 14 anni da una legge che la consente, riescono trovarla». Saviano imputa questo cortocircuito alla scarsa produzione nazionale che fa lievitare i costi. «Così facendo lo Stato costringe i malati a due strade o rifornirsi dai pusher o coltivare in proprio».
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