LAMEZIA TERME Ascoltando Pasquale Motta, giornalista ed ex direttore de LaC indagato nell’inchiesta Alibante della Dda di Catanzaro con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, i carabinieri si imbattono in quella che loro stessi definiscono negli atti dell’inchiesta una «lotta tra poteri», uno «scontro tra due gruppi che hanno interesse su Vibo Valentia e che non esitano a mettere in campo le rispettive referenze anche istituzionali» per prevalere.
Al centro della disputa ci sarebbero gli impianti pubblicitari, core business di Pubbliemme, società di Domenico Maduli che è (all’epoca) editrice del network LaC. Maduli (non indagato in Alibante) non sarebbe contento di come il commissario straordinario affronta la questione. Nel maggio 2019, il Comune è impegnato in un’opera di ricognizione sulle installazioni e decide di rimuovere una parte degli impianti di Pubbliemme. L’argomento è predominante nelle conversazioni tra Motta e Maduli presenti nei brogliacci agli atti del procedimento. Si ipotizzano complotti, si pianificano reazioni attraverso la testata principale del gruppo. E si fabbricherebbe a tavolino un’interpellanza parlamentare che, tramite i buoni uffici dell’ex senatore cosentino Tonino Gentile, sarà presentata da un altro senatore, Claudio Fazzone (Forza Italia) al ministro dell’Interno Matteo Salvini.
La costruzione dell’atto è paradossale: sarebbe Motta – secondo quanto risulta dai riassunti delle intercettazioni – a confezionarlo sulla base degli elementi forniti da Maduli. Seguono contatti costanti con l’ex parlamentare e sottosegretario Gentile per far avere il documento a Fazzone che, dopo un’attesa vissuta con una certa ansia nelle stanze di Pubbliemme, lo deposita intorno al 21 maggio. A quel punto il direttore de LaC, per chiudere il cerchio, può disporre la pubblicazione dell’interpellanza che egli stesso ha scritto. Va da sé che l’atto presentato dal membro del Copasir solleva dubbi sulle azioni del commissario del Comune di Vibo e dei dirigenti che hanno contribuito a rimuovere gli impianti di Pubbliemme.
Sembra, con i dovuti distinguo sui toni utilizzati, la trasposizione istituzionale di uno dei tanti scambi di opinione tra editore e direttore (anche questo riportato nei brogliacci): «Domani con il “corsivo” di Pablo li attacco (parla Motta, ndr), Maduli dice di sì e di attaccare pesantemente il commissario. Pasquale dice che lo fa a pezzi il commissario». L’interpellanza è il filo conduttore di un percorso nel quale si snodano rapporti politici e inimicizie affrontate “a mezzo stampa”. Tutto, o quasi, ruota attorno alla storia dei cartelloni pubblicitari. Ma andiamo con ordine.
È il 4 maggio 2019 quando Motta e Maduli discutono delle presunte irregolarità di alcuni concorrenti. E il giornalista non ha dubbi. «Pasquale – appuntano i carabinieri – dice a Domenico che loro devono scrivere queste storie anche per mettere del pepe al culo agli inquirenti». Non appaiono particolarmente soddisfatti, almeno in quella fase, del lavoro della magistratura (questo il sunto riportato: «Pasquale e Domenico concordano che Gratteri finora ha fatto solo chiacchiere. Pasquale dice che non bisogna mai pompare nessuno, poi addirittura senza risultati… vedi se a Vibo ha arrestato qualche corrotto. Pasquale dice che Gratteri ora è una star e fa il paragone con Belen, ecco perché fa 5mila condivisioni») sulle vicende segnalate. Contano di più sulle possibilità di affrontare l’argomento sul proprio media. Uno degli obiettivi delle loro rimostranze è un sindacalista, Francesco Cavallaro della Cisal: «A questo lo dobbiamo “ammischiare” – direbbe Motta – gliela dobbiamo far pagare, perché dietro ‘sta giostra c’è lui (…). È quello che l’ha avvelenata la vicenda». «Domenico – appuntano gli investigatori – dice “diremo tutti ‘sti affari di questi sindacati e roba varia”. Pasquale dice che lo devono aspettare al varco per dargli una botta a tenere».
Il commissario straordinario del Comune, Giuseppe Guetta, e due dirigenti (Teti e Nesci) finiscono nel mirino come responsabili dei guai dell’azienda. Maduli parla delle sue denunce. Poi si lamenta del fatto che «il commissario ha trovato anche i soldi (50mila euro pare per la demolizione) in un comune come Vibo pieno di problemi, poi chiede a Pasquale di “vedere chi è questo che ha avuto anche anche reati per corruzione mi sembra”».
L’idea dell’interpellanza parlamentare nasce il 7 maggio 2019. Sarebbe Maduli a lanciarla: «Vediamo un attimo come presentare ‘sta cosa, che poi vediamo se ci presentano una interpellanza parlamentare. Pasquale (sono sempre sunti ricavati dai brogliacci, ndr) dice “quello non sarebbe male”; Domenico gli chiede “tu la sai scrivere?”». E il giornalista risponde: «Documenti alla mano sì».
Inizia un processo lungo due settimane che porterà a depositare l’atto pro Pubbliemme scritto negli uffici di Pubbliemme. I contatti tra Maduli e Gentile sono avviati. «Lui (Tonino Gentile, ndr) dice che è là a Roma con… e mi dice “sta cosa l’ho presa di punta e la voglio fare”. Va bene, gli ho detto io», spiegherebbe Maduli. «Tranquillo – sarebbe la risposta dell’allora direttore – ora non è che vi serve subito… tra cinque minuti, il tempo che me l’asciugo per bene perché ci sono tante cose da mettere in sequenza». Nelle conversazioni si parla anche d’altro. Ma in questo contesto abbiamo ovviamente deciso di escludere tutta una serie di argomenti (considerazioni sui giornalisti, questioni private) non rilevanti.
La questione dell’interpellanza è, invece, centrale nello «scontro» segnalato dai carabinieri, diventato di pubblico dominio proprio alla vigilia delle elezioni comunali di Vibo. Nei giorni in cui gli impianti di Pubbliemme vengono smontati al Comune di Vibo, la vicenda pubblicitaria si mescola con le elezioni amministrative a Nocera Terinese, vera ossessione di Motta. «Pasquale – si legge nei brogliacci – dice al riguardo degli arredi urbani che Maduli sta togliendo da Vibo: “Tu ‘sti cosi tienili da parte che se vinco al paese mio te li faccio mettere dalla marina di Nocera fino alla statale”».
La rimozione degli impianti, però, continua. E sembrerebbe provocare le ire dell’editore, sposate da Motta: «Pasquale dice che domani con il “corsivo” di Pablo li attacco, Maduli dice sì e di attaccare pesantemente il commissario, Pasquale dice che lo fa a pezzi il commissario». Non rientrerebbe tra i politici graditi neppure il senatore Mangialavori, assieme a Mario Occhiuto e l’ex parlamentare vibonese Bruno Censore. E poi c’è il solito Cavallaro che «vuole acchiappato “serio”».
Il 17 maggio l’impazienza per la presentazione dell’interpellanza parlamentare cresce. «Ma quella interrogazione parlamentare l’ha depositata o no?», chiede Motta. E i carabinieri scrivono: «Domenico ha fatto scrivere da Pasquale Motta l’interpellanza parlamentare poi girata al senatore Fazzone, componente del Copasir che l’avrebbe dovuta presentare, su intercessione del politico cosentino Tonino Gentile». Seguono telefonate per accertarsi che l’atto venga depositato dal senatore e membro del Copasir, mentre espressioni poco commendevoli verrebbero estese anche al prefetto dell’epoca.
La vicenda dei cartelloni incrocia le elezioni comunali. Il “nemico” viene individuato in Stefano Luciano, candidato del centrosinistra. «Pasquale – riportano i brogliacci il 20 maggio – dice che uscirà su Luciano (candidato a sindaco) ma decide lui come e quando, Maduli dice che non deve dare il tempo (per non rispondere), Pasquale dice che uscirà e gli darà una mazzata, non escludo che lo “ammazzo” venerdì (inteso farà un duro articolo di stampa contro il candidato Luciano l’ultimo giorno utile, ovvero venerdì). Pasquale dice che tirerà una polpetta avvelenata e Maduli chiede se possa scrivere a “rompere” e Pasquale dice che lo può fare».
Tra un taglio e l’altro (con Maduli che parlerebbe del senatore Fazzone come «uno che deve essere a disposizione») l’interpellanza va finalmente in porto. Dopo la pubblicazione – questo è ciò che ricavano i militari dalle conversazioni intercettate – «sia Motta che Maduli prendono le distanze da chi ha scritto l’interrogazione parlamentare, contrariamente da quanto invece risulta nelle precedenti conversazioni, dove invece è chiaro che Motta abbia scritto e poi corretto l’interrogazione parlamentare su disposizione di Maduli». Chiuso un fronte, rimane aperto quello politico. Il linguaggio, al solito, è per lo meno colorito, stando sempre alle trascrizioni che riportiamo testualmente: «Maduli dice che Luciano non si è presentato al confronto. (…) Lo hanno ammazzato la questione della interrogazione parlamentare (il cui promotore, per come emerge dalle intercettazioni, è proprio Maduli), poi anche il fatto che è uscito sui suoi candidati». “Scollinate” le amministrative – con la soddisfazione per le vittoria di Limardo a Vibo e «di Motta a Nocera» – resta in piedi la questione dello scontro con la Cisal di Cavallaro. Mentre si mettono alla ricerca di notizie contro il sindacalista, lo scambio di vedute si sposta sui social e, alla fine, coinvolge anche l’ex sottosegretario Gentile. «Tonino – si legge negli atti – dice che chiamerà Cavallaro quando sale a Roma per parlarci e di finirla». Un altro esempio di quell’utilizzo delle «referenze anche istituzionali» per spuntarla nei contrasti in corso a Vibo. Anche a costo di scrivere da sé un’interpellanza parlamentare, sistemarla, aspettare che sia depositata e poi pubblicarla. Magari disconoscendone, almeno “ufficialmente”, la paternità.
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