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Svimez, le anticipazioni del rapporto. «Nord e Sud uniti nella crisi e divisi nella ripartenza»

Nel «terribile 2020» il paese ha risentito in maniera omogenea della caduta del Pil. Ma entro il 2022 solo il Nord ha la prospettiva di recuperare il terreno perduto. Esaminate cause e possibili so…

Pubblicato il: 29/07/2021 – 15:35
Svimez, le anticipazioni del rapporto. «Nord e Sud uniti nella crisi e divisi nella ripartenza»

ROMA Italia unita nella pandemia, «con un calo del Pil nel 2020 relativamente omogeneo a livello territoriale, se confrontato con l’impatto profondamente asimmetrico della precedente crisi, ma con una previsione di ripresa fortemente differenziata nel biennio 2021-22 a sfavore del Sud». Questo è il prospetto di massima riportato dall’Istituto Svimez nel rapporto annuale di prossima uscita “L’Economia e la Società del Mezzogiorno”, le cui anticipazioni sono state presentate nel corso della conferenza stampa alla Camera 2 dei Deputati giovedì 29 luglio dal Presidente Adriano Giannola e dal Direttore Luca Bianchi, presente il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Mara Carfagna.
Emerge in prospettiva che «a compensare la minor crescita tendenziale del Sud non sarà sufficiente nemmeno il Pnrr». Per questo motivo, la Svimez ha proposto «la costituzione di centri di competenza territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle politiche di sviluppo, anche in raccordo con le Università presenti nel territorio, in grado di supportare le amministrazioni locali, e in particolare i Comuni».

Un paese unito nella pandemia: i «terribili» numeri del 2020

In Italia la caduta del Pil nel 2020 è stata di quasi il 3% superiore alla media europea (- 8,9% contro il -6,1%), relativamente omogeneo a livello territoriale: 8,2% nella media delle regioni meridionali; 9,1% nel Centro-Nord, con una punta 9,4% nel Nord-Est e una dinamica al Centro in linea con la media nazionale (-8,9%).
Il calo degli investimenti ha riguardato tutto il Paese, mediamente più intenso al Centro/Nord (-9,2%) rispetto al Mezzogiorno (-8,5%). La perdita di valore aggiunto sofferta dai diversi settori mostra impatti trasversali mediamente maggiori al Nord, mentre il terziario rivela un impatto marcatamente più elevato nel Mezzogiorno. Il crollo delle attività economiche si è trasmesso solo parzialmente sulle famiglie per effetto delle misure di sostegno: la riduzione del reddito disponibile delle famiglie è stata infatti compresa tra il -2,1% del Centro, il -2,8% del Mezzogiorno e il 4,2% nel Nord-Est. Il crollo della domanda interna privata è stato compensato dalla crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche (+1,2% in Italia) che ha finanziato interventi massicci a sostegno di famiglie e imprese colpiti dalla crisi. Va segnalata la maggiore crescita nel 2020 rispetto alla media nazionale della spesa delle amministrazioni pubbliche nel Mezzogiorno (+1,4%). Un dato in netta controtendenza rispetto agli anni dell’austerità asimmetrica, quando il contenimento della spesa pubblica si concentrava soprattutto al Sud.

La ricaduta delle politiche espansive e del Pnrr

La Svimez ha stimato a livello territoriale il quadro di finanza pubblica derivante dalle principali misure adottate dal Governo comprensiva dei maggiori investimenti che derivano dall’implementazione del Pnrr nel biennio 2021-22. Il complesso delle misure determina circa 90 miliardi di spese aggiuntive nel 2021 e circa 42 miliardi nel 2022, con un contributo del Pnrr (comprensivo del Fondo complementare) di 9 miliardi circa nel 2021 e di circa 40 miliardi nel 2022. Sia per le entrate che per le spese, le manovre considerate esplicano maggiori effetti al Sud in rapporto al Pil sia nel 2021 (8,5% contro il 4,9% nel Centro-Nord) soprattutto per effetto della componente delle spese nette, sia nel 2022 (3,0% del Pil al Sud, contro l’1,4% nel resto del Paese). Se invece viene preso in considerazione il valore delle manovre in termini pro capite, la distribuzione territoriale sembra privilegiare il Centro-Nord (1698,4 euro per abitante rispetto ai 1610,9 nel Mezzogiorno). Tale differenza appare più significativa se consideriamo soltanto la componente relativa alle spese nette dove il differenziale a vantaggio del Centro-Nord è di circa 200 euro nel 2021 (1593 euro contro 1393,5 al Sud) mentre tende ad annullarsi nel 2022.
In base alle previsioni, secondo l’Istituto «mentre il Centro-Nord con la ripresa 2021-22 recupererà integralmente il Pil perso nel 2020, il Mezzogiorno a fine 2022 avrà ancora da recuperare circa 1,7 punti di Pil che si sommano a circa 10 punti persi nella precedente crisi 2008-13 e non ancora recuperati».

La dinamica del Pil tra il 2000 e il 2022

Secondo Svimez «il consuntivo di oltre un ventennio di sviluppo debole e disuguale del nostro Paese è evidente se analizziamo la dinamica del Pil tra il 2000 e il 2022 stimato dalla Svimez: il livello del Pil del Centro-Nord nel 2022 risulta, in valori reali, superiore di circa 7 punti al valore del 2000, mentre risulterebbe nel Mezzogiorno ancora inferiore di quasi 8 punti. La Svimez valuta che l’insieme delle misure di contrasto alla pandemia definite nel 2021 e la quota del Pnrr che si stima possa essere attivata nel biennio contribuiscano alla crescita cumulata del Pil nel biennio 2021-22 per il 4,1% nel Sud e per il 3,7% nel Centro-Nord (3,8% in Italia). Un differenziale a favore del Sud che non compensa la più debole dinamica tendenziale del Mezzogiorno mostrandosi dunque insufficiente a garantire un sentiero di convergenza almeno nel biennio oggetto di valutazione.
Complessivamente le misure considerate determinano un sostegno quantificabile nel 63% della crescita complessiva prevista nelle regioni meridionali nei due anni considerati; percentuale che scende al 39% in quelle del Centro-Nord (44% a livello nazionale). Il fatto che circa due terzi della crescita del PIL meridionale dipenda dalla capacità espansiva delle politiche pubbliche costituisce un tema di grande rilevanza soprattutto in ordine alla grande sfida che il Paese ha difronte nell’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza.

I limiti della programmazione e come superarli

Il Pnrr dovrebbe orientare gli investimenti pubblici a colmare i gap di infrastrutture e servizi di molti territori a maggior fabbisogno, soprattutto al Sud. Nonostante i passi avanti fatti delle Istituzioni in punto di programmazione, restano però una serie di criticità da sperare. La Svimez le individua anzitutto nei limiti delle amministrazioni locali, di ordine “strutturale” e consiste nella mancanza di una ricognizione puntuale dei fabbisogni di investimento sulla quale basare un’allocazione delle risorse aggiuntive stanziate dal Piano coerente con l’obiettivo di ridurre il divario di cittadinanza di chi vive e fa impresa al Sud. Altro limite, sottolineato da più parti, è l’ammontare delle risorse destinate al Sud (40%) ovvero circa 82 dei 206 “territorializzabili” dei complessivi 222 miliardi complessivi. Restano inoltre le difficoltà di passaggio dagli stanziamenti alla spesa e la predisposizione degli strumenti di monitoraggio in itinere dei processi di spesa di tutti i livelli di governo. Infine, secondo Svimez, altro limite è la coerenza con le politiche di coesione nazionali ed europee «poiché all’interno della quota Sud sono considerati anche i progetti finanziati con l’anticipazione di 15,5 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione, risorse che dovrebbero mantenere la loro destinazione territoriale di legge (80% al Mezzogiorno, la Svimez ribadisce che «tale scelta è da condividere se finalizzata ad una accelerazione della spesa del Fsc rispetto a quanto previsto dai tendenziali e soprattutto dall’esperienza dell’ultimo decennio». E come più volte sottolineato persistono «ritardi che caratterizzano la programmazione e la messa a terra degli interventi del Fsc».

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