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Il candidato «plasmato» dall’azienda e il consorzio dei clan che voleva “governare” l’Asp di Reggio

Uno degli imprenditori descrive il politico “perfetto”: «Prendiamo uno che ha zero voti, lo mettiamo là e deve fare quello che diciamo noi»

Pubblicato il: 03/08/2021 – 7:29
di Pablo Petrasso
Il candidato «plasmato» dall’azienda e il consorzio dei clan che voleva “governare” l’Asp di Reggio

REGGIO CALABRIA «Viva Corea per noi», esulta Nicola Paris, consigliere regionale ex Udc (e quasi Lega), in occasione della proroga dell’incarico di Giuseppe Corea, che i magistrati della Dda di Catanzaro ritengono un manager (dell’Asp di Reggio Calabria) a disposizione degli imprenditori della Helios. Per i pm reggini, Paris, Corea e i titolari dell’azienda si considerano «parte di un gruppo omogeneo, di un unico centro di interessi, per altro per lo più di natura illecita».

Gli imprenditori, il funzionario e il politico

Nicola paris udc
INTER NOS | Nicola Paris

La Helios è una ditta che si è aggiudicata l’appalto dei servizi di pulizia e sanificazione delle strutture amministrative e sanitarie dell’Asp. Corea è il funzionario che può muovere i tasti giusti per velocizzare i pagamenti dovuti dagli uffici pubblici all’azienda: per gli imprenditori (l’accusa definisce il suo comportamento un «totale asservimento» ai loro interessi) è essenziale che rimanga al suo posto. Sarebbe per questa ragione che Antonino Chilà, Antonino D’Andrea e Giovanni Lauro si sarebbero interessati «presso i vertici della Regione Calabria affinché venisse prolungato il contratto del pubblico ufficiale (…) in modo da garantirsi la prosecuzione del suo asservimento». Nicola Paris chiude il cerchio: i contatti del politico sembrano agli imprenditori l’unica leva in grado di assicurare al dirigente il proprio incarico. La Helios (il cui ex rappresentante legale Chilà è un membro dello staff del consigliere di centrodestra) lo aveva – secondo i pm – sostenuto durante la campagna elettorale. Di altro tipo, invece, il “sostegno” offerto a Corea, che avrebbe consegnato una bustina con l’elenco delle proprie richieste e ricevuto in cambio «una somma di denaro pari a 2.500 euro e uno smartphone Iphone 11 pro del valore di circa 1.570 euro, oltre a un’ulteriore busta dal contenuto allo stato non noto».
Come contropartita, avrebbe proceduto a cambiare l’ordine di pagamento delle fatture per fare in modo che Helios fosse liquidata prima di altre ditte. In questa storia ci sono tutti gli attori di un dramma molto calabrese: imprenditori in cerca di una scorciatoia, funzionari compiacenti, politici interessati a incassare un sostegno elettorale.

«Prendiamo un ragazzo che ha zero voti e deve fare quello che gli diciamo noi»

Per Paris la Dda di Reggio Calabria aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, richiesta non accordata dal gip distrettuale. C’è una frase intercettata dagli investigatori che suona inquietante rispetto al suo ruolo nella faccenda. La pronuncia Chilà: «Lo scopo principale – dice – del consorzio non è quello che facciamo le gare, lo scopo principale del consorzio è quello di prendere un nostro rappresentante, un ragazzo che entriamo noi, che lo portiamo noi, che sappiamo che lui ha zero voti quindi che è entrato lui grazie a noi e quello lo mettiamo là e deve fare quello che gli diciamo noi». Pare la creazione a tavolino di un politico che sarà per sempre grato a chi lo ha portato a Palazzo. È, sintetizza il gip, una sintesi dello «scopo principale del consorzio»: quello «di individuare, promuovere e sponsorizzare elettoralmente, plasmare un soggetto politico che fosse a loro disposizione, facesse e curasse da vicino i loro interessi nelle “stanze dei bottoni”».

Le sollecitazioni di Paris su Spirlì e Scaffidi

L’ipotesi della Procura guidata da Giovanni Bombardieri è che questa «dichiarazione di intenti» abbia «trovato nella figura e nell’agire del consigliere regionale Nicola Paris, legato da strettissimi vincoli di solidarietà politica e criminale a Chilà e i suoi sodali (…) la sua compiuta attuazione».
E sarebbe proprio la «vicenda della lucrosa proroga procurata dal gruppo al direttore Corea, ottenuta tramite l’intervento che il consigliere Paris – su sollecitazione interessata dei sodali – operava presso il governatore Spirlì e il commissario straordinario Scaffidi – la dimostrazione più eclatante di quanto i consorziati intendessero perseguire, incarnando esattamente il livello di influenza politica che si riproponevano di raggiungere». Si tratta di operare «per biechi interessi personali, per di più riferibili a organizzazioni criminose» e di condizionare le scelte si sistema «ai livelli più alti dell’amministrazione».

«Mettiamo 2mila euro a testa». Una cassa comune per pagare i corrotti

Nel “sistema”, «il prezzo delle corruzioni diviene un costo calcolato, l’eventualità di doversi assicurare i favori del pubblico ufficiale di turno va necessariamente preventivata», appunta il giudice per le indagini preliminari. «Diamogli da mangiare che è pure giusto», si dicono gli imprenditori, già pronti a spartire il peso delle «corruzioni» con quote eque nella cassa comune: «Metti 2mila tu, mette 2mila lui, metto 2mila io».

corruzione inchiesta inter nos
Dalle intercettazioni dell’inchiesta pare emergere un patto tra imprenditori per pagare funzionari corrotti

Il quarto livello: la ‘ndrangheta e quell’accordo siglato nel 2008

Il quarto livello, quello che resterebbe in ombra se non fosse per le indagini dei magistrati antimafia, è l’«appoggio ‘ndranghetistico» che il consorzio si sarebbe assicurato. La Procura fa risalire l’accordo a un incontro del 3 luglio 2008: in quel momento avrebbe origine la sintonia criminale tra cordate imprenditoriali che hanno i propri referenti mafiosi. L’Ati (Associazione temporanea d’impresa) Helios nascerebbe dall’unificazione delle aziende locali nel 2013 con lo scopo di mettere in pratica un’«alleanza criminosa» pensata per arrivare al «monopolio assoluto nella gestione ed esecuzione dei pubblici incanti, eliminando, con ogni mezzo, le eventuali ditte concorrenti provenienti “da fuori” ed agendo “come una famiglia”» per contribuire «all’ottenimento degli appalti, soprattutto attraverso la creazione di una cassa comune destinata» anche «al foraggiamento delle corruzioni dei pubblici funzionari, alle attività turbative degli incanti pubblici» e all’«asservimento» delle procedure agli interessi del “sistema”. Che – per i pubblici ministeri reggini – , inserisce D’Andrea, «un soggetto dalla significativa caratura criminale», come «rappresentante all’interno del consorzio della cosca di ‘ndrangheta degli Iamonte, alla quale i Chilà (…) si erano rivolti per l’appoggio e l’autorizzazione a gestire l’appalto di pulizie nell’ospedale di Melito Porto Salvo». E quando fa capolino la ‘ndrangheta gli attori di questo dramma molto calabrese ci sono tutti. (p.petrasso@corrierecal.it)

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