LAMEZIA TERME Scorrono le fotografie davanti agli occhi del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena. Ogni immagina corrisponde a una storia da raccontare nel maxiprocesso “Rinascita-Scott”, contro le cosche vibonesi e i loro sodali. Tra le foto compare quella di Salvatore Furlano. «Furlano era con noi fin dall’inizio», racconta Arena, ex affiliato dei Pardea-Ranisi, il quale ricorda in particolare un episodio che ha visto protagonista Furlano quando lavorava come commesso nel negozio di Giannini. Nel 2012 si presenta da Giannini Sergio Gentile che Arena annovera come appartenente alla cosca dei Lo Bianco-Barba di Vibo. Gentile fa acquisti ma Furlano non gli concede lo sconto che quello si aspetta.
Da quel momento si verificano una serie di eventi e danneggiamenti.
A Furlano viene incendiata l’automobile. Il gruppo di Bartolomeo Arena decide che l’unica soluzione per riparare all’affronto è che Furlano spari a una gamba a Gentile. Ma Furlano non vuole: dice che ha paura che poi quello «se la canta» e denunci tutto alle forze dell’ordine. Chiede al gruppo dei Pardea-Ranisi di risolvere diversamente la questione.
In realtà Sergio Gentile era stato «rimpiazzato nel carcere di Laureana di Borrello e aveva portato in copiata Carmelo Lo Bianco e Domenico Camillò», zio di Bartolomeo Arena. Insomma, Gentile era affiliato e non avrebbe mai potuto spifferare gli affari della cosca. Arena ne approfitta e chiede a Furlano uno scambio di favori: lui provvederà a gambizzare Gentile e Furlano va a sparare a Salvatore Lo Piccolo che era uscito di prigione ed era accusato di avere ucciso la madre della compagna di Arena.
A quel punto si mettono d’accordo Bartolomeo Arena, Giuseppe Franzè, Antonio Franze, Domenico Camillò e Antonio Macrì. L’idea è quella di “sventagliargli l’automobile con un po’ di colpi bassi”, in modo tale da non ucciderlo ma al limite gambizzarlo. L’azione non si realizza perché Gentile venne arrestato, così il gruppo decide di sventagliare quei colpi contro il negozio del fratello.
Andata in fumo l’aggressione contro Gentile, restava in piedi l’agguato a Lo Piccolo. L’esecuzione di questa vendetta, però, per Arena resterà sempre un mistero. Furlano racconta di avere «fatto il lavoro» davanti alla Latteria del sole, a Vibo, un luogo generalmente molto frequentato. Racconta di avere sparato mentre Lo Piccolo era nella macchina. Furlano aveva con sé anche una maschera e una parrucca che avrebbe usato nell’agguato. Ma nessuno sapeva nulla di questo agguato. Nessuna voce era trapelata. La cosa parve strana ad Arena il quale dubitò anche delle stesse parole di Lo Piccolo, il quale fu il primo a far uscire la notizia recandosi da Domenico Camillò e raccontando che «gli avevano sparato nella macchina». Una vicenda che non convinse mai del tutto il collaboratore Arena che riteneva, in qualche modo, Furlano e Lo Piccolo vicini poiché avevano condiviso il carcere. Ad ogni modo, seppure con risultati di minore intensità intimidatoria, Arena era riuscito ad aggredire Lo Piccolo: «Nel 2012 gli ho incendiato l’auto, una Punto blu». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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