LAMEZIA TERME Favorivano le truffe assicurative, visitavano i latitanti, rifiutavano di concedere le sale operatorie per mera avversità verso altri colleghi. Non è edificante il quadro che, nel corso delle udienze del processo “Rinascita-Scott”, sta emergendo dalle deposizioni del collaboratori di giustizia – Andrea Mantella prima e Bartolomeo Arena oggi – sull’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia. Col tempo si sono succedute le figure di ‘ndranghetisti che nel nosocomio hanno avuto potere ed entrature nel nosocomio. Se Mantella ha parlato di Paolino Lo Bianco, Arena racconta di suo zio Domenico Camillò, classe ’41, che è entrato come dipendente ed è diventato, senza avere alcuna qualifica, responsabile dell’archivio.
Arena racconta che proprio col capo cosca dell’omonima ‘nrina di Vibo si era recato dal medico Rocchino (non è imputato né risulta indagato) per anticipare di qualche mese un’operazione che l’attuale collaboratore doveva subire. Il medico acconsente a fare l’operazione la settimana successiva ma non a Vibo bensì a Tropea, racconta Arena. Il perché – riporta il collaboratore – sta nell’avversione tra il dottore Rocchino e il dottore Franco Petrolo (non è imputato né risulta indagato) per divergenze politiche.
«Era Franco Petrolo che comandava a Vibo», dice Arena. Petrolo riceve Arena e lo zio Domenico Camilllò e concede che l’operazione possa essere fatta dopo una settimana ma a Tropea per non dare soddisfazione all’altro dottore.
«Mio zio ha fatto visitare latitanti», racconta Bartolomeo Arena per sottolineare che «tutti i medici di Vibo si sono sempre messi tutti a disposizione». Un esempio, rispondendo alla domanda del pm Annamaria Frustaci, riguarda il ferimento di Francesco Mancuso, raggiunto da un agguato nel corso del quale morì Lele Fiamingo. In quell’occasione Domenico Camillò portò un medico a visitare Ciccio Mancuso che si rifiutava di andare in ospedale.
Referti alterati, con anche 30 giorni di convalescenza per truffare le assicurazioni. Anche a questo si sarebbero prestati i medici di Vibo in favore degli “amici” delle cosche. Arena ricorda di aver simulato un incidente dichiarando si essersi ferito alla testa. Al’epoca si recò con lo zio Domenico Camillò dal dottore Vincenzo Giunta (anche lui non è imputato e non risulta indagato) «e il dottore mi diede 30 giorni, non di più perché disse che non erano necessari».
«Chi faceva le truffe assicurative?», chiede il pm Frustaci.
«Giuseppe Camillo, Domenico Camillò, i Pardea… tutti», dice Arena. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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