Ecco le elezioni (facendo i dovuti scongiuri nei confronti di chi si augura un’altra impeditiva ondata del Covid-Delta). Tante le proposte (per migliorare cosa però non si comprende). Troppe le improprie invasioni di campo nella sanità di chi di salute ne mastica poco ovvero ne ha masticato male nei recenti passati dirigenziali, artefici del disastro. Poche le considerazioni positive all’ascolto. Nessuna che vale la pena di essere letta.
I candidati, quasi tutti, ufficiali e aspiranti tali, si disperdono in dichiarazioni banali e inconcludenti nonché in critiche all’ingrosso (molte delle quali meritate) ma generiche. Assenti le proposte alternative al disastro, salvo urlare con “chi ha governato e governa”. Invero, tutto questo costituisce il vero problema delle prossime elezioni che si terranno il 3/4 ottobre dell’assenza assoluta di un progetto politico del fare, meglio di ciò che si può fare a Costituzione vigente.
Tra una inutile cantilena e l’altra, c’è qualcuno che riesce a parlare, in sintonia con le sentenze della Consulta, di come uscire dal commissariamento ad acta. Differenziandosi in ciò dalle fantasiose proposte di generale accollo allo Stato del deficit patrimoniale, ancora da quantificare. Magari, senza pensare a cosa fare per non produrre il disavanzo annuo che, è bene ripeterlo, costituisce l’addendo annuale, pari al “buco” di esercizio, che ha formato la somma dell’attuale netto patrimoniale negativo di valore plurimiliardario da rendicontare ad oggi.
E dire che la Corte lo ha detto e chiaramente. Lo ha fatto, più comprensibilmente di come lo ha fatto nel passato, con la sentenza 168/2021 (rel. Luca Antonini, uno che finanza pubblica se ne intende per avere scritto il cd. Federalismo fiscale), schierandosi palesemente per la gestione ordinaria della politica. Da qui, l’esigenza dei candidati alla carica di Presidente di misurarsi in campagna elettorale su una chiara proposta sul tema, profondamente ispirata alla concretizzazione di exit strategy del commissariamento. Un documento programmatico da attuare nella sua eventuale legislatura, sulla quale i calabresi scevri da “vizi” dovranno esprimersi, si spera, favorevolmente.
Il Giudice delle leggi con l’anzidetta pregevole sentenza ha detto che il personale regionale, considerato quasi “correo” collaborativo della politica che si è avvicendata nella formazione dei guai per decenni, deve essere quantomeno sensibilmente integrato, a cura dello Stato, da unità professionali esperte. Ciò non vuol dire tuttavia accontentarsi di quei piccoli eserciti di neofiti reclutati troppo liberamente qui e lì dall’Agenas, apportatrice del nulla da anni. E’ da considerarsi francamente risibile la volontà legislativa che ha determinato la possibilità di ricorrere ad una metodologia selettiva non garante di alcunché se non, spesso, confermativa di personale che sta galleggiando in Calabria da più tempo generando rovine e difficili convivenze sia nel sistema aziendale che in quello dipartimentale. In Calabria occorrono professionalità riconosciute da mettere in campo subito da titolari. La panchina per la massima parte è di bassa qualità, certamente inadeguata.
Quanto al da farsi e al come farlo, la Corte costituzionale è andata oltre il normale esercizio critico giurisdizionale. Ha detto che a programmare la sanità del domani 2022-2023 può essere (a nostro avviso, deve) la Regione che di ciò deve assumersi la responsabilità progettuale e anche (co)attuativa unitamente al commissario ad acta, invitato quindi a preparare le valigie. Un adempimento che è propedeutico a conseguire un contributo di solidarietà di 60 milioni annui per il triennio in corsa.
Al riguardo, una domanda che non è di poco conto, da fare a quel ceto politico che di siffatta invenzione ne pretende la paternità: ma a cosa serve un contributo di solidarietà di 60 milioni per tre anni se non appena a coprire una parte del disavanzo di esercizio prodotto annualmente? Quella perdita economica che è peraltro di gran lunga superiore nella realtà, perché artatamente moderata nella sua entità da stratagemmi sui quali la magistratura dovrebbe intervenire! Quel disavanzo che per il 2020 è stato reso più mansueto registrando a ricavi delle AO e delle Asp (quanto ai loro presidi ospedalieri) non i DRG realmente guadagnati e correttamente determinati sulla base di canoniche liquidazioni delle relative SDO. Ciò perché qualcuno dei soliti co-artefici del deficit patrimoniale collezionato ha irresponsabilmente consigliato (sembra) ai commissari straordinari, tenuti all’adempimento specifico, di determinarli a forfait tra i componenti positivi del conto economico. Meglio, di adeguare quelli dell’anno 2020 a quelli conseguiti l’anno precedente (2019), quindi ante-Covid, nonostante la naturale diminuzione di ”fatturato” dei ricoveri che in alcune aziende della salute è arrivato a toccare punte del -35%.
La Consulta ha ragione, sino ad oggi si è sadicamente giocato con la Calabria. Con istanze “strappalacrime” di gioia, del tipo quello di condonare ai calabresi il deficit patrimoniale miliardario accollandolo allo Stato. In proposito occorrono strategie serie e non fantasiose bugie, tra tutte quelle di pretendere l’accesso ad una perequazione straordinaria, ricorrendo ai fondi straordinari, di cui al coma 5 dell’art. 119 Cost. Una ipotesi realizzabile anche attraverso una anticipazione di liquidità a restituzione ultratrentennale con le prime dieci annualità a carico statale.
Quanto al funzionamento della sanità a regime. Occorrono misure strutturali, ma serie. Necessita una generazione di personale che vada a sostituire ovvero ad integrare i protagonisti delle passate rovine. Quelli delle leggi sbagliate del 2004, delle procedure di accreditamento addomesticate e discriminate, dei conti economici truccati e delle gestioni condotte all’insegna della peggiore amicalità, che spesso sconfina con la pratica corruttiva.
Adelante candidati a Presidente, tirate fuori le frecce!
Buon ferragosto a tutti, nessuno escluso.
*Unical
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