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La riflessione

«La Calabria brucia (ma non è una novità)»

Arriva l’estate e, come al solito, la Calabria brucia. E se per qualche anno la violenza e la diffusione delle fiamme non sono sembrate così gravi ed evidenti, non è perché è cambiato qualcosa nel…

Pubblicato il: 11/08/2021 – 19:18
di Pino Paolillo*
«La Calabria brucia (ma non è una novità)»

Arriva l’estate e, come al solito, la Calabria brucia. E se per qualche anno la violenza e la diffusione delle fiamme non sono sembrate così gravi ed evidenti, non è perché è cambiato qualcosa nella mentalità dei Calabresi, ma semplicemente perché magari prima era piovuto un po’ di più. Le giornate campali di questo periodo hanno dimostrato che, quando si creano le condizioni adatte di secchezza della vegetazione per l’aridità persistente, chi vuole, brucia. E allora bruciano i parchi nazionali e le oasi, i boschi, le campagne e le periferie dei paesi e dei capoluoghi. E non c’è Canadair, autobotte dei Vigili del fuoco o squadretta antincendio che tenga, perché davanti ad un popolo di incendiari distruttori non c’è niente da fare: ne spegni uno e ne accendono altri cento e magari sono pure contenti e godono nel vedere le fiamme che inceneriscono pinete e macchia mediterranea. E se poi ci scappa il morto, com’è accaduto giorni fa, o le fiamme minacciano le strade e le case, nessuno pagherà mai. Solo le ristrettezze del Covid impediranno le solite feste paesane e le mille sagre, dove tutti sono felici e contenti e a tutti sembra, almeno per una sera, per una mangiata e una bevuta, di essere al centro dell’universo. Se solo mettessero lo stesso impegno (e gli stessi soldi!) che dimostrano nel preparare pentoloni di pasta e padellate di fritture varie per organizzarsi a spegnere gli incendi, non assisteremmo ogni anno a questo scempio.
E invece qui si dà fuoco per far dispetto a qualcuno, per protestare contro qualcosa, per fare  “pulizia” di una siepe, per preparare l’erbetta per le capre, per bruciare  la “restuccia” o i resti della potatura, perché così si è sempre fatto e sempre si farà; il fuoco, come la vendetta e l’indolenza, fa parte della nostra cultura.
Appiccare fuochi è (sarebbe) un reato, ma vi risulta di qualche contravvenzione o sanzione comminata per gli innumerevoli focolai che si vedono dovunque nelle nostre campagne anche in pieno giorno? Qualcuno si domanda da dove proviene quel fumo che ti costringe a chiuderti in casa o a respirare chissà cosa perché da qualche parte hanno dato fuoco a rifiuti, residui di potature, decespugliamento ecc. ecc.? Cioè ci intossicano la vita e tutto sembra normale, nessuno protesta, anche quando la terra dei fuochi è la nostra e non il Casertano, dove almeno lì la gente si ribella e scende in piazza. Qui invece non si ha neanche il coraggio di reclamare il diritto alla salute, salvo poi pregare Padre Pio quando è troppo tardi.
Evidentemente ci si dimentica del fatto che qualsiasi incendio boschivo o di macchia mediterranea o di sterpaglie, anche il più devastante, inizia con un accendino e un po’ di erba o legna secca e che il vento e il seccume della vegetazione fanno il resto.
O forse si incendia perché a molti il nero della distruzione piace, visto e considerato che “verde è bello “ e al Calabrese il bello non piace, gli risulta insopportabile alla vista e perciò fa di tutto per eliminarlo. Ve la immaginate un’estate senza boschi e campagne incenerite, i fuochi serali e il fumo che si diffonde nei paesi? Io me li ricordo da bambino, di anni ne sono passati, ormai fanno parte della tradizione, come le zeppole a San Giuseppe.
Eppure si dice che la Calabria sarà salvata dalla cultura.  Ma quale cultura? Da noi l’unica cultura è quella della bigotteria da medioevo, del conformismo e dell’individualismo più esasperati: al di sopra del calabrese non c’è nessuno e l’unico diritto è quello che ognuno si crea nella propria testa, cioè quello di poter fare quello che gli pare e piace. Incendi compresi.

*naturalista e storico rappresentate del Wwf Calabria

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