CORIGLIANO ROSSANO È un po’ come se si fosse nascosta la polvere sotto il tappeto per sei anni. Dal 12 agosto 2015 a Corigliano Rossano, il tempo sembra essersi fermato. L’alluvione è lì, una cicatrice indelebile nella storia del territorio e uno sfregio ancora ben visibile un po’ ovunque.
Basterebbe affacciarsi sotto alcuni cavalcavia sul lungomare di Rossano, nei torrenti a monte dove le briglie non esistono più e gli argini sono rimasti tali e quali a quella nefasta notte che ha sommerso Sant’Angelo e alcune aree dello scalo. Per fortuna senza mietere nessuna vittima. Un puro caso, un miracolo vero se l’acqua, quel giorno, non ha portato con sé a valle nessuna vita.
Il Citrea, il Fellino, il Celadi, il torrente Acqua del Fico esondati sembravano fendenti potenti e violentissimi, gonfiati da 160 millimetri di pioggia torrenziale caduta fra le 3,30 e le 7,30 del mattino e riversandone a valle circa 1,8milioni di metri cubi.
L’ingegnere Nilo Domanico, ha riassunto i problemi. «Cosa è cambiato in questi 50 anni? Abbiamo assistito ad una cementificazione selvaggia. Hanno tagliato alberi di ulivo sulle colline ed in pianura, hanno cementificato torrenti, hanno spianato montagne. E adesso l’acqua “corre più veloce” verso le nostre città e verso il mare. Gli sfregi dell’uomo hanno ridotto drasticamente i “tempi di corrivazione”».
«Ovvero la stessa quantità di acqua che viene giù dal cielo, oggi si riversa sulla nostra terra molto più velocemente di decenni fa. Ed esonda nei nostri centri abitati, posti ormai quasi sempre a valle, nel “collo di imbuto” del bacino idrografico, provocando morte e distruzione. Mentre prima, la stessa quantità di acqua impiegava ore a raggiungere le nostre città, trattenuta dalla vegetazione, assorbita dalla terra stessa, ora scorre più rapidamente nei bacini, nelle strade, diventate inconsapevoli affluenti dei nostri fiumi, dei nostri torrenti che diventano così distruttivi e letali.
Nel caso specifico, 1.8 milioni di metri cubi d’acqua si sono “spalmati” in 4 ore sul bacino idrografico in questione. Se tali forti precipitazioni fossero avvenute 50 anni fa avrebbero impiegato un tempo magari 3-4 volte superiori quello che hanno impiegato nel 2015 prima di raggiungere il mare. E diluendosi in un arco temporale superiore, la portata d’acqua che ha raggiunto il punto in cui l’argine è crollato sarebbe stata di molto inferiore e molto probabilmente l’argine non avrebbe ceduto. Come sempre è la mano dell’uomo a creare i disastri cosiddetti “naturali”. Il punto è vedere quando e se mai l’uomo si assumerà le sue colpe e correrà ai ripari».
Qualcosa però sta cambiando. Il consorzio di bonifica ha iniziato a mettere mano alla manutenzione dei corsi d’acqua nel comune di Corigliano Rossano, per un impegno di spesa di circa 50 milioni annunciati a febbraio scorso e qualche intervento è già stato eseguito. Lo stesso comune ha siglato un accordo con l’Autorità di bacino per cinque milioni di euro. Risorse utili, molte delle quali, però, rimaste ancora sui conto correnti.
Il geologo Tonino Caraccilolo, un’autorità nel campo del dissesto idrogeologico, già coordinatore tecnico del Pai Calabria, spiega anche la situazione è «migliorata e peggiorata allo stesso tempo»
«Mancano studi organici – dice Caracciolo – latitano Regione Calabria e Calabria Verde nella manutenzione delle foci ostruite dei torrenti Coriglianeto e Colognati, che aumentano il rischio di alluvioni. Le strategie di prevenzione della Regione sono pressoché nulle e i lavori programmati dall’ente nel 2015 non sono ancora iniziati. Il Piano di Gestione rischio Alluvione (Pgra) è sballato e pieno di errori – conclude – ed il comune ha accumulato ritardi negli appalti dei lavori».
L’amministrazione comunale da tempo si è posta l’obiettivo di mitigare i rischi e tappare le falle ereditate negli anni. «Stiamo portando a termine, con appalto esecutivo e affidamento dei lavori, i sei progetti sulla mitigazione del rischio finanziati nel 2020 con 5 milioni – spiega al Corriere della Calabria l’assessore all’Assetto e alla rigenerazione urbana di Corigliano Rossano, Tatiana Novello –. Tra questi il ponte sul Coriglianeto e le zone limitrofe che necessitano di opere di raccolta delle acque, e gli interventi nei greti a valle dei torrenti Acqua del Fico, Infernello e Grammisato con l’inizio lavori. A breve affideremo la progettazione della sistemazione di via Nicaragua. Abbiamo messo in sicurezza l’argine del Crati a valle, in somma urgenza, nonostante i fondi regionali siano stati stanziati ma ancora bloccati; avviato una interlocuzione formale con la Protezione civile regionale per programmare i lavori che riguardano il fiume Crati nel suo complesso ed il torrente Grammisato».
L’assessore Novello sottolinea anche l’impegno dell’amministrazione nelle fasi di monitoraggio dei corsi d’acqua – estate ed inverno – durante gli eventi pluviali.
«Chiediamo incessantemente alle autorità competenti la pulizia degli alvei dei torrenti, che non rientrano più nell’ordinario a causa dell’accumulo di detriti negli anni, il ridimensionamento di alcuni scoli, il ripristino degli argini. Nel progetto Pinqua (rigenerazione urbana per 15 milioni, ndr) di Schiavonea una buona parte dell’intervento riguarderà la messa in sicurezza dai rischi idrogeologici».
«Proprio venerdì scorso – annuncia poi l’assessore – è stata depositata la prima bozza del nuovo piano di Protezione civile della città unica con rilievi demografici, geologici, idraulici, sismici e di individuazione delle aree a rischio, che sarà reso pubblico a breve e prevedrà anche una App che segnalerà gli allert. La prevenzione e la mitigazione del rischio idraulico – chiosa Tatiana Novello – è di vitale necessità per la sicurezza di tutti».
Insomma, chi ha vissuto quell’esperienza in prima persona non dimenticherà mai l’impeto delle acque, le strade ed i viali trasformarsi in torrenti in piena, le centinaia di auto accatastate – qualcuna finita anche in mare – gli animali morti o la carcassa di un cavallo ritrovato all’interno di un’abitazione, le case e le palazzine di Sant’Angelo sconquassate, la paura negli occhi della gente, nelle donne anziane del quartiere, in quelli dei commercianti avviliti dall’ondata distruttiva. E l’acqua superare il metro e mezzo su viale Sant’Angelo, i due chilometri che separano lo scalo di Rossano dal mare.
E poi l’inferno dei giorni successivi, il fango misto alle acque “nere” da spalare nelle case e per strada che si trasformava in polvere rendendo l’aria irrespirabile. Le passerelle dei politici – qualcuno rischiando un vero linciaggio – la confusione nel Centro operativo comunale, lo spiegamento di mezzi di Regione e Prociv rimasti inattivi per due giorni fuori dallo stadio in attesa che l’ordine cadesse dal cielo mentre centinaia di famiglie, migliaia di sfollati brancolavano nel buio.
Ed ancora la rassegnazione nelle braccia dei primissimi ragazzi accorsi a spalare con arnesi di fortuna, i ritardi nei soccorsi, le ore interminabili passate a ripulire con la calura asfissiante di agosto.
Il rovescio della medaglia, però, è stato un cuore grande così: la gara di solidarietà scattata in città e in tutta Italia, volontari e scout giungere a spalare da Venezia, Cosenza o Palermo, l’arrivo dell’esercito con immense cucine e letti da campo per concedere qualche notte di riposo dignitosa agli sfollati nei palazzetti dello sport, l’assistenza ai turisti. Corigliano e Rossano – non ancora fuse in quei giorni – non si sono certo tirate indietro. (l.latella@corrierecal.it)
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