Uno di quei personaggi in cui ci si imbatte quasi per caso, non essendo citato di frequente, quando ci si interessa ai temi legati allo sviluppo del Sud. Eppure, nella sua purtroppo breve vicenda umana, un protagonista di rilievo che precorre ed ha una visione chiara e lungimirante dello sviluppo, non solo economico ma sociale e culturale e non solo legato ad un territorio ma globale, come usiamo dire oggi.
Il suo pensiero, laico e scevro da schemi ideologici, si confronta negli anni ‘50 con diverse esperienze e con onestà intellettuale e impegno civile prende parte al Movimento dei cattolici comunisti e più tardi si iscrive al PCI dal quale uscì in obbedienza alle indicazioni della Chiesa.
Tra le idee e le prospettive individuate da Sebregondi certamente tre sono le novità nel panorama dell’epoca:
Secondo Sebregondi la realtà sociale deve essere in grado di organizzarsi e di interloquire, dandosi forme nuove: “una nuova organizzazione che sia insieme di tutela e rappresentanza dei nuovi interessi: una controparte non meramente oppositrice ma integratrice dell’iniziativa statale…”, in altri termini lo stato non si deve sostituire in tutto e per tutto all’ azione dei corpi intermedi ma deve avere una preoccupazione sussidiaria nei confronti di imprese o realtà che animano un determinato territorio. Altro concetto chiave chiave è la coesione sociale nel Sud, cioè l’insieme di fiducia, cultura e ricchezza economica e sociale che caratterizzano una comunità.
Il concetto invece sviluppato dalla cassa del Mezzogiorno e da tutti gli strumenti per il Sud che si sono susseguiti è che lo Stato, erogatore dei contributi, di fronte ad una realtà debole debba sostituirsi ai soggetti che animano un determinato territorio e debba essere l’unico soggetto propulsore dello sviluppo.
A questo pensiero si oppone l’intuizione, nata dalla sua esperienza in Africa, di Sebregondi per il quale “solo con una volontà locale è possibile il cambiamento.”
Da questa osservazione esperienziale nasce lo scontro storico con Pasquale Saraceno e con tutti i meridionalisti succedutisi nella gestione dei vari enti di sviluppo e nella promulgazione delle varie leggi di intervento straordinario per il Meridione, fatto salvo per la legge n° 44 voluta fortemente da Salverino De Vito che per la prima volta inserisce l’autoimprenditorialità.
Questa concezione di sviluppo oggi è diventata un nuovo paradigma per l’Europa per cui , paradossalmente, dopo 70 anni noi italiani scopriamo la genialità di questo intellettuale organico il cui pensiero fu osteggiato ideologicamente negli anni ’50, provocando il disastro culturale, economico e sociale del Meridione.
Il problema che pone Sebregondi è certamente impegnativo perché di fronte ad un povero ci si può comportare in due modi: elargendo del denaro oppure avendo la pazienza e la carità di insegnargli come uscire dalla povertà, lavoro decisamente più faticoso poiché presuppone una preoccupazione educativa. E l’educazione, si sa, è sempre un rischio.
Ecco perché prima di parlare di progetti e infrastrutture dobbiamo affrontare il tema dei soggetti senza dei quali non è possibile nessuna crescita durevole e organica che non riproduca ancora una volta le note ‘ cattedrali nel deserto’.
Sentiamo Sebregondi: “ Il problema principale non è quello del reddito, ma delle fonti del reddito; e il vero lavoro da fare, per sostenere lo sviluppo, non è quello di puntare a un rapido incremento di produzione di beni e di redditi, ma di promuovere la migliore combinazione dei fattori produttivi, evitando il rischio che vi siano squilibri tra consumi e capacità produttiva, tra capitali tecnici e capitale umano, tra economia e istituzioni.”
Ecco perché è importante seguire il metodo Draghi quando parla di ‘debito buono e debito cattivo’ ponendo un problema anch’esso educativo.
Altrimenti anche l’occasione unica del PNRR sarà per il Sud l’ennesima beffa che porterà necessariamente l’arrivo della troika in Italia.
Bibliografia: Farese Giovanni,Lo sviluppo come integrazione. G.C.Sebregondi e l’ingresso dell’Italia nella cultura internazionale dello sviluppo, Rubbettino, Soveria Mannelli,2017 Casula C.F., Credere nello sviluppo sociale, Edizioni Lavoro, 2010, Santamaita S., Non di solo pane. Lo sviluppo, la società, l’educazione nel pensiero di G.C.S., Fondazione Adriano Olivetti,1988.
*Manager Aziendale – “Popolari in rete Calabria”
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