LAMEZIA TERME L’ultimo sequestro in ordine di tempo è quello del depuratore di Lamezia Terme. Un altro è in arrivo per l’impianto di Joppolo, nel Vibonese. I due interventi confermano che, sintetizza il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo, «abbiamo una rete di depurazione che fa acqua da tutte le parti». Individuato almeno uno dei “colpevoli”, gli uffici giudiziari non possono che apporre i sigilli agli impianti. «Stiamo sequestrando tanti depuratori – spiega il magistrato alla Tgr – ma questo non risolve il problema». Perché i guai stanno a monte. Certo, ci sono illegalità gestionali. Ma certe disfunzioni si materializzano prima che intervengano gli inquirenti. Il problema è la programmazione. La Regione, in aprile, ha cancellato in nome della discontinuità politica la task force operativa che vigilava sui depuratori, azzerando un lavoro che andava avanti da anni. E forse non è un caso che, per dirla sempre con Falvo, «da 10-15 anni il mare subisce questo inquinamento, però come quest’anno io non ricordo».
A proposito di sequestri e programmazione, torniamo a Lamezia Terme. Sull’intervento disposto dalla Procura guidata da Salvatore Curcio c’è il massimo riserbo. Il Corriere della Calabria ha appreso che uno dei problemi sarebbe stato lo sversamento di fanghi in un torrente e a mare, ma gli accertamenti sono in corso. Gli atti ufficiali dell’Autorità idrica, però, mettono per iscritto che le precarietà dell’impianto erano note almeno da febbraio, se non da prima. Una lettera formalizza la richiesta di interventi straordinari sul collettore della rete fognaria di Lamezia e aiuta a fare luce su quale sia lo stato della depurazione nell’area. È una nota della Multiservizi di Lamezia a rappresentare «la situazione di continua precarietà in cui versa il collettore fognario, interessato da continue rotture».
Un po’ di storia: il collettore canalizza i reflui all’impianto di depurazione situato nell’area ex Sir, è in vetroresina e risale agli anni 70. «Le ridotte dimensioni – segnala il 7 febbraio scorso il direttore dell’Autorità idrica Francesco Viscomi – non garantiscono il deflusso dei reflui urbani provenienti da Sambiase e Nicastro, nonostante la presenza di un pozzetto ripartitore e di uno scolmatore all’interno dello stesso». Risultato: l’«inadeguatezza determina continue rotture e l’inevitabile sversamento incontrollato di liquame nell’area circostante».
Si citano addirittura lettere in cui i cittadini specificano che «lo stato attuale non permette la conservazione incontaminata della falda acquifera sottostante, compromettendo la salute pubblica per la presenza delle sorgenti a valle».
Il punto è – e qui si entra nel campo della programmazione (che non c’è) – che il dipartimento regionale Lavori pubblici «a più riprese, ha rappresentato la situazione alle strutture regionali deputate alla programmazione delle risorse finanziarie». Ultimo atto, una nota del 30 giugno 2020 nella quale è stato richiesto «un apposito provvedimento deliberativo, a tutt’oggi non concretizzatosi». L’Autorità idrica chiede di nuovo di inserire tra gli atti di finanziamento fondi per 1,8 milioni di euro da destinare all’impianto. I documenti a disposizione del Corriere si fermano qui. Da febbraio sono passati sei mesi e sui cancelli del depuratore, oggi, ci sono i sigilli. (p.petrasso@corrierecal.it)
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