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La denuncia dell’Opi: «Il Pronto soccorso di Cosenza lavora con un terzo del personale necessario»

Il presidente dell’ordine degli infermieri della provincia, Sposato: «La situazione in tutta la provincia non è diversa»

Pubblicato il: 18/08/2021 – 14:04
La denuncia dell’Opi: «Il Pronto soccorso di Cosenza lavora con un terzo del personale necessario»

COSENZA «Adesso basta. Il sistema sanitario è già saltato. Non è più possibile andare avanti in queste condizioni. Pochissimi infermieri ed operatori sanitari, reparti accorpati, graduatoria ormai esaurita senza alcun concorso all’orizzonte. Ed un Pronto soccorso al collasso. Dove sono stati finora i commissari? Dov’è il nuovo? Che fine hanno fatto i Dipartimenti sanitari? Un rischio enorme, anche per i cittadini ed i pazienti. Ed una percentuale di mortalità superiore del 10%». È quanto afferma, in una nota, Fausto Sposato, presidente dell’Ordine provinciale degli infermieri di Cosenza in merito alla situazione dell’Azienda ospedaliera e del Pronto soccorso di Cosenza.
«Il rapporto, qui parla di un infermiere ogni 12 pazienti mentre la media europea è di uno a sei. È dunque evidente la mancanza di personale. Chi ha amministrato finora – prosegue Sposato – non è stato lungimirante per nulla. Al Pronto soccorso di Cosenza lavora un terzo del personale necessario. La situazione in tutta la provincia non è diversa. La sanità territoriale non riesce a fare filtro ed ai cittadini viene negato il diritto anche ad una semplice risposta. Bastava seguire i nostri consigli per non arrivare ad una situazione non più risolvibile. L’innalzamento dei contagi rende più critica la quotidianità, mentre il personale non ce la fa più. Il commissario si assuma tutte le responsabilità del caso: ci sono i soldi per procedere a nuove assunzioni con avvisi pubblici? Si proceda. Devono essere pagati straordinari e premi Covid mai percepiti dai colleghi? Si faccia. Siamo stufi di pagare il malfunzionamento del sistema intero».
«L’Opi di Cosenza non ha mai fatto becero populismo ma raccontato sempre – sostiene ancora Sposato – la realtà. Se, oggi, molti infermieri scappano letteralmente dal posto pubblico, attraverso quota 100, non è una sorpresa per noi. Se si consente di aumentare ancora l’emigrazione sanitaria verso il Nord non è più una notizia. La sanità che non programma non serve a nulla. Persistono pazienti che hanno altre patologie che non vengono seguiti. E ci sono operatori che hanno diritto alle loro ferie e ad orari di servizio normali. Viviamo invece momenti drammatici che inevitabilmente si ripercuotono sui cittadini. Ci hanno definito eroi ed ora siamo diventati carne da macello e come merce di scambio per coprire questa o quella emergenza. Sul tavolo sono pronte le nostre idee ma se nessuno continua ad ascoltarci ed al timone si continua a perseverare con persone sbagliate non intravediamo nulla di buono. Per tutti».

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