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l’inchiesta

«Sai come funziona, se non paghi ti fanno il danno». Le minacce del clan Giampà all’imprenditore

La storia dell’estorsione nelle intercettazioni della Dda di Catanzaro. La paura delle vittime: «O gli diamo i soldi o ci fanno qualcosa»

Pubblicato il: 19/08/2021 – 14:05
di Alessia Truzzolillo
«Sai come funziona, se non paghi ti fanno il danno». Le minacce del clan Giampà all’imprenditore

CATANZARO Non si arrende la cosca Giampà nel cercare di raccattare estorsioni su via del Progresso, da sempre zona di interesse della famiglia mafiosa di Lamezia Terme. La minaccia nei confronti delle vittime è quella di manifestare l’intenzione di attuare danneggiamenti. 
Così Michele Bentornato, agendo, secondo l’accusa, in nome e per conto della ‘ndrina – in particolare di Vincenzo Tino Giampà, 53 anni – minacciava le vittime che i suoi mandanti «volevano fare il danno». «Lo sai come funzionano queste cose», dice Bentornato mentre viene intercettato dagli agenti della Squadra mobile di Catanzaro, coordinati dalla Dda di Catanzaro. 
Bentornato e Giampà sono stati tratti in arresto ieri dagli uomini della Squadra mobile di Catanzaro e del Commissariato di Lamezia Terme, per estorsione aggravata (per Vincenzo Giampà) dal metodo mafioso. Erano riusciti a farsi consegnare dalle vittime 400 euro in pezzi da 50, nascosti in una scatola contenente un filtro

«O gli diamo i soldi o questi ci fanno qualcosa sicuro»

Il 3 agosto scorso Michele Bentornato (che è difeso dall’avvocato Antonio Larussa) si era recato intorno alle 10,45 nell’esercizio commerciale. Appena uscito era stato fermato dalla polizia che trovava sul sedile anteriore dell’auto un filtro aria all’interno del quale era stata occultata una busta da lettera con 400 euro in banconote da 50 euro.
Subito dopo aver fermato Bentornato, gli investigatori hanno sentito il gestore del negozio che dopo una iniziale reticenza ha confermato di essere stato vittima di una estorsione e che Michele Bentornato si era recato da lui per conto di Vincenzo detto “U Camaciu”, cognato del “Professore”, ovvero dello storico fondatore della cosca Francesco Giampà, oggi ristretto in regime di 41 bis. Bentornato aveva garantito alla vittima che nessun altro avrebbe preteso denaro a titolo estorsivo «e che semmai fosse accaduto lo avrei dovuto immediatamente avvertire».
La persona offesa ha anche ammesso di non avere voluto presentare denuncia per paura di subire ritorsioni tanto che dell’estorsione aveva parlato solo con la moglie. 
In effetti gli inquirenti, che già stavano sulle tracce degli estorsori, avevano captato gli sfoghi della vittima con la propria compagna avvenuto giusto poche settimane prima. «Vogliono i soldi, vuole i soldi, vuole il regalo».
L’uomo esternava tutta la sua preoccupazione che potessero mettere in atto qualche danneggiamento: «O gli diamo i soldi o questi ci fanno qualcosa sicuro». E c’è anche la paura si conoscere il pedigree degli aguzzini: «Lui è venuto a nome di questo qua, il Professore, il cognato questo Vincenzo Giampà, queste non è che sono persone, voglio dire…». La pressione era forte: «Sta venendo un sacco di volte». 
Via del Progresso è da tempo zona di predazione per i Giampà. Lo fa notare anche la vittima alla moglie: «Questi tra l’altro ce li abbiamo anche sotto casa glieli devo dare perché questi fanno sicuramente qualcosa».

Il ruolo di Tino

Quando la vittima cercava di temporeggiare perché non riusciva a reperire facilmente il denaro, Bentornato la avvisava di non aspettare troppo a lungo in quanto “loro” (ovvero i destinatari della somma) avrebbero potuto spazientirsi: «Dimmi tu, quelli là rompono a me, in ogni momento vengono là, oggi gli ho fatto la posta, alle tre vengono là… però loro vedono, non hai capito come funziona, loro vedono, il capannone quello quell’altro… racimolagli questi così… tra un anno».
In ogni occasione in cui Bentornato si recava a far visita al titolare del negozio, prima contattava Vincenzo Tino Giampà (difeso dagli avvocati Carmine Curatolo e Vincenzo Visciglia). Non solo, Vincenzo “Il Camacio” viene espressamente citato da Bentornato quale mandante dallo stesso Bentornato: «Perché a lui… a lui l’ho detto, “vedi a lui poi non devono rompere i coglioni!… Vincenzo il Camacho”, lo conoscono loro… tuo suocero non lo conosce?”».
A quanto pare, infatti, il suocero della vittima aveva già subito vessazioni dai Giampà. La storia questa volta non si è ripetuta ed è stata chiusa in poche settimane. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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