REGGIO CALABRIA «Vi presentiamo una ulteriore interessante elaborazione per contribuire alla individuazione delle aree dove, a causa dei devastanti incendi boschivi occorsi in Aspromonte, più elevato è il rischio idrogeologico». Lo riporta uno studio realizzato dal gruppo di lavoro “Difesa del Suolo” del dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Un gruppo composto dai docenti Giuseppe Bombino, Daniela D’Agostino, Pietro Denisi e Antonino Labate. «Le mappe che vi proponiamo – scrivono i docenti – sono state ottenute “mettendo a sistema”, a scala di bacino idrografico, due fondamentali informazioni: la prima, tiene conto delle aree suscettibili di frana, distinte per livello di rischio “molto elevato” (P4) ed “elevato” (P3), secondo la classificazione del PAI (Piano stralcio per l’Assetto idrogeologico della Calabria); la seconda, invece, considera, per ogni bacino idrografico, la quantità di superficie ricadente nelle Classi di Rischio P4 e P3 interessata dal fuoco».
«La sovrapposizione di questi due “strati informativi” ci permette di ipotizzare – spiegano nella ricerca i professori del dipartimento di Agraria – (anche se, in questa fase, ancora qualitativamente) quali bacini idrografici manifesteranno i fenomeni di dissesto idrogeologico potenzialmente più severi. Tra di essi, confermando le prime elaborazioni già effettuate sull’incremento del CN, si segnalano il Catona, il Gallico, il Calopinace il Sant’Agata e il Valanidi (nell’Area dello Stretto), e il Melito, l’Amendolea, il Careri e il Torbido di Gioiosa (nel Versante Jonico)».
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