Doveva succedere e succederà ancora se non si prenderà in considerazione il problema del randagismo seriamente e dicendo le cose come realmente stanno. Satriano come tutto il Sud Italia, dove migliaia di cani randagi scorrazzano per il territorio senza alcun tipo di contrasto. Si vocifera che i cani dell’aggressione siano di un pastore della zona già stato identificato ieri pomeriggio ma questo non deve permettere la comodità di focalizzare le cause solamente sull’uomo e ovviamente non sui cani, che sono il prodotto finale di più responsabilità che vengono taciute, anche dalle Associazioni animaliste tradizionali e che intendiamo ivi esporre senza bavagli.
Da anni stiamo battendo il territorio del meridione per conoscere realmente le cause del randagismo, poiché per proporre una cura efficace bisogna conoscere il problema in profondità e riteniamo che gli attori del tema non lo conoscano adeguatamente, e nonostante questo continua ad essere nella bocca e nella penna di chi non è mai stato sul campo o di chi ha interessi affinché persista.
Senza saccenza alcuna abbiamo letto in questi giorni note stampa di enti “animalisti” dello stesso tenore degli ultimi 20 anni, privi di elementi di novità e coraggio; enti che spenti i riflettori sul caso torneranno nel loro guscio.
Non è vero che le responsabilità siano da ascrivere solo alle Istituzioni che, certamente, hanno le colpe più pesanti. Andiamo per ordine: l’aggressione nasce dall’incuria degli animali da parte del proprietario o del Sindaco, probabilmente privi di microchip – l’omessa custodia nasce dall’assenza di adeguate campagne di sensibilizzazione e soprattutto dall’assenza di controlli da parte dei Sindaci attraverso le sue Polizie circa il rispetto delle regole e relativa rigida delle sanzioni, tra cui l’obbligo di microchip dei cani padronali (in questo caso la sterilizzazione non c’entra, che attiene al fenomeno in senso lato), con maggior riguardo proprio ai cani pastore, che certamente vengono lasciati allo stato brado e probabilmente non adeguatamente nutriti al punto da sviluppare un carattere rabbioso e violento (specchio della noncuranza dei proprietari) in questo caso è stato individuato un responsabile, ma in tanti altri casi di aggressioni passate e potenziali potrebbe non essere individuato se non nel Sindaco. E’ il Sindaco, infatti, a norma di legge (L.281/91, DCA 67/2018, DPR 320/54, Codice Civile artt. 823-826, DPR 31.3.79, ecc……), il responsabile degli animali vaganti sul suo territorio e a lui e alla Asl spetta il contrasto del randagismo e delle nascite.
Sindaci che non osservano le leggi sul controllo del randagismo e della proliferazione originata dai cani di proprietà (causa principale del randagismo), disconoscendo azioni preventive (sensibilizzazione e informazione, censimento, questo sconosciuto, permetterebbe di ridurre il randagismo del 70% piuttosto che l’applicazione del microchip, parola altrettanto sconosciuta in Calabria e nella maggior parte del Sud) ma che si limitano a regalare soldi pubblici a società private per togliersi il problema dei randagi, che poi vengono buttati dentro un canile a vita, ostacolando le adozioni. Condotta legittimata da una buona fetta del mondo animalista, accecato dal rincorrere l’emergenza diventata sistema. Associazioni e liberi “volontari” che hanno perso di vista la natura originale di controllori della Pubblica Amministrazione circa la gestione del tema e ciò perché una buona fetta ha inventato un nuovo lavoro: indifferenti verso la maggior parte dei canili, che non a caso diventano lager, hanno creato un sistema parallelo più redditizio di gestire i randagi fuori dalla legge ossia prelevarli dal territorio e accumularli in strutture abusive (cd stalli) e con appelli sui social chiedere soldi. Un mondo animalista tradizionale che, accomodato su questo tipo crocerossino di dichiararsi animalisti, corre dietro le emergenze e che ha abdicato al ruolo naturale di controllore e stimolante di politiche serie ed efficaci da parte della Pubblica Amministrazione. Un animalismo, quindi, spesso interessato, incapace di influire sulle Istituzioni, come dimostrano gli ultimi 30 anni di totale assenza di miglioramento ma anzi peggioramenti in tema di randagismo.
E infine abbiamo le Asl veterinarie, cui la Legge 281/91 e Leggi Regionali, impongono di sterilizzare i randagi ma che unitamente alle inadempienze dei Sindaci, fanno sì che questi obblighi/doveri normativi sono, ancora, a distanza di anni, carta straccia di uno Stato e di una classe politica pelandrona incapace di reagire e riformare un servizio veterinario pubblico che nella realtà è rappresentato spesso da burocrati lottizzati politicamente e privi di qualsivoglia competenza mediche in tema di animali e dove dare consigli verbali di sanare la situazione illecita (come ha affermato il sindaco di Satriano di aver più volte intimato al pastore di badare ai suoi cani) è sistematicamente preferito all’accertamento del reato di maltrattamento animale.
Nicola Gratteri ha detto che la pubblica amministrazione calabrese è peggio dell’ndrangheta… E questo non riguarda solo la Calabria, ma l’Italia tutta!
Stop animal crimes Italia, il solo Movimento che sta combattendo frontalmente il sistema istituzionale e animalista responsabili della sofferenza di milioni di animali e chiusi intorno al business, denunciando gli attori istituzionali del tema, a breve lancerà un Codice etico operativo dove saranno indicate le condotte che i volontari dovranno seguire se vogliono davvero risolvere il problema e che in sintesi prevede il dovere da parte del volontario di non gestire più il randagio con la richiesta di denaro in aiuto e la ricerca di stallo abusivo a pagamento (sistema attuale) ma pretendere l’obbligo di intervento da parte delle Autorità e, a periodo nel canile sanitario trascorso, tornare nei canili rifugio per trovare adozione agli animali, denunciando (con nostri consulenti gratuiti) le omissioni sui recuperi e gli ostacoli all’ingresso nei canili.
Il Movimento, prevede infine il CEO, segnalerà tutte le raccolte soldi sui social che impiegano postepay intestati a privati, a tutela del volontariato animalista per bene che è la maggioranza! Chiudere il rubinetto del denaro è la sola soluzione, che a cascata (altresì sul caso de qua) ripristinerà – anche a forza di denunce – i ruoli previsti per legge, dove la Pubblica Amministrazione osserva le leggi e il volontariato vigili sul suo operato, coadiuvandone le funzioni senza esautorarle!
Il cambiamento è una porta che si apre dall’interno e come sempre nasce dal basso, dai cittadini e rappresentanti delle Istituzioni onesti e trasparenti. Il Movimento, nello stringersi attorno alla famiglia della giovane vittima, ha depositato denuncia all’Autorità Giudiziaria chiedendo l’accertamento delle responsabilità per il reato di concorso in omicidio e sta monitorando sulla sorte dei cani affinchè non subiscano ingiuste conseguenze, auspicando simili drammatiche tragedie non accadono più.
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