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La riflessione

«Anche in Calabria la democrazia non può essere trapiantata »

Sabino Cassese, che fu giudice della Corte Costituzionale, oggi editorialista del Corriere della Sera, sostiene che «la democrazia non può essere trapiantata». Il riferimento è all’Afghanistan, ma…

Pubblicato il: 30/08/2021 – 9:00
di Franco Scrima*
«Anche in Calabria la democrazia non può essere trapiantata »

Sabino Cassese, che fu giudice della Corte Costituzionale, oggi editorialista del Corriere della Sera, sostiene che «la democrazia non può essere trapiantata». Il riferimento è all’Afghanistan, ma la riflessione stimola pensieri e notazioni anche su quanto accade in ambiti politici più ristretti per esempio in Calabria.  
Lungi dal voler mettere carne sul fuoco, anche se le condizioni generali della regione inviterebbero a farlo, l’affermazione del giurista stimola una sorta di accostamento con quanto accadde in Calabria. Il destro l’offre quell’ambiente politico che governa questa regione e che si appresta tra pochi mesi a rinnovare il rito delle consultazioni elettorali, unico motivo di considerazione della popolazione “educata” alla sottomissione verso il “potere” e tenuta come una scatoletta di carne che si apre quando non c’è di meglio.   
Sarebbe sufficiente soffermarsi su quanto è accaduto mesi fa nella nostra città,  quando si è cominciato a parlare di campagna elettorale che dovrebbe dare ai calabresi un nuovo Consiglio regionale e anche un nuovo sindaco a Catanzaro: candidati che passavano da uno schieramento all’altro sotto l’effetto di sondaggi che consigliavano questo o quel partito, e così via.
Intanto Catanzaro continua ad essere “governata” da un sindaco che sta per imboccare l’ultimo chilometro prima del traguardo dei suoi venti anni di gestione della Città. Un sindaco molto discusso, specie in questi ultimi tempi; su di lui si sono addensate nuvole nere che lasciano prevedere persino temporali. Tra pochi mesi Abramo concluderà il mandato di primo cittadino della Città capoluogo di regione e, volendo, potrà ritornare a curare i suoi interessi personali. Ciò è quanto accade in qualsiasi nucleo familiare quando il capofamiglia raggiunge l’agognato pensionamento e ritiene di meritare il dovuto riposo. Sembra che questo principio non si adatti ad Abramo il quale, stando ai “si dice”, intenderebbe continuare a rimanere in politica a costo anche di dovere solo “galleggiare”, consapevole che senza di essa sarebbe un “signor X”. Ma questa volta il percorso appare più difficile se non pure accidentato. Sembrerebbe che Abramo stia pensando al Consiglio regionale e, poi ad un posto in Giunta per dare consistenza ai suoi impulsi politici. Si dice che queste cose le avrebbe fatte giungere all’orecchio di qualcuno che “tutto può”, al quale avrebbe fatto sapere che accetterebbe anche un incarico da cooptato, ciò che accadrà ancora una volta a Nino Spirlì della Lega, se a vincere le elezioni saranno le forze di destra e, quindi, la corsa al Palazzo se l’aggiudicherà Roberto Occhiuto.
È anche vero che le condizioni potrebbero essere cambiate. Gazzetta del Sud di qualche giorno fa riportava, a tutta pagina, una notizia inquietante per il destino (ci si augura solo per quello politico!) di Abramo che sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica per la vicenda “pontili” del porto di Catanzaro Lido unitamente ad un suo nipote, Danilo Abramo e all’imprenditore che ha venduto i pontili, Raul Mellea, nonché al fratello di questi, Pietro. L’ipotesi di accusa per il Sindaco, sarebbe di corruzione.
In un interessante e condivisibile commento Antonio Ricchio giornalista di Gazzetta del Sud, definisce la notizia come «un grave deficit di credibilità per la classe politica catanzarese».  E ricorda, con acume professionale ed a giusta ragione, che negli ultimi mesi «sono stati diversi gli esponenti politici di primo piano a finire sotto la lente degli inquirenti». E che la circostanza più grave è rappresentata «dalla questione morale – aggiunge opportunamente Ricchio – che s’intreccia con la perdita di centralità del capoluogo nello scacchiere politico calabrese». Con il rischio che «Catanzaro potrebbe essere ancora di più relegata ad un ruolo di secondo piano nella Giunta che verrà. Un bel guaio per una città “abituata” da tempo ad essere esclusa dai più importanti processi decisionali».
Ecco a cosa è stata ridotta la città capoluogo della Calabria da una classe politica che merita di essere censurata, considerato che per le responsabilità penali si sta muovendo la magistratura.
*giornalista

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