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Calabria e Pnrr, burocrazia alla prova del nove

La riuscita degli interventi programmati dal Pnrr dipenderà dalla macchina amministrativa. Fortunato: «Occorre reale cambiamento culturale»

Pubblicato il: 30/08/2021 – 8:20
di Roberto De Santo
Calabria e Pnrr, burocrazia alla prova del nove

COSENZA Il buon esito della “messa a terra” dei progetti e dunque della realizzazione concreta del Piano nazionale di ripresa e resilienza dipenderà dall’efficacia e dall’efficienza operativa della macchina amministrativa locale. Un prerequisito senza il quale i miliardi di euro in arrivo sull’asse Bruxelles-Roma e poi a cascata sui territori rischiano di azzerarsi rinvertendo la direzione di marcia. Un rischio che, in un territorio, come quello calabrese in ritardo di sviluppo per le sue ataviche carenze infrastrutturali materiali ed immateriali si tramuterebbe nell’ennesima – e in questo caso – storica occasione perduta. Da qui la scommessa da vincere per la Calabria sarà quella di far compiere uno scatto di qualità al complesso mondo della burocrazia che si annida nella miriade di enti e strutture che dovranno infine gestire la mole enorme di risorse provenienti dall’Europa. Una sfida che allo stato sembrerebbe impossibile centrare considerate le performance decisamente non troppo esaltanti conseguite per realizzare ad esempio opere pubbliche o gestire le passate e le presenti programmazioni con soldi europei o nazionali in Calabria.

Opere pubbliche: a passo di lumaca

Secondo le stime di Bankitalia, riportate nell’ultimo report sull’economia regionale, ad esempio il tempo medio di realizzazione delle opere pubbliche in Calabria in un ventennio è stato di circa 4 anni e mezzo. Un dato, fanno notare gli analisti di Palazzo Koch che hanno passato a setaccio le opere avviate in Italia tra il 2000 e il 2019, superiore alla media nazionale.
Entrando nel dettaglio di quello studio si evidenzia che un quinto del tempo si perde nel passaggio da una fase operativa all’altra. Due anni, in media trascorrono – secondo il dato Bankitalia – nella fase di progettazione ed a pesare in questo lasso di tempo c’è l’affidamento dei lavori. Circa 15 mesi cadauno poi trascorrono sia per la fase dell’esecuzione vera e propria e poi per la conclusione dei lavori.
Quel che emerge anche da questo studio – elemento decisamente importante per gli interventi previsti dal Pnrr – è che i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Calabria crescono proporzionalmente all’importo dei progetti. Attestandosi in 11 anni in media per le opere di importo superiore ai 20 milioni di euro. Passaggi che denotano il passo da lumaca mantenuto dalla macchina amministrativa calabrese. Responsabile in prima battuta di portare avanti l’iter per la realizzazione delle opere pubbliche. E che nel caso degli interventi da decine di milioni di euro programmati e finanziati dal Recovery non fanno ben sperare.

Por Calabria: gestione a rilento e stratagemmi per salvare i fondi

L'andamento del Por Calabria 2014-2020 dimostra i limiti nella gestione dei fondi Ue da parte della Regione Calabria
L’andamento del Por Calabria 2014-2020 dimostra i limiti nella gestione dei fondi Ue da parte della Regione Calabria

Se la realizzazione delle opere pubbliche in Calabria mantiene una tabella di marcia da bradipo, non può che seguire lo stesso copione la gestione delle varie programmazioni delle risorse comunitarie. Ed in particolare quelle relative al Programma operativo regionale calabrese. Nonostante i toni trionfalistici, ad esempio, tenuti dal dipartimento sull’ultima programmazione in itinere (cioè quella relativa al Por Calabria 2014-2020) e che ha segnato un’accelerazione della spesa centrando e superando il target previsto entro la fine del 2021: 915 milioni di euro di spesa certificata a fronte degli 862. Da segnalare che questo obiettivo è stato raggiunto anche grazie ad uno stratagemma: l’ennesima rimodulazione dei fondi questa volta motivata dall’emergenza Covid. In realtà,
fatti i dovuti calcoli la Calabria riesce a rendicontare alla Commissione europea mediamente poco più di 320 milioni di spesa l’anno (come avevamo spiegato qui ). Così a tempo scaduto – ma non per la regola del N+3 (che permette di rendicontare a 3 anni i progetti) – la Calabria resta ancora decisamente indietro per la conclusione di quel programma: allo stato attuale c’è ancora da spendere circa due terzi del Programma plurifondo.

Macchina amministrativa da rifondare

Per fronteggiare le lentezze della macchina amministrativa soprattutto del Sud, il Governo nel Pnrr punta sulla riforma della pubblica amministrazione – attraverso un ambizioso piano di snellimento delle procedure e semplificazione della legislazione – e in un percorso di formazione del personale e di un piano di assunzione straordinario. In quest’ultimo ambito è stato emanato lo scorso 9 giugno il decreto legge (c.d. “Decreto reclutamento”) che definisce nuovi percorsi veloci, trasparenti e rigorosi per il reclutamento di profili tecnici e gestionali utili proprio per portare a termine il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Nelle intenzioni del ministro  della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, che ne è stato l’ispiratore è quello di iniettare complessivamente oltre 24mila posti di lavoro nella macchina amministrativa locale. In gran parte però dedicati alla Giustizia. Ma il primo atto di quel piano dedicato al Sud, non ha sortito gli effetti sperati: 821 assunti a fronte dei 2.800 posti disponibili. Brunetta ha annunciato presto un prossimo bando per coprire i posti vacanti ma resta la difficoltà allo stato, di rispondere alle esigenza che in Calabria per via del blocco del turn-over e del taglio alle spese di formazione ha portato all’assottigliamento del personale e ad una carenza diffusa di nuove competenze tra i dipendenti pubblici. Due caratteristiche che cozzano tremendamente con le necessità di sveltire le operazioni legate alla messa a terra di progetti e di esecuzione degli interventi programmati con le risorse della Next generation Eu. 

Fortunato: «Serve un reale cambiamento culturale»

Limiti e carenze della macchina amministrativa calabrese che diventano il vero “tallone d’Achille” della gestione dell’enorme massa di risorse che si stanno riversando in regione. Dalle somme del Pnrr alla nuova programmazione, senza contare la conclusione del Por Calabria 2014-20. Occorrerà così puntare sulla formazione del personale. Ne è convinto assertore Vincenzo Fortunato, docente Unical e coordinatore del corso di Studi triennale e Magistrale in Scienze delle Pubbliche amministrazioni all’Università della Calabria.

Vincenzo Fortunato, docente Unical e coordinatore del corso di Studi triennale e Magistrale in Scienze delle Pubbliche amministrazioni all’Università della Calabria

Professore nei ritardi che la Calabria accusa nella programmazione dei fondi europei sono in molti a puntare il dito contro la pubblica amministrazione locale. Quanto c’è di vero?
«È evidente che in Calabria, negli anni, si siano sedimentate difficoltà e inefficienze di vario tipo che hanno spesso portato ad un uso poco accorto delle risorse o, addirittura, alla mancata piena utilizzazione dei fondi messi a disposizione dal Governo e soprattutto dall’Unione Europea. Le motivazioni sono diverse, ma gran parte dei problemi sono sostanzialmente riconducibili al ruolo delle istituzioni politiche regionali e al difficile rapporto tra politica ed amministrazioni che, di volta in volta, devono confrontarsi con interlocutori differenti, spesso orientati ad obiettivi di breve-medio periodo, basati sulla ricerca del consenso invece che sulla produzione di beni collettivi funzionali allo sviluppo di quelle condizioni che sono necessarie per accrescere la competitività delle imprese, creare nuova occupazione, generare innovazione, migliorare la quantità e qualità dei servizi per tutti i cittadini, in primis trasporti, istruzione, sanità. La Pandemia da Covid-19 non ha fatto altro che evidenziare ulteriormente i limiti di questo modello e la necessità di una svolta, di un cambiamento radicale dei rapporti tra politica, economia e amministrazione. Gli ultimi anni di programmazione comportano necessariamente una fisiologica accelerazione della spesa e questo significa fare i conti con la capacità di spesa della Regione e con il problema della burocrazia e dei ritardi. La Calabria che ha un programma plurifondo (Fesr e Fse) ha già certificato il 29,23%, ma ha ancora circa 1,7 miliardi da spendere nei prossimi tre anni, da qui la necessità di fare in fretta e bene».

Con l’avvio della nuova programmazione, e soprattutto con le risorse che arriveranno dal Pnrr c’è il rischio che la Calabria dovrà fare i conti con gli stessi problemi?
«È probabile, a meno che non si apprenda dagli errori del passato e si inverta velocemente la rotta. Una programmazione efficace, funzionale a un’idea chiara di sviluppo, richiede la partecipazione di diversi soggetti che conoscono il territorio e i problemi, che dialogano con le varie componenti della società locale; in grado quindi di fornire idee e spunti per affrontare le criticità, le crescenti disuguaglianze e i bisogni emergenti. Ad esempio, se guardiamo agli ambiti di intervento, in Calabria, la maggior parte delle risorse Fesr è impiegata sui temi della mobilità/trasporti e dell’ambiente (rispettivamente il 34% e il 30% dei costi rendicontabili). In particolare, nell’ambito dei trasporti si parla sempre di grandi progetti, di importo medio pari a 17 milioni di euro, ma molte di queste opere richiedono tempi lunghi di attuazione e procedure complesse. Invece, risorse molto più contenute sono previste per programmi in ambiti particolarmente strategici e necessari per un territorio quali: innovazione e digitalizzazione, competitività delle imprese, ricerca e sviluppo. Limitata o scarsa attenzione, inoltre, è dedicata all’istruzione (4,5%) e all’inclusione sociale (3%). Se facciamo un rapido confronto con altre regioni, notiamo una differente articolazione dei piani di spesa e delle aree di intervento, più in linea con le tendenze in atto a livello internazionale e con le esigenze di ripartenza a seguito delle crisi e della Pandemia».

L'interno della Cittadella sede della Regione Calabria
L’interno della Cittadella sede della Regione Calabria

Cosa andrebbe realmente fatto per evitare gli errori del passato?
«
Nelle pubbliche amministrazioni locali ci sono dirigenti, lavoratori, uomini e donne delle istituzioni con elevate competenze e professionalità, ma a volte manca una capacità di indirizzo, una visione strategica in grado di andare oltre la quotidianità e la governance dell’emergenza. Serve innanzitutto una nuova idea di sviluppo, una visione diversa da quella del passato, possibilmente svincolata dalle vecchie leadership che hanno condizionato nel bene e nel male la storia che ben conosciamo. La società in cui viviamo cambia sempre più rapidamente per effetto della globalizzazione e di una molteplicità di fattori concomitanti: economici, tecnologici, socio-demografici, crescente interdipendenza tra le dimensioni locale-nazionale-internazionale, e la velocità del cambiamento non consente più di perdere altro tempo prezioso, soprattutto in una regione come la Calabria che è spesso fanalino di coda in molte delle statistiche economiche nazionali. A livello internazionale si sta delineando una nuova geografia economica che tende sempre più ad allontanarsi dal Mediterraneo e a spostarsi verso i Paesi e le regioni dell’Est europeo, per cui la Calabria e, più in generale il Mezzogiorno, dovranno reagire rapidamente e adeguatamente per far fronte alle sfide dei prossimi anni. Si intravedono comunque dei piccoli miglioramenti, sia nella capacità di utilizzo dei fondi sia nel coinvolgimento di altri partners (sindacati, Università, Associazioni economiche e sociali) in grado di contribuire significativamente a livello progettuale. Molto resta però ancora da fare, le iniziative sono ancora sporadiche e non hanno quella sistematicità che è un presupposto fondamentale per immaginare e promuovere uno sviluppo concreto e duraturo. Soprattutto serve un reale cambiamento culturale. Il cambiamento della cultura radicata nei territori e, conseguentemente, lo sviluppo e la modernizzazione dell’intero sistema sociale non arrivano come manna dal cielo. Per svilupparsi servono condizioni permissive, sociali e istituzionali, locali e centrali; servono leadership e classi dirigenti politiche, amministrative ed economiche avvertite e di alto profilo; ma anche politiche pubbliche dedicate e selettive; imprenditori e operatori economici con aspettative positive».

La digitalizzazione dei processi amministrativi resta un nodo da superare della Pa calabrese

Nel piano del Governo un capitolo importante è dedicato alla pubblica amministrazione, sia in termini di snellimento delle procedure che nelle assunzioni. Quali dei due temi maggiormente sarà importante per sostenere la macchina burocratica calabrese?
«A mio avviso entrambe rappresentano una priorità per la Calabria e per il Paese e sono una precondizione alla concreta realizzazione di una delle missioni fondamentali del Pnrr, cioè la digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e della Pubblica Amministrazione, con particolare attenzione all’istruzione, la sanità e al fisco. Oggi più che mai il ruolo della Pubblica Amministrazione, la qualità delle istituzioni e la capacità di amministrare rappresentano fattori decisivi per la ripresa e la crescita sociale, economica e civile di tutte le regioni. Lo scenario che si sta delineando, in una fase in cui la Pandemia ha acuito i divari e le disuguaglianze tra regioni, ripropone la necessità di una profonda modernizzazione della PA basata sul cambiamento strutturale dell’organizzazione e sulla valorizzazione delle risorse umane, come risposta alle sfide poste dalla digitalizzazione, dalla diffusione del nuovo managerialismo pubblico e dal bisogno crescente di nuove competenze a tutti i livelli. La Pubblica Amministrazione italiana registra oggi un numero di dipendenti (circa 3,2 milioni in valore assoluto) inferiore alla media Ocse (13,4 per cento dell’occupazione totale, contro il 17,7 per cento della media Ocse). Il ricambio generazionale nell’ultimo decennio è stato lento e parziale. La sostituzione del personale in servizio è stata pari a un solo nuovo assunto a fronte di tre cessazioni nelle amministrazioni centrali e di un assunto ogni due cessazioni nelle amministrazioni locali. Attualmente l’età media dei dipendenti pubblici è di 50 anni (dati 2019). Il 16,3 per cento del totale ha più di 60 anni, mentre soltanto il 4,2 per cento ne ha meno di 30. Ciò ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l’insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni (digitale, ecologico, inclusivo)».

Il ministro Brunetta con il premier Draghi fautori della riforma della Pubblica amministrazione
Il ministro Brunetta con il premier Draghi fautori della riforma della Pubblica amministrazione

Dunque c’è una questione di “svecchiamento” del sistema burocratico calabrese. Il Governo ha messo a bando risorse per nuove assunzioni. Ma qualcosa non è andato nel verso giusto visto che non c’erano sufficienti concorrenti?
«La questione del ricambio generazionale è un dato di fatto, unitamente alla necessità di un nuovo reclutamento mirato che tenga conto cioè di tutte quelle nuove competenze e abilità richieste dalle moderne amministrazioni che si evolvono con grande rapidità e si avvicinano sempre più all’organizzazione ed al funzionamento delle imprese di mercato, in linea con i principi della lean administration e del New Public Management. Oggi le amministrazioni pubbliche riflettono una crescente complessità che è sia strutturale (crisi del modello dell’amministrazione ministeriale, centralità degli enti locali e delle Regioni, proliferazione di enti pubblici e di nuove tipologie di amministrazioni, Autorità indipendenti, Agenzie di sviluppo) che funzionale (comparsa di nuove funzioni, allargamento dell’offerta di servizi soprattutto a livello locale, crescita delle attività di regolazione e di valutazione, diffusione della digitalizzazione). Inoltre, tale complessità è anche “sistemica” o istituzionale, nel senso che gli stessi confini tra pubblico e privato, tra amministrazione e società civile o, più estesamente, tra stato, mercato e terzo settore, sono diventati mobili e di facile attraversamento. La complessità sistemica ha ancora un altro aspetto, relativo allo sviluppo di architetture amministrative multi-livello che coinvolgono livelli istituzionali e territoriali diversi (locali, regionali, nazionali, sovranazionali). Da qui la necessità di investire non solo nei giovani, ma nella valorizzazione del capitale umano in possesso delle necessarie competenze per dare valore aggiunto e concretezza alla moderna PA. Per quanto riguarda gli “incidenti di percorso”, penso si riferisca al concorso per il reclutamento dei 2.800 tecnici al Sud. In questo caso c’è chi parla di un flop o di un’occasione persa, dal momento che, nonostante la riapertura delle selezioni ad altri 70.000 candidati precedentemente esclusi, gli iscritti al concorso risultati idonei vincitori sarebbero solo 1.483, cioè poco più del 50%. Se guardiamo poi nel merito dei profili da selezionare, il quadro che emerge è particolarmente problematico, infatti, l’unico profilo per cui si è registrato un dato positivo è stato quello di “Funzionario esperto amministrativo giuridico” con 765 candidati idonei per 169 posti. Se cerchiamo di comprendere le possibili ragioni alla base di un tale risultato, emerge qualche dubbio sulla reale efficacia della PA nella gestione delle fasi di reclutamento e selezione degli aspiranti candidati, ma anche l’appetibilità per alcune delle posizioni da ricoprire. In particolare, la preselezione per titoli ed esperienze ha probabilmente indotto molti giovani laureati, ma senza esperienze, a non presentare la propria candidatura. Un altro dato è sicuramente legato alla scarsa partecipazione alle prove, inferiore al 65% con picchi del 50% in alcune regioni alla prima tornata, rimasta bassa anche nel secondo ciclo di selezioni. In questo caso, il motivo è da ricercare nella formula contrattuale, vincolata alla gestione dei fondi di coesione e al Pnrr. Un contratto a tempo determinato per un periodo massimo di 3 anni per molti candidati esperti e tecnici, che magari hanno già un buon lavoro, risulterebbe poco allettante. Infine, i tempi molto stretti e la riapertura inaspettata delle selezioni, con l’invio delle convocazioni solo pochi giorni prima degli esami, ha di fatto scoraggiato molti candidati dal presentarsi alle prove e non ha, comunque, consentito uno studio accurato delle materie d’esame».

Il sistema universitario dovrà supportare la formazione della nuova classe dirigente
Il sistema universitario dovrà supportare la formazione della nuova classe dirigente

Il sistema universitario calabrese come potrà supportare questo processo di rinnovamento della macchina amministrativa calabrese?
«In questo momento così decisivo e, allo stesso tempo delicato, il ruolo della formazione, e dell’Università in particolare, è fondamentale, soprattutto al Sud e in Calabria laddove il processo di modernizzazione è avvenuto in ritardo e con caratteristiche differenti rispetto ad altre aree del Paese. Un territorio caratterizzato dalla fragilità del tessuto economico produttivo, dalla dipendenza dei trasferimenti pubblici, dalla pervasività della politica nella sfera economica, dal peso considerevole dell’economia informale e del sommerso che si traduce a volte in un modello di regolazione sociale ed economica basato sul particolarismo, sulla clientela e sulla manipolazione delle risorse. Da anni l’Università della Calabria e il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali hanno investito in questa direzione. La sfida è stata quella di investire nella formazione mirata, ad hoc, di una nuova classe dirigente, giovane, avveduta, accorta, sensibile ai nuovi bisogni del territorio e consapevole delle sue peculiarità. Questo è stato fatto costruendo un percorso specifico, un Corso di Studio Triennale e uno Magistrale che pur avendo come oggetto di analisi privilegiato la Pubblica Amministrazione hanno fatto della inter e multidisciplinarietà il loro punto di forza. In particolare, il Corso di Studio Triennale in Scienze dell’Amministrazione si propone agli studenti, alle famiglie e al territorio con una sua specificità ed una ben definita identità che può essere tracciata attraverso alcune coordinate volte a definire i profili di amministrazioni orientate alla qualità, responsabili, sensibili all’etica pubblica, cooperative ed innovative. Il Corso nasce nel 2005/06 dall’intuizione di alcuni docenti fermamente convinti della necessità che in un territorio come quello calabrese, un’istituzione così importante come l’Università della Calabria doveva contribuire a formare giovani tecnicamente e culturalmente preparati per giocare un ruolo da protagonisti in tutti gli ambiti della sfera politica, economica e sociale. Nel 2009/2010 si aggiunge il CdS Magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni che completa e arricchisce il bagaglio di competenze e conoscenze in linea con il profilo formativo proposto, teso a formare specialisti dei processi organizzativi e gestionali nelle amministrazioni pubbliche e private. Qualità, competenza, innovazione, centralità dello studente, ma soprattutto un profondo collegamento con l’ambiente esterno.Il rapporto con il territorio, l’apertura al mondo esterno in cui l’Università vive ed opera costituisce, infatti, un principio fondamentale che guida costantemente il nostro operato. La creazione di reti, di legami con enti e istituzioni, con i soggetti collettivi (associazioni degli imprenditori, sindacati, ordini professionali, con il mondo del non-profit) è fondamentale per innescare quei processi virtuosi di cambiamento e innovazione, culturale e sociale ancor prima che economica. Si aggiunge la dimensione internazionale con la possibilità, per gli studenti iscritti al CdS Magistrale, di conseguire nel biennio una Doppia Laurea (dual degree) in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni e Grado in Gestion y Administracion Publica presso l’Universita spagnola di Jaen. Nella fase di progettazione del percorso di studio rientrano anche le numerose opportunità di formazione post-laurea per i futuri laureati di dare continuità ai propri studi nei Master di secondo livello promossi, a partire dal 2009, dalla “Scuola Superiore di Scienze delle Amministrazioni Pubbliche” (Sssap), attiva nel dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. Ci riferiamo ai master in Management delle Amministrazioni Pubbliche e in Diritto del Lavoro e Welfare, oltre ai numerosi Corsi di Alta Formazione (CAF) su tematiche di grande attualità e coerenti con il profilo formativo dei laureati in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni. Per rispondere alle sfide e supportare il processo di rinnovamento in atto nella PA abbiamo disegnato un percorso formativo di eccellenza che è stato recentemente oggetto di valutazione ministeriale nell’ambito del sistema di assicurazione nazionale della qualità degli Atenei italiani e dei singoli Corsi di Studio. Tale percorso ha visto il Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, nella sua componente docente, tecnico-amministrativa, studentesca, delle parti sociali interessate formalmente costituite nel Comitato di indirizzo, coralmente impegnato in uno scrupoloso esame che certifica la validità del Corso e della proposta formativa. In un contesto in continua evoluzione molto resta ancora da fare, ma l’obiettivo è crescere insieme, passo dopo passo, immaginare percorsi possibili di cambiamento che consentano ai nostri giovani di trovare nella nostra regione un lavoro che permetta loro di valorizzare appieno le competenze apprese senza dovere necessariamente emigrare in altre regioni o anche all’estero». (r.desanto@corrierecal.it)

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