CASTROVILLARI Una prima udienza «interlocutoria», in attesa del 17 settembre, quando sarà ascoltata l’accusa, e del 20 settembre, giorno dedicato all’escussione della difesa. È durata circa un’ora l’udienza preliminare del Bergamini “ter” davanti al gup del Tribunale di Castrovillari, Fabio Lelio Festa, che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura, rispetto a questo terzo filone dell’inchiesta sulla morte di Denis Bergamini, il centrocampista del Cosenza, allora 27enne, trovato senza vita il 18 novembre 1989 sulla statale 106, lungo il tratto che attraversa il comune di Roseto Capo Spulico.
Alla sbarra l’ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, non presente in aula, difesa dall’avvocato del foro di Cosenza Angelo Pugliese. La donna è accusata di aver ucciso Bergamini «in concorso con altre persone rimaste ignote» dopo averlo «asfissiato meccanicamente con uno strumento soft», forse un cuscino o una busta di plastica, per poi adagiare «il corpo già morto, sulla statale allo scopo di farlo investire da uno dei mezzi in transito».
La riapertura dell’indagine, quindi la genesi del “Bergamini ter” è datata 2017 ed è frutto della determinata convinzione della famiglia Bergamini, della sorella Donata, secondo cui Denis non si sarebbe suicidato in quella tragica sera di novembre di 32 anni, tesi sostenuta in quegli anni. La riesumazione della salma e la perizia disposta dalla procura di Castrovillari ha, quindi, certificato che sia stato il soffocamento la mortis causa, prima di essere investito dal camionista (poi assolto). Gli elementi raccolti hanno convinto il pm Luca Primicerio a proseguire l’inchiesta ed a chiedere, ad aprile 2020, il rinvio a giudizio di Isabella Internò, accusata di aver ucciso Bergamini.
L’udienza, iniziata poco prima delle 10, così come definita dal legale che cura gli interessi dei Bergamini ha assunto carattere «interlocutorio». Il primo ad uscire dall’aula è stato l’avvocato Pugliese. Il legale della donna non ha rilasciato alcuna dichiarazione, limitandosi alla sola frase sibillina secondo cui i «processi si fanno in aula». Ha parlato, invece, Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Bergamini, accompagnato dai nipoti di Denis, i figli della sorella Donata, che in questa prima fase del dibattimento ha preferito non essere presente.
Il legale è sembrato ottimista, ma non si è sbottonato anche perché l’udienza preliminare è stata aggiornata.
«È stata un’udienza apparentemente tecnica e si tornerà in aula il 17 e il 20 settembre prossimi. La cautela che avevamo – ha dichiarato all’uscita dall’aula l’avvocato Fabio Anselmo – credo possa essere dissipata. Siamo fiduciosi. Le eccezioni proposte dal collega della difesa, a nostro avviso, sono assolutamente infondate. C’è una questione sulla nullità delle indagini per quanto riguarda la tematica della pre-consulenza chiesta in sede di riapertura che era stata già sollevata e superata ampiamente dal giudice dell’incidente probatorio. E poi c’è una questione sulle intercettazioni che, a nostro avviso, è infondata». L’avvocato Anselmo focalizza l’attenzione in particolare, su «un’intercettazione che inchioda la consulente della difesa e rende superfluo, ammesso che fosse necessario, qualsiasi supplemento, perché la consulente stessa ammette che il corpo di Denis “parla”. Questa intercettazione è una spina nel fianco della difesa». Il legale puntualizza anche come questa sia una sua «idea non ancora riferita in udienza».
«Ho sempre detto che era importante capire alcuni passaggi e credo che l’udienza sia stata utile». Quindi «possiamo essere sicuramente più sollevati e fiduciosi per il futuro».
La sorella Donata non era presente ma «è fortemente provata – ha dichiarato ancora Fabio Anselmo – anche da un punto di vista emotivo per una vicenda che va avanti da ben 32 anni. Ha, dunque, reputato non necessaria la sua presenza oggi, riposare e stare a casa».
Il legale ha anche manifestato «impressioni positive» rispetto al fatto che si giungerà al nuovo processo. «Siamo fiduciosi, pensiamo che ci possa essere uno sviluppo collaborativo che traduca in giustizia la verità che noi già conosciamo da tanto tempo. L’impressione che si andrà a processo è positiva, dopo tante polemiche, illusioni e poi delusioni di questi decenni. Dopo tante riaperture e archiviazioni che ci hanno lasciato l’amaro in bocca era d’obbligo un momento di cautela di fronte a una situazione processuale come questa. Io credo che ci siano tutti i presupposti perché, nell’ambito del processo si possa arrivare a riconoscere giudiziariamente ciò che la famiglia Bergamini sa da trent’anni e cioè che Denis Bergamini non ha avuto un incidente, non si è suicidato, ma è stato barbaramente ucciso». (l.latella@corrierecal.it)
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