CORIGLIANO ROSSANO Diecimilacinquecento incidenti dal 1996 ad oggi, 26mila feriti, alcune migliaia con danni permanenti, 750 decessi, di cui circa 690 morti sul colpo e una sessantina spirati a causa delle complicanze. Tra le più pericolose d’Italia, la statale 106 da Taranto a Reggio Calabria è lunga 480 chilometri. In Calabria si sviluppa seguendo la costa jonica calabrese per 410 chilometri fra Rocca Imperiale e Reggio: 132 chilometri nel tratto più a sud (con un tasso di mortalità di 3,9 decessi l’anno per chilometro), 86 chilometri nel tratto Catanzarese (2,9 morti al chilometro), 77 nel Crotonese (4,2), 75 in provincia di Cosenza (3,5).
Numeri tristemente mostruosi quelli che dal 1996 ad oggi sono stati registrati e raccolti dal Centro analisi e ricerca e dal comitato scientifico dell’associazione Basta vittime sulla statale 106.
La statale, ormai da decenni soprannominata “strada della morte”, nei nove mesi del 2021 ha mietuto 15 vittime: Anna Maria Concetta Cutuli (64 anni), Kawsu Ceesay (26 anni), Maria Mammone (87 anni), Valentino Po’ (80 anni), Altea Morelli (17 anni), Raffale Misuraca (19 anni), Vittorio Paone (28 anni), Domenico Malacrinò (55 anni), Ferdinando Marzano (87 anni), Akrem Ajarì (18 anni), Eleonora Recchia (21 anni), Michela Praino (20 anni), Francesco Cannistrà (31 anni), Silvestro Romeo (52 anni) e la moglie Giusy Bruzzese (45 anni).
«La Statale 106 – spiega Fabio Pugliese, fondatore del gruppo Facebook “Basta Vittime Sulla S.S.106”, che oggi conta oltre 80mila iscritti, e della omonima organizzazione di volontariato, già presidente dell’associazione, autore dei libri “Chi è stato? Un racconto-inchiesta sulla strada statale 106 jonica calabrese” ed il continuum “Ecco chi è stato” – è una strada insufficiente a gestire gli attuali volumi di traffico». Come se si volessero gestire 10mila automezzi l’anno su una arteria progettata per ospitarne appena 1000. «È molto, molto probabile che vi sia la possibilità che accada un incidente stradale e, quindi, più vittime e feriti», aggiunge Pugliese.
«Mentre tutto questo accade da sempre, a verificare i numeri, anno dopo anno, l’area jonica reggina presenta due problematiche che la rendono “speciale” rispetto al resto della Calabria. La prima è l’urbanizzazione abitativa e commerciale selvaggia che si è sviluppata attorno alla Statale 106, soprattutto nei tratti di strada extraurbani, oppure appena a ridosso dei centri urbani. Uscendo da Monasterace e fino a Pellaro, vi sono ovunque disseminati accessi realizzati da privati o da attività commerciali su cui l’Anas Gruppo FS Italiane, avrebbe dovuto intervenire». Da Roccella Jonica a Locri c’è poi la «Variante B, un tratto ex novo in collina di 20 chilometri a 2 carreggiate e 4 corsie con spartitraffico centrale. Peccato che sia stata realizzata a macchia di leopardo: manca il tratto ammodernato da Roccella Jonica a Catanzaro e quello da Locri a Reggio Calabria. È questo il motivo per cui il grande traffico non sceglie la nuova Statale 106 ma utilizza sempre quella vecchia».
Una sequela impressionante di sinistri, con una media di poco più di tre morti al chilometro ogni anno, rendono la “jonica” tra le statali più pericolose d’Italia. In molti tratti, peraltro, è ancora una sorta di “mulattiera” come quello fra contrada Toscano a Rossano e Cirò Marina: 60 chilometri concentrati in una sola carreggiata a doppio senso di marcia larga appena sei metri. L’attraversamento dei comuni – territori nei quali la 106 si trasforma nella via “principale” con tutte le conseguenze del caso – rende il viaggio ancora più estenuante, con l’aggravante dei mesi estivi. Il traffico si moltiplica esponenzialmente a luglio ed agosto e le centinaia di innesti e incroci trasformano la statale in un inferno.
«L’ultimo incidente mortale in ordine temporale – lo scorso 29 agosto – in cui sono rimasti uccisi il brigadiere Silvestro Romeo e la moglie Giusy Bruzzese è una delle tragedie più significative avvenute sulla statale 106 negli ultimi anni perché Francesco, il figlio di 11 anni è rimasto solo», dice ancora Pugliese.
Secondo l’ex presidente dell’associazione Basta vittime sulla statale 106, l’età media dei decessi sta sempre più abbassandosi. Solo fra luglio ed agosto nel Cosentino sono morti cinque giovanissimi fra i 18 e i 21 anni: Altea e Raffale a Rossano e poi Akrem, Eleonora e Michela – i tre ragazzi che hanno perso la vita a Cassano nello stesso incidente, alla vigilia di Ferragosto – quest’ultima madre di due figli di uno e quattro anni.
Fabio Pugliese punta l’indice contro i governi, succeduti nel tempo. Il vero dramma è l’immobilismo. «Davanti a tutte queste morti appare sempre più assurda la scelta del Governo di investire sul Ponte sullo Stretto di Messina: più di 10 miliardi di euro per tre chilometri e mezzo. Tanti quanti ne servirebbero per rendere la statale 106 una strada moderna e sicura. Il ponte è certamente un intervento infrastrutturale importante ma non è affatto prioritario. Urgente e fondamentale, invece, è l’ammodernamento della famigerata e tristemente nota “strada della morte” in Calabria. Fin quando ciò non sarà chiaro e, soprattutto, fin quando questo problema non sarà affrontato e risolto – conclude Fabio Pugliese – ci ritroveremo sempre di fronte a queste dolorose e terribili tragedie».
Insomma, le popolazioni joniche ormai non credono più a nulla. Dopo una miriade di passerelle, promesse, plastici, progetti presentati, dotazioni finanziarie dirottate altrove o millantate – spesso nelle campagne elettorali – è sempre più difficile immaginare che un giorno, la costa jonica calabrese possa sentirsi adeguata al resto del mondo. Venti, trent’anni per un ammodernamento di pochi chilometri, per una rotatoria di servizio, rendono sempre meno credibile e immaginabile la percorrenza di una strada – che comunque serve circa un milione di calabresi – messa in sicurezza.
Da qualche mese, sono iniziati i lavori del terzo megalotto Sibari-Roseto, il collettore fra la dorsale tirrenica e l’A2 del Mediterraneo: 1,3 miliardi di euro per appena 38 chilometri di strada, poco più di 36 milioni al chilometro. Il cantiere, secondo Anas, è più grande e importante oggi in Italia. Da Sibari in giù – fino a Rossano siamo alla conferenza dei servizi – però, non sembra esserci futuro. (l.latella@corrierecal.it)
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