TORTORA Un pestaggio «ingiustificato» e ingiustificabile. Un’aggressione compiuta davanti ad alcuni testimoni e nei confronti di una donna indifesa. Quanto accaduto il 6 agosto scorso a Tortora, nel cosentino, lascia sgomenti. In meno di un mese, la Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni ha chiuso le indagini nei confronti di quattro persone tutte originarie del napoletano e ritenute responsabili dell’aggressione nei confronti di Beatrice Lucrezia Orlando, 42enne ricercatrice potentina. Il personale dei Carabinieri di Scalea unitamente ai colleghi di Torre del Greco hanno eseguito la misura cautelare nei confronti di un intero nucleo familiare. Padre, madre, figlio e fidanzata di quest’ultimo non hanno “perdonato” alla donna, l’aver soccorso alcuni cuccioli randagi in difficoltà. Dalle minacce di morte si è passati velocemente alla violenza fisica, con la donna fermata e picchiata mentre era in bici.
«Per quello che io ricordi – racconta la donna nella denuncia presentata ai carabinieri – sono stata bloccata fisicamente, mentre ero a bordo della mia bici, dalla signora più anziana. Subito dopo sopraggiungeva l’uomo più anziano il quale si poneva immediatamente dietro le due donne. Dalla parte sinistra vedevo arrivare la sagoma di un uomo il quale, urlava frasi del tipo «ora ti faccio vedere io» in dialetto napoletano e mi colpiva con dei pugni al volto». La ricercatrice continua il racconto e fornisce dettagli inquietanti sull’aggressione. «L’uomo indossava sulla mano con la quale mi colpiva, un anello o qualcosa di simile tanto è vero che ancora adesso presento due ferite lacerocontuse». A seguito delle percosse subite, Beatrice Orlando cade a terra e continua ad essere presa di mira dai suoi aggressori che le sferrano altri pugni.
«Buona parte dei residenti al momento dei fatti era presente, a questi si aggiungono i passanti, ma nessuno di loro è venuto in mio soccorso», confessa Beatrice Orlando. «Sono tornata a Tortora nella serata di sabato14 agosto – continua – ma ero così terrorizzata che non ho fatto rientro nella mia abitazione ma mi sono recata presso il lido dove erano presenti persone di mia conoscenza che mi hanno accompagnata a casa». Dopo la violenza subita, nessuno ha chiesto scusa alla ricercatrice. «Non sono stata contattata dagli aggressori in alcun modo, di sicuro nessuno di loro si è fatto avanti per chiedermi scusa».
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