Il turismo quale punto di snodo dello sviluppo della Calabria sembra il comune denominatore dei candidati alla presidenza della Regione, i quali però dovrebbero anche affrontare i temi collaterali al turismo o addirittura prodromici, quale è irrefutabilmente la questione del sistema aeroportuale calabrese. Partiamo da un dato di fatto, che è il Dpr 201/2015, il quale, in applicazione dei criteri fissati dall’art. 698 del codice della navigazione, individua un gruppo di aeroporti di interesse nazionale, entro cui ci sono gli scali di Reggio Calabria e Crotone e designa 12 aeroporti di particolare rilevanza strategica, nell’ambito dei quali c’è lo scalo di Lamezia Terme. Gli aeroporti di interesse nazionale devono essere in grado di dimostrare, tramite un piano industriale, il raggiungimento dell’equilibrio economico–finanziario. In presenza di tali prescrizioni, che incidono sulle potenzialità dei singoli scali, fu una decisione saggia quella di Sacal (sembra sulla spinta del socio Regione Calabria) di partecipare nel 2016 al bando per la gestione degli aeroporti di Reggio Calabria e Crotone? Dal primo momento la coperta di Sacal (una società a prevalente capitale pubblico ma con una capitalizzazione contenuta per soddisfare le aspettative di 3 aeroporti completamente diversi e non sempre complementari) è sembrata troppo corta per predisporre un piano industriale ambizioso per tutti gli scali e le recenti affermazioni del sindaco di Reggio Calabria Falcomatà, che ipotizza la realizzazione di una nuova società per la gestione dello scalo reggino, ne è la prova. Un sistema aeroportuale come quello calabrese si regge sulla ripartizione delle funzioni ed allora forse, più che una gestione unica, c’era bisogno di una visione unitaria ma consapevole delle specificità degli aeroporti calabresi, modellandola sul sistema aeroportuale di una regione italiana con tre aeroporti e che punta sul turismo, come per esempio il Veneto.
Ed allora, una volta ovviamente ridefinito l’assetto societario della Sacal, quanto a peso delle quote azionarie, determinato dall’aumento di capitale in corso – considerato che il succitato Dpr 201/2015 indica 3 gate internazionali, cioè tre aeroporti con elevato grado di connettività con le destinazioni internazionali, e li sceglie in una parte del Paese e cioè nel centronord (si tratta di Venezia, Milano Malpensa e Roma) – perché non avere l’ambizione di chiedere una integrazione delle disposizioni del Decreto con l’inserimento di uno scalo del sud a cui dare una maggiore veste internazionale, che de facto l’aeroporto di Lamezia Terme ha già, seppur limitata alla stagione estiva? Napoli e Bari non possono concorrere per ovvie ragioni di vicinanza a Roma (Napoli) e copertura del territorio nazionale (Bari). Restano indubbiamente gli scali siciliani con i quali Lamezia potrebbe concorrere per la designazione ma la forza politica di una di una Regione e di chi la rappresenta non risiede anche in queste scelte ? Perché gli Agnelli scelsero Melfi? Non era la città più importante del Sud. Poi, ovviamente, le proposte possono essere accolte oppure trovare meno consenso di altre sui tavoli nazionali ma perché negarci in radice l’ambizione di avere un quarto scalo internazionale proprio noi, regione crocevia del Mediterraneo ? Ecco allora che Lamezia può rappresentare, con le dovute proporzioni e differenze di mercato, quello che rappresenta l’aeroporto di Venezia ed in tal caso è inaccettabile che al definanziamento per la nuova aerostazione non sia seguito con immediatezza un nuovo progetto. Non sfuggirà ad alcuno che l’aerostazione del maggiore scalo calabrese è ormai un recinto angusto ed insufficiente ed, in ogni caso, quella che è la porta d’ingresso della Calabria dovrebbe avere ben altro decoro. Reggio Calabria potrebbe avere un piano industriale ambizioso e relazionarsi col territorio nazionale (anche sul versante cargo, considerato il collegamento con Gioia Tauro) sul modello Verona, destinando Crotone, sulla scorta di ciò che avviene nello scalo di Treviso, ad alcune compagnie low cost. In questo contesto, potrebbe essere interessante in questa campagna elettorale capire la natura e la finalità della recente capitalizzazione di Sacal. Sarebbe propizia l’occasione per dotare i cittadini di strumenti di analisi e comprensione (visto che il prevalente capitale pubblico significa che alla fine la maggioranza della compagine sociale di Sacal è dei cittadini), dal momento che, già da qualche anno, il management della società aeroportuale calabrese non ritiene di relazionarsi con i cittadini, spesso ignari anche di ciò che avviene nelle assemblee e negli organi amministrativi. In quest’ultimo aumento capitale, per esempio, il maggiore azionista pubblico, il Comune di Lamezia Terme, in base alla sottoscrizione delle quote comunicata dai Commissari Prefettizi, passerebbe dal 19,2% al 12%, un fatto storico, atteso che proprio in quel comune insiste il sedime aeroportuale dello scalo più grande. Nel Consiglio di amministrazione che ha deciso e quantificato l’aumento di capitale era certamente presente il rappresentante del Comune di Lamezia Terme, così come sarà certamente avvenuto in assemblea. Che significato ha questo ridimensionamento del maggiore azionista pubblico nel momento in cui anche il Sindaco di Reggio Calabria non dimostra interesse ad una partecipazione più consistente alla composizione societaria? Per noi non è eretico parlare di privatizzazione, non si può essere pregiudizialmente contrari (anche perché la prevalenza del capitale pubblico è ormai risicata) però, a nostro avviso è eterodosso che qualcuno possa pensare di arrivarci surrettiziamente. Come la Sacal possa oggi o domani risolvere i problemi di capitalizzazione è questione cruciale in un contesto in cui gli enti locali sono in affanno finanziario e sovente sotto la spada di Damocle del piano di riequilibrio finanziario. Pertanto, ed è la finalità della nostra riflessione, vorremmo che i cittadini sappiano chi gestirà i 150 milioni per il piano di investimenti ultradecennale annunciato dal Presidente di Sacal, che lo ha definito ambiziosamente un “programma culturale”, che naturalmente può avere varie declinazioni, fermi restando i perni della sostenibilità e della digitalizzazione. A noi il compito di alcune succinte riflessioni, a chi si candida al governo della Regione il compito, più gravoso, di inserire questi delicatissimi temi nei programmi e di discuterne con i cittadini, che dobbiamo rendere consapevoli nell’espressione del voto per fare maturare la democrazia in una regione in cui la libertà dal bisogno è ancora una chimera.
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