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Pusher cosentini incastrati dai colloqui in carcere. Il Pm chiede 6 anni per il «Dominus»

Al Tribunale di Cosenza, in corso il processo nei confronti dei presunti responsabili della distribuzione di droga nella città dei bruzi

Pubblicato il: 13/09/2021 – 15:56
Pusher cosentini incastrati dai colloqui in carcere. Il Pm chiede 6 anni per il «Dominus»

COSENZA Le intercettazioni nel carcere di Cosenza avrebbero svelato l’esistenza di una fiorente attività di spaccio proseguita fuori dall’istituto penitenziario “Sergio Cosmai” (tramite sodali in libertà) su impulso di alcuni detenuti. Gli investigatori nel corso di una operazione conclusa nel settembre del 2020 (QUI I DETTAGLI) sono così riusciti a delineare l’esistenza di un gruppo che gestiva la distribuzione di sostanze stupefacenti nella parte bassa del centro storico della città dei bruzi. Il blitz condotto dalla squadra mobile di Cosenza ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di misura cautelare in carcere e quattro misure di arresti domiciliari emesse dal Gip del Tribunale di Cosenza su richiesta della Procura del capoluogo bruzio. Agli indagati vengono contestate diverse cessioni di sostanze stupefacenti e i reati di estorsione aggravata e violenza privata. Tutte accuse, ribadite questa mattina dal Pm, nel corso dell’udienza in corso dinanzi il gup del Tribunale di Cosenza, Letizia Benigno.

Le indagini e gli sviluppi

«Le indagini – ribadisce il pubblico ministero – nascono dagli sviluppi di un’altra attività investigativa», nel corso della quale sono state sequestrate sostanze stupefacenti, appunti vari e un assegno bancario. Figura centrale per l’accusa è Alfredo Sirufo, che il pm definisce «Dominus» capace di «mettere in piedi una fiorente attività di spaccio». Sirufo ovviamente non agiva da solo, ma con il supporto – sempre secondo l’accusa – di altri indagati.

Il debito non pagato e le minacce

Nella ricostruzione del quadro indiziario nei confronti dei soggetti coinvolti a vario titolo nel procedimento, il pm cita anche un presunto episodio di estorsione consumato ai danni di un uomo che avrebbe accumulato un debito di droga pari a circa 400 euro (poi lievitato a 1000 euro), contattato da Alfredo Sirufo e Candido Perri (indagato) in qualità di “responsabili della riscossione”. Da quanto emerso, la vittima della presunta richiesta di denaro avrebbe risposto chiedendo una dilazione del pagamento, ricevendo in un primo momento una risposta negativa e addirittura una minaccia di morte. Successivamente, sarebbe intervenuto un altro soggetto indagato: Giuseppe Muto, in qualità di creditore del debito. La dilazione sarebbe stata garantita e il “debitore” si sarebbe impegnato a pagare una prima rata di 300 euro. Altri 300 euro – come ricostruito dal Pm – sarebbero stati prelevati da Sirufo e Perri direttamente dal datore di lavoro del debitore.

Le richieste del Pubblico Ministero

Il Pubblico ministero, in base ai reati contestati, ha formulato le richieste di pena nei confronti degli indagati. Queste le richieste: Andrea Ciancio 1 anno, 4 mesi e ammenda; per Alfredo Sirufo 6 anni e ammenda; Carmine Ariello 1 anno e 8 mesi più ammenda; Daniele Morrone 1 anno e 6 mesi più ammenda; Pietro De Mari 2 anni e 4 mesi più ammenda.

Le argomentazioni delle difese

Il legale difensore di Daniele Morrone ha sottolineato l’esistenza di un numero esiguo di cessioni di droga contestate al suo indagato e chiesto la minima pena. L’avvocato difensore di Pietro De Mari, invece, ha chiesto l’assoluzione perché «non c’è prova della cessione di droga» e nella contestazione del reato «si parla di svariati quantitativi di sostanza stupefacente e senza alcun riferimento al tipo di droga». Nella prossima udienza si discuterà della posizione di Candido Perri (che ha richiesto il rito abbreviato condizionato) e di Iliyan Cvetanov. (f.b.)

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