GAMBARIE Una “marcia per la terra” per riaccendere i riflettori sull’Aspromonte e per rompere quel silenzio assordante che è calato dopo le breaking news diffuse nei giorni dei roghi. Sono circa 60 le organizzazioni che hanno scelto di aderire al sit-in di oggi in piazza Mangeruca a Gambarie. Presidio lanciato dall’associazione “Equosud” di Reggio Calabria, che lavora nel campo dell’economia solidale, e dal Csc Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, che si occupa tra le tante questioni sociali, anche di ambiente. Da subito la loro proposta ha avuto il sostegno di comitati e gruppi da tutta la Calabria: «Non ci aspettavamo una risposta così importante – dicono gli organizzatori – sono davvero tante le persone che ci hanno contattato per aderire a questa giornata».
Comitati e liberi cittadini si sono incontrati per ricordare a tutti che l’Aspromonte soffre ancora, che è inestimabile la perdita che l’ha colpito dopo gli incendi estivi – sia in termini naturalistici che storici – e che di fronte a questo scenario apocalittico a fare da protagonista è sempre e solo l’abbandono del territorio. Insieme al grigio scuro della terra bruciata che ormai è diventato il nuovo volto cromatico di un’intera area boschiva. «Siamo qui – dichiarano i manifestanti – perché ci ha colpito molto il silenzio e la carenza di informazioni che c’era mentre l’Aspromonte bruciava. La maggior parte delle notizie le abbiamo avute perché alcuni dei nostri compagni, come guide ambientali, hanno partecipato alle operazioni di spegnimento dei roghi». Anche durante gli incendi quindi, secondo gli attivisti, l’attenzione verso il disastro che colpiva l’area montana reggina non era abbastanza, e le informazioni diramate non erano chiare e tempestive come avrebbero dovuto essere. Questo ha generato nella comunità aspromontana tanta indignazione e l’ha portata a manifestare in un presidio, condiviso da diverse realtà regionali, perché «in questo momento è necessario far emergere il dissenso».
«Si è perso un patrimonio naturale importantissimo – dichiarano ancora gli attivisti – e oltre a questo grave colpo bisogna considerare che le conseguenze dell’incendio probabilmente le pagheremo quest’inverno col dissesto idrogeologico che provocherà». Il loro è un grido d’allarme e di denuncia per tenere alta l’attenzione su quello che è accaduto e su quello che potrebbe ancora succedere in questi luoghi.
«L’intento – aggiungono – è quello di tirare fuori delle proposte affinché un disastro simile non accada più e provare a costruire un percorso che possa coinvolgere varie realtà che lottano per la difesa del territorio, non solo in Aspromonte ma in tutta la Calabria». La “marcia per la terra” di oggi è stata pensata, dunque, come un’occasione per rivendicare il valore e l’importanza dei boschi calabresi e come un’opportunità di confronto per vagliare nuove idee per i luoghi colpiti. «Non portiamo delle proposte tecniche già pronte – spiegano – perché pensiamo che le idee nascano dalla discussione, solo così si elaborano dei progetti condivisi, altrimenti si parla di soluzioni calate dall’alto». I destinatari della contestazione sono anche e soprattutto gli amministratori dei territori, che hanno il ruolo privilegiato di gestire la res pubblica e che non hanno varato un piano antincendio. «Nella provincia di Reggio su 9mila ettari di area boschiva ci sono soltanto 5 unità che possono intervenire in caso di incendio, questo significa che il servizio non c’è. Dato che abbiamo estrapolato dal Piano antincendio scritto dalla Regione». Proprio verso le istituzioni è rivolta la rabbia dei manifestanti: «Le istituzioni sono le dirette responsabili del devasto avvenuto nelle montagne calabresi, usiamo il termine istituzioni e non politici – precisano – perché secondo noi sono due cose diverse, non ci sono più i politici ormai, ma soltanto comitati d’affari che gestiscono tutto a modo loro». (redazione@corrierecal.it)
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