LAMEZIA TERME Doveva avere le caratteristiche di un incidente in moto l’agguato che nel 2014 era stato pensato dalle cosche di Locri contro il figlio minore del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. A distanza di sette anni lo racconta il neo collaboratore di giustizia, 57enne di Locri, Antonio Cataldo – come anticipato oggi sulla Gazzetta del Sud – il quale ha saltato il fosso lo scorso 7 giugno. Due verbali, del 20 e 28 luglio, sono stati depositati al processo “Riscatto - Mille e una notte” che si sta celebrando davanti al Tribunale di Locri. Una storia risalente nel tempo, ma non per questo meno grave, che all’epoca, carpita dagli investigatori, fece scattare l’allarme e diede il via a una lunga serie di riunioni del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che arginarono il pericolo sul nascere. Le cosche avevano pensato che visto che il ragazzo all’epoca usava una moto si poteva sfruttare questo fattore per mettere in piedi il piano criminale e mandare un “messaggio” al procuratore Gratteri che all’epoca era stato proposto come ministro della Giustizia. Antonio Cataldo afferma di avere appreso queste circostanze in carcere da un altro detenuto di Locri. Per il figlio maggiore, invece, tempestiva fu la prontezza del ragazzo nello sventare un sequestro di persona quando il giovane era studente a Messina. Era gennaio 2016 e due soggetti, spacciandosi per finti poliziotti, si introdussero nello stabile in cui abitava il ragazzo. Quello fu il secondo messaggio intimidatorio l’allora procuratore aggiunto di Reggio Calabria che dopo pochi mesi sarebbe stato nominato procuratore della Repubblica di Catanzaro. Un gesto «grave e inedito», scrisse all’epoca il fondatore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni. Ma due anni prima ve n’era stato un’altro altrettanto grave e inedito che oggi emerge anche dal racconto del nuovo pentito Antonio Cataldo, figlio di Michele.
Per fortuna ad apprendere queste circostanze furono anche fonti investigative che intervennero immediatamente. Gli ‘ndranghetisti temevano – se Gratteri fosse diventato ministro – «dei processi… e leggi più ferree», racconta Cataldo. In quegli anni, come oggi sappiamo, non fu la ‘ndrangheta a fermare la nomina di Gratteri a Guardasigilli ma la politica, anche questa allarmata dalla caratura di un uomo che, aveva premesso, avrebbe agito senza condizionamenti. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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