LAMEZIA TERME La ‘ndrangheta «ha assunto ormai le caratteristiche di una holding del crimine, che pur mantenendo una sua solida capacità di controllo delle attività illecite nel territorio… foraggiandosi con le estorsioni e il traffico di stupefacenti, ha mostrato la capacità di gestire, grazie ai capitali illeciti, le attività economiche commerciali e imprenditoriali per riciclare i profitti e legittimare le disponibilità finanziarie, con una capacità di mimetismo tale da inquinare dall’interno le attività economiche lecite e drogare la concorrenza…». Fulvio Rizzo, Avvocato generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria scatta un’istantanea preoccupante sulla linea evolutiva dei clan. Preoccupante specie se incrociata ai dati economici dell’emergenza Covid. Non è il primo allarme sul tema, ma l’osservazione rilanciata dal rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia non è soltanto una previsione: i dati sull’evoluzione della crisi pandemica la confortano.
«Le cosche calabresi – segnala il rapporto – potrebbero intercettare i vantaggi e approfittare delle opportunità offerte proprio dalle ripercussioni originate dall’emergenza sanitaria, diversificando gli investimenti secondo la logica della massimizzazione dei profitti e orientandoli verso contesti in forte sofferenza finanziaria». Un ragionamento economico che si lega alle notazioni contenute nel rapporto della Banca d’Italia su “L’Economia in Calabria” dell’11 novembre 2020. Il dossier di Palazzo Koch «sottolinea come, in conseguenza delle misure di distanziamento e della chiusura parziale delle attività, “…la domanda di beni e servizi è nettamente calata, anche a causa delle conseguenze della crisi su fiducia e redditi dei consumatori, a cui si è associato un aumento del risparmio precauzionale…”. Il brusco calo delle vendite registrato durante il lockdown ha sottoposto le aziende a “uno shock economico e finanziario rilevante”, con una crescita del ricorso ai prestiti per lo più da parte di imprese di piccole dimensioni e operanti nel settore dei servizi. Le misure restrittive “… hanno inciso particolarmente sull’attività di gran parte del commercio al dettaglio, di alberghi, bar e ristoranti, dei servizi ricreativi, culturali e personali e sui trasporti…”, di conseguenza la redditività delle aziende “…è nettamente diminuita, sia a causa della chiusura e del rallentamento delle attività produttive sia a seguito del calo della domanda. Più del 40 per cento delle aziende intervistate prevede di chiudere l’esercizio in perdita (era circa il 17 per cento nel 2019)…”».
In questo contesto, la ‘ndrangheta può riproporre un meccanismo già visto: il «tentativo di accreditarsi presso imprenditori in crisi di liquidità ponendosi quale interlocutore di prossimità, imponendo forme di sostegno finanziario e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale, nel verosimile intento di subentrare negli asset proprietari e nelle governance aziendali al duplice scopo di riciclare le proprie disponibilità di illecita provenienza e inquinare l’economia legale impadronendosi di campi produttivi sempre più ampi».
Questo, «con ogni probabilità», avverrà «in ogni area del Paese in cui le consorterie ‘ndranghetiste si sono radicate. In tale contesto, il pericolo più attuale è rappresentato dall’usura e dal conseguente accaparramento delle imprese in difficoltà, che, unito alla scarsa propensione delle vittime a denunciare, contribuisce alla sottostima e alla diffusione del fenomeno. Per altro verso, la minaccia da fronteggiare è la constatata capacità dei sodalizi calabresi di infiltrare i pubblici appalti avvalendosi di quell’area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e pubblici dipendenti infedeli».
Gli obiettivi delle Procure sono puntati soprattutto sulla sanità regionale. Per il capo della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, si tratta del «settore su cui si sono concentrati gli interessi delle organizzazioni criminali ‘ndranghetiste, trattandosi del maggiore capitolo di spesa regionale e garantendo, in particolare nel passato, la possibilità di alimentare un sistema clientelare di assunzioni che può garantire, ove gestito illecitamente, peso politico e strumento di scambio del favore elettorale/‘ndranghetistico».
L’allarme viene ripreso anche dal prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani con toni netti. Mariani evidenza come «la corruzione sia funzionale all’aspetto associativo delle consorterie e quanto grave pare l’infiltrazione nel sistema sanitario, che garantisce notevoli arricchimenti. Una sanità, quella della provincia reggina, che risente di debolezze strutturali storiche, con gravi carenze amministrative, nelle quali, anche l’assenza di buone prassi e rigorosi controlli, permette alla criminalità organizzata di trarre importanti vantaggi». Allarme che diventa strutturale perché «il sistema delle autonomie locali appare, in questo momento, in grave difficoltà. La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 ha eliminato il sistema dei controlli preventivi e ha lasciato inevitabilmente spazio a iniziative legislative degli enti territoriali non uniformi sul territorio nazionale. Tutto ciò chiaramente ha favorito le infiltrazioni della criminalità organizzata… Tali limiti appaiono maggiormente affioranti in questo periodo di crisi sanitaria dovuta al Covid e sarebbe auspicabile un ripristino dei controlli preventivi sugli atti, che oggi trovano una “cura” spesso solo in sede giudiziaria».
Controlli insufficienti, grande disponibilità di denaro, infiltrazioni in tutti settori del commercio e dell’economia. Queste ultime comprovate dalle «numerose interdittive antimafia emesse dalle Prefetture calabresi, in particolare da quella di Reggio Calabria, nei confronti di imprese contaminate dalle cosche».
Un inquinamento «che offre la possibilità alle cosche di riciclare i proventi illecitamente accumulati, come sottolineato dal presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, in occasione dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2021: “Le associazioni criminali dispongono di enormi disponibilità economiche provenienti da illecito: droga, traffici da legalizzare attraverso investimenti in attività imprenditoriali sane ed in crisi in modo da conseguire un doppio effetto: ripulire il denaro ed inserirsi in un troncone di attività apparentemente sano, ma inevitabilmente corrotto e definitivamente indirizzato al crimine. In tal modo, e per paradosso, si esercita un’attività apparentemente legittima e di mantenimento di imprese altrimenti destinate all’espulsione dal mercato, ma corruttiva del sistema”».
Vi sono segni chiari di questa attività anche nei dati pubblicati dall’“Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. «Essi – si legge nel rapporto della Dia – ci dicono che, allo stato attuale, in Calabria sono in corso le procedure per la gestione di 1.890 immobili confiscati, mentre altri 2.907 sono già stati destinati. Sono altresì in atto le procedure per la gestione di 291 aziende, mentre ulteriori 204 sono state già destinate. Immobili, terreni, imprese edili, strutture ricettive e attività commerciali rappresentano solo alcune delle tipologie di beni sottratti alle mafie in Calabria, concentrati in ordine decrescente nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone».
Le ‘ndrine riescono a tenere insieme discorsi molteplici, si adattano a ogni tipo di registro. Possono, cioè, «relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti la cui opera è strumentale al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. La‘ndrangheta esprime, infatti, un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche. Grazie alla diffusa corruttela vengono condizionate le dinamiche relazionali con gli Enti locali sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali». Allarme da non sottovalutare, proprio alla vigilia di una tornata che chiamerà alle urne i calabresi per le Regionali e per decine di elezioni amministrative.
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