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tentata estorsione

Processo a due sacerdoti, «Don Maccarone mi disse: “Sono amico personale di Luigi Mancuso”»

La testimonianza in aula dell’imprenditore Mazzocca. Secondo l’accusa i prelati hanno tentato un’estorsione aggravata dal metodo mafioso

Pubblicato il: 24/09/2021 – 10:32
di Alessia Truzzolillo
Processo a due sacerdoti, «Don Maccarone mi disse: “Sono amico personale di Luigi Mancuso”»

VIBO VALENTIA «Diglielo tu se io sono o non sono amico personale di Luigi Mancuso». Con queste parole don Graziano Maccarone – ex segretario personale del vescovo dimissionario Mileto Luigi Renzo – si sarebbe rivolto a don Nicola De Luca, ex reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea, per dare valore alla minacce proferite nei confronti di Roberto Mazzocca. Don graziano vantava amicizie «col capo dei capi», ovvero col boss del casato di mafia più potente, i Mancuso
È lo stesso Mazzocca che lo ha raccontato ieri in aula nel corso del processo che vede i due sacerdoti accusati di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose.
La scena descritta da Mazzocca davanti al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Irene Crea, e al collegio del Tribunale di Vibo Valentia, presieduto da Tiziana Macrì, si è svolta a febbraio 2013. L’incontro, racconta Mazzocca, è avvenuto a Tropea a casa di don Nicola De Luca. Don Graziano – racconta il teste – richiede indietro del denaro che avrebbe prestato a Mazzocca e fa leva sui suoi «cugini di Nicotera» che erano persone, dice Mazzocca «che mi avrebbero fatto cose che non sono piacevoli se non avessi restituito i soldi».
Mazzocca si trova alle strette, tra un creditore che minacciava di rendere esecutivo un pignoramento e don Graziano che richiedeva indietro, in anticipo sui tempi pattuiti, soldi che la vittima ad oggi non sa se siano stati realmente dati al creditore. In mezzo c’è una relazione, dai contorni scabrosi, che don Graziano avrebbe intrattenuto con la figlia di Mazzocca, una ragazza con problemi psichici.
Ma procediamo con ordine.

I primi problemi economici

Nel 2008 Mazzocca racconta di avere preso nel porto di Tropea «una nave che non navigava e mi inventai un piccolo b&b con ristorante a mare». «Nel corso dell’estate subii degli attentati, regolarmente denunciati – prosegue il teste rispondendo alle domande del pm –. Decisi di chiudere quell’attività e presi quindi un locale a Parghelia d’accordo con mia figlia. Per un anno e mezzo il locale andò bene, avevo anche clienti di una certa levatura. Il locale era intestato a mia figlia, Francesca»
«Il problema nacque – prosegue Mazzocca in aula – quando, nel 2010, per una mia errata valutazione, dopo 4 mesi che aprì il locale, decisi di fare un po’ di pubblicità per allargare il circolo dei clienti. Presi un tabellone, stipulai un contratto con la Pubbliemme ma nel giro di 15 giorni il tabellone, di 4 metri per due, fu distrutto per 2 volte. Chiesi al signore della Pubbliemme di ridurmi il tempo per cui era stato affisso e mi disse di no che dovevo comunque pagare». «Il signore della Pubbliemme pensò bene a mandarmi un mafioso di Vibo il quale oltre al pagamento del debito presunto – visto che per 15 giorni mi ha chiesto 2.500 euro – me ne ha chiesti altri 1.500, anzi 1.400 per l’esattezza, che avrei dovuto consegnare mensilmente perché il mio locale andasse bene e non succedesse niente. In quella occasione mangiò per circa 700 euro una tavolata di 10/15 persone. Tutto quello che le dico fu ripreso dalle telecamere interne… quando lui si alzò mi diede uno scappellotto sul viso e mi disse: “mò queste te le fai pagare chi sai tu”. Io denunciai queste cose al capo della Squadra Mobile di Vibo che mi mandò il suo vice il quale la sera in cui questo Carmelo Barba venne a sfasciare il locale lo arrestarono in flagranza. Fu condannato a 2 anni e 8 mesi», racconta Mazzocca nel corso dell’udienza tra le domande del pm e quelle del suoi difensori, gli avvocati Michele Gigliotti e Daniela Scarfone

I guai grossi

Il problema dei debiti era, però, nato a monte.
Per farsi disegnare il locale Mazzotta si era rivolto a un architetto e in seguito si recò al Vibo Center per comprare l’arredo. «Ma il signore della zona elettrodomestici mi diede un bigliettino da visita e mi disse di andare da un signore che mi poteva arredare il locale», racconta Mazzocca. Tre mesi prima di aprire il locale Roberto Mazzocca conosce Sergio Politi il quale gli fornisce merce «per un valore di 16/17mila euro». Mazzocca racconta di avere dato a Politi 3000 euro in contanti e fece tre assegni con scadenze. « Avrei dovuto onorare, ma siccome gli incassi non c’erano chiesi al signor Politi di procrastinare il pagamento», dice Mazzocca il quale contava sull’arrivo di una finanziamento regionale.
Politi minacciava di incassare gli assegni poi un giorno «mi fece parlare con Maurizio Artusa – spiega Mazzocca –, disse al telefono “c’ho lo stronzo qua davanti digli tu come stanno le cose”. Io dissi che avevo il foglio che mi era stato accettato il finanziamento, appena mi arrivava un’ora dopo gli davo i soldi. Qualche sera dopo ricevetti la visita di un pregiudicato di Tropea, Giacomo Albanese, il quale mi dice all’entrata del locale che fuori c’era una persona di un paese vicino, molto qualificata di cui non mi diede il nome, che era pronto a intervenire e che era intervenuto a mio favore per evitare che le cose prendessero una brutta piega. In quel periodo mi cautelavo nell’unico modo che avevo a disposizione: ero consigliato a denunciare sempre qualunque azione estorsiva nei miei confronti, avevo una piccola penna che video registrava e registrati questo intervento di Albanese e lo consegnai alla questura di Tropea».
Intorno a Natale del 2011 Mazzocca racconta di avere ricevuto l’accredito di 18mila euro. «Chiamai subito Politi e diedi altri 5mila in contanti, e con gli altri pagai altri debiti», spiega in aula. Ma Politi dopo 20 giorni tornò a bussare a denari e verso aprile-maggio fa un pignoramento sui beni del locale. 

L’incontro con don De Luca

Mentre Mazzocca era con l’acqua alla gola un conoscente gli consiglia di rivolgersi a don Nicola De Luca. Si incontrano a fine luglio in casa di del sacerdote al quale Mazzocca mostra l’atto di pignoramento. Il prete il giorno dopo gli consegna «una busta con dentro un assegno e del contante e mi disse: “Vedrà che in qualche modo forse lo calmiamo”. Chiamai Politi gli dissi che avevo quella somma. Erano circa 2.500 euro. Erano un assegno di 1500 euro più contanti. E lui mi disse “ci vediamo davanti al Tribunale, dammi un’ora”». Dopo quella elargizione Politi gli dà tempo fino all’8 settembre. Poi, gli dice, «Vedrai che ti combino». E infatti, racconta Mazzocca: «A settembre arriva la carica peggio di prima. Allora sono andato dal suo avvocato al quale ho chiesto di avere un aiuto. Mi disse che dovevo per forza pagare oppure avrebbero fatto il sequestro esecutivo. Ma si poteva dividere? Mi disse di fare un’offerta. Io chiesi a Politi se con 9mila potevamo chiuderla. Mi disse di si».

L’incontro con Don Graziano

Roberto Mazzocca si rivolge nuovamente a don De Luca il quale gli consiglia di andare alla Caritas di Mileto. Ma lì – dove si reca con moglie e figlie – scopre «che potevano darmi massimo 6000 euro, se avessi compilato tutta la modulistica, e ci volevano minimo due mesi. Io dissi che non avevo tutto questo tempo». Dalla Caritas allora gli consigliano di rivolgersi all’ufficio del vescovo. È qui che Roberto Mazzocca incontra don Graziano Maccarone.
«Io spiegai la situazione e dissi che se non risolvevo la nostra famiglia sarebbe stata distrutta. Mi chiese il numero di telefono di questo signor Politi. Si allontanò, tornò dopo pochi minuti, e con fare gentile mi disse “Roberto puoi andare a casa, abbiamo risolto tutto”. Io pensavo stesse scherzando. Mi disse che il giorno dopo avrebbe consegnato 6.600 euro».
A questo punto c’è un nodo cruciale nel racconto di Mazzocca: quei soldi per Politi non sono mai passati dalle sue mani.
«I soldi li avrebbe consegnati direttamente don Maccarone?», chiede il pm.
«Non so chi, ma io non li ho ricevuti. Io non li ho mai avuto in mano. Io non ho mai visto soldi se non quelli ricevuti da don Nicola», risponde Mazzocca. Per la restituzione il patto era che avrebbe consegnato i soldi a partire dalla Pasqua successiva: «Mi dissero che era stato estinto il debito e che io avrei dovuto restituire esclusivamente 3000 euro a 100 euro al mese».

Il ritorno dei guai

Ma il bel tempo durò poco per Roberto Mazzocca. Politi lo chiama per vedersi a Tropea e gli dice che don Graziano il giorno dopo che aveva pagato, non so quale somma, ha voluto indietro tutti i soldi perché i suoi cugini gli facevano pressione e mi ha pregato di ridargli i soldi». Politi non spiega di quali cugini si trattasse. Dunque Politi dice di essere rimasto senza soldi perché don Graziano li ha voluti indietro e don Graziano a novembre rompe i patti e chiede la restituzione del denaro anzitempo e non con le comode rate pattuite in precedenza. «Entro domani, entro due giorni mi devi ridare i soldi», sarebbero state le parole proferite dall’ex segretario del vescovo che cominciò a tirare fuori i nomi del boss Luigi Mancuso e di certi cugini di Nicotera.  All’incontro a casa di don De Luca, voluto da don Graziano Maccarone, Roberto Mazzocca dovette portare anche la figlia (su richiesta di don Graziano) ma pensò bene di portare anche due cellulari, «uno per fa vedere che non facevo nulla che ho messo sul tavolo e l’altro l’ho nascosto nella cintura dei pantaloni per registrare». Per quanto riguarda il ruolo di don De Luca, Mazzocca, rispondendo alle domande dell’avvocato Giovanni Vecchio ha affermato che i soldi dati dal sacerdoti non gli sono mai stati chiesti indietro. «Don Graziano mi metteva davanti ai mafiosi, don Nicola mi metteva davanti a una situazione di risanamento del debito», ha spiegato Mazzocca.

La vicenda di Danila

Qualche tempo dopo avere avuto il prestito da don Maccarone, ai primi di novembre, «c’era una messa a Parghelia a cui parteciparono il vescovo e don Graziano. In quell’occasione notai uno sguardo strano, un lampo, non so neanch’io, tra don Graziano e mia figlia», racconta Mazzocca. Rientrando a casa Mazzocca chiede spiegazioni alla ragazza la quale lo rende partecipe di un messaggio di Maccarone: «girati che ti voglio vedere il sedere». Il padre ascolta la spiegazione della figlia, parla dell’anomalia al cervello della ragazza e dice la cosa «mi fa venire il voltastomaco… alla fine è sempre un prete che queste cose non doveva farle e tutto questo è scoppiato nel momento in cui quando io ho interrotto (i contatti, ndr) quando si sarebbero dovuti incontrare in un albergo di pizzo, forse per un aperitivo». Durante l’incontro a casa di don De Luca, quando Maccarone «faceva il nome di mia figlia io troncavo subito il discorso, perché mi fa talmente male e talmente mi fa venire il voltastomaco».

L’aggressione nel 2020

Mazzocca ha denunciato tutto, ha fornito agli inquirenti le prove che poteva fornire. «Ha ricevuto minacce o percosse recentemente?», chiede l’avvocato Gigliotti durante l’udienza.
«La seconda, le percosse. È successo a gennaio 2020. Stavo andando al porto a pescare, avevo la canna in mano. Si è avvicinata un’auto bella, potente e un signore mi ha chiesto di accendere. Io ho poggiato la canna per farlo accendere. L’altro da dietro mi disse “fatti i cazzi tuoi, hai parlato assai” e mi diede un cazzotto spaccandomi gli occhiali e procurandomi una sutura di cinque punti. Quando hanno visto il sangue sono saliti in macchina e sono andati via». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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