Pensavamo che i procedimenti per l’attuazione dell’autonomia differenziata fossero sopiti, e non solo per le problematiche legate alla pandemia da Covid 19 ma per l’irragionevolezza delle proposte di alcuni governatori del nord soprattutto in materia di federalismo fiscale, ma l’audizione del Presidente della Conferenza delle Regioni Fedriga nella Commissione parlamentare per l’attuazione del regionalismo differenziato impone di riprendere il filo della discussione e delle proposte avanzate dalle Regioni del Sud, ed in parte contenute nella legge quadro scritta dall’ex ministro Boccia. Andrà chiarito in modo definitivo l’interpretazione che si vuole dare ai livelli essenziali di prestazioni (Lep), mai attuati ma che, se dovesse riprendere il principio che i territori si tengano quello che producono, continuerebbe a togliere risorse al Sud, accettuando ancor di più le diseguaglianze sociali tra cittadini residenti nel mezzogiorno d’italia e quelli residenti nelle altre regioni, dividendo il paese in due per la qualità dei servizi sanitari, per la scuola, nelle infrastrutture, solo per citare le voci più eclatanti, e cioè il preludio verso una secessione mascherata. Infatti, mentre la spesa pro capite per ogni cittadino continua ad essere differente, le regioni del Nord che spingono per l’accelerazione, anche prima dell’anno 2026, data prevista per l’attuazione del processo del federalismo regionale, chiedono che il finanziamento della sanità, del trasporto pubblico, dell’istruzione venga rideterminato in rapporto al gettito dei tributi Iva e Irpef dei territori regionali. In altre parole, regioni ricche sempre più ricche, regioni povere sempre più povere, perché ognuno si terrà i soldi che incassa ed è facile immaginare la qualità dei nostri servizi già oggi fortemente carenti per le mancate politiche di perequazione, per il grave deficit infrastrutturale non solo in termini di viabilità ma nella realizzazione degli ospedali, delle scuole etc. Come Movimento Officine del Sud, negli ultimi cinque anni, abbiamo elaborato diverse ipotesi di lavoro per cercare di individuare anche tutele normative nell’applicazione del regionalismo differenziato, alcune di queste sono poi state contemplate nella Risoluzione del Consiglio regionale della Calabria, la n.1 del 30 gennaio 2019, approvata all’unanimità, con la quale la Calabria accettava la sfida del federalismo nelle materie dei beni culturali e paesaggistici, dell’ambiente e dell’energia rinnovabile, della protezione e rigenerazione urbana, nella tutela della salute e del turismo, dell’agricoltura, dei rapporti con l’Unione Europea elaborando una Legge regionale (prevista dall’art.121, secondo comma della Costituzione) da sottoporre successivamente all’approvazione diretta dei due rami del Parlamento eliminando quel passaggio, previsto all’epoca, della trattativa diretta regione-governo che non avrebbe visto coinvolta nella decisione finale l’assemblea regionale. Questa iniziativa legislativa diretta era il segno di una nuova consapevolezza della classe dirigente del sud che non vuole vivere di sussidi ma che con orgoglio rivendica diritti usurpati almeno negli ultimi cinquant’anni. Oggi ci sono i fondi di Next Generation Eu, quelli di sviluppo e coesione, quelli previsti per la perequazione infrastrutturale oltre a quelle europei, per cui tutto dipenderà dalla capacità di progettazione e realizzazione delle opere fondamentali per risollevare la nostra regione. Non ci sono più alibi, questa tornata elettorale regionale dovrà far emergere una nuova classe dirigente all’altezza delle sfide che ci attendono, magari supportata da quelle Organizzazioni e Movimenti che si battono con idee e progetti seri, per il riscatto e la rinascita della nostra amata terra.
x
x