LAMEZIA TERME «Questo è un appello-convocazione che non necessita lunghe narrazioni perché ogni cosa che riguarda il nostro malessere di donne consapevoli ci è ben nota. Troppo a lungo l’abbiamo narrato. Così come ci è nota la disposizione misogina, più o meno manifesta di chi, fin qui, si è sentito legittimato alla pratica del potere, dalla politica ad ogni forma di istituzione sociale e culturale. Non ci resta che ricercare nuove strategie» Così in una nota che parte dal Gruppo Ecofemminismo e Sostenibilità, è già condiviso da gruppi, coordinamenti, associazioni vecchie e nuove. L’invito è al primo incontro a Lamezia Terme il 25 e 26 settembre che si pone un «unico e ineludibile obiettivo»: La costruzione di un soggetto politico di donne
«Partiamo dal Sud – si legge nell’appello – che essendo considerato terra di sottosviluppo è, invece, proprio per la sua marginalità, un potenziale crogiolo. Da qui le donne vogliono disvelare l’inganno dello sviluppo, al sud come al Nord, e riproporre nuove alchimie economiche e politiche. Non guardiamolo come un sogno o un’utopia solo perché l’impianto millenario socio-cultura non ci ha previste al potere. Ma non è più tempo, nel rinnovato vigore dell’associazionismo femminista, di fare proposte inascoltate, organizzare incontri, lunghi ragionamenti, documenti e richieste di udienze ai partiti, abbiamo riportato in vita le manifestazioni di piazza che a nulla ci portano se non a una catarsi a fronte delle troppe, tante delusioni, promesse mancate, violenze e discriminazioni. Ci siamo illuse dell’appoggio di donne che abitano inconsapevolmente le istituzioni. Basta. È ormai il tempo della consapevolezza che il nostro disagio di donne, la nostra mancata cittadinanza in economia, lavoro, diritti, scuola e salute, oltre al malessere per l’incuria del mondo, resteranno inascoltati da un sistema che ci impedisce l’azione. Un impianto di potere maschile che ci esclude dai ruoli attivi negli equilibri di potere o che ci offre un emancipazionismo risarcitorio. Allora molte di noi si sono dette che sia tempo di perseguire l’impensato: la costruzione di un nuovo soggetto politico che dia il segno di una forza non più carsica. Potremo così incidere anche sul senso comune di un paese al collasso. Lo sorprenderemo dapprima ostile e perplesso e poi complice. Non fosse altro che per la particolarità e l’eccezionalità del gesto. Pian piano potremo affacciarci in un mondo che è tutto da rifare e approfittare della debolezza della politica e della crisi della qualità della rappresentanza democratica. Sappiamo che è tutto da costruire ma se guardiamo ad altri paesi ci accorgiamo che le donne hanno detto basta, la loro pazienza, come la nostra, è giunta al limite e hanno fatto sentire la loro voce in un modo nuovo. Hanno trovato il modo di agire per non più essere offese e discriminate. Una cosa è certa, e lo sappiamo bene, nulla ci verrà dato se ancora richiesto dai modi e dai tempi da noi fin qui agiti».
La convenzione è un primo passo di una alleanza spostabile, di volta in volta, come luogo fisico, ma stabile, ciclico, come territorio/luogo di riferimento privilegiato per intrecciare relazioni, scambiare e arricchirsi di energie, confrontarsi e costruire progetti. La forma convenzione ci permette di convergere in un centro, partendo e rimanendo intatti i propri luoghi di origine, di significazione, e con le nostre differenze per stabilire un patto, dar forma a un potere come potenza femminile, da far vivere nella politica e nella società.
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