BRESCIA «Tanti soldi e poco sbatti… quella settimana lì poi scappiamo…. Possiamo andare praticamente in vacanza». Svolta nelle indagini sulla morte di Laura Ziliani, la ex vigilessa di Temù, nel Bresciano, svanita nel nulla l’otto maggio scorso e il cui cadavere è stato trovato tra la vegetazione nel paese dell’Alta Vallecamonica il successivo otto agosto. Nella mattinata dle 25 settembre sono state arrestate dai carabinieri di Brescia due delle tre figlie della donna e il fidanzato della maggiore.
Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni, e Mirto Milani, residente quest’ultimo in provincia di Lecco, sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Brescia. Contestati i reati di omicidio volontario, aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, e di occultamento di cadavere. Le indagini, avviate dai militari della Compagnia di Breno, parallelamente alle ricerche, avrebbero evidenziato numerose anomalie nel racconto fornito dai tre arrestati, «inducendo i carabinieri e la Procura a ritenere poco credibile la versione dell’infortunio o del malore in montagna» riferiscono gli inquirenti.
Come riporta il Corriere della Sera, solo dopo che le figlie ne avevano cancellato i contenuti, una scarpa della vittima ritrovata nel bosco dopo che una delle figlie era stata notata passeggiare in zona da un vicino di casa, il cellulare di Laura Ziliani ritrovato nella cantina di casa, una bottiglietta di Bromazepam, un potente ansiolitico che la donna non aveva mai assunto, pieno per un terzo, che può dare problemi respiratori utilizzato dai presunti responsabili per «rendere inoffensiva» la vittima. A procurarselo sarebbe stata la figlia Silvia, fisioterapista a lungo dipendente della Rsa in paese. E secondo gli inquirenti avrebbe anche testato su di sé il dosaggio. Questi sono alcuni degli indizi raccolti dagli inquirenti.
Pochi i dubbi sul movente che parrebbe accomunare le tre persone oggetto dell’ordinanza cautelare: l’interesse verso l’eredità. A 20 giorni dalla scomparsa della madre «in circostanze misteriose», spunta fuori un’intercettazione dove le figlie Silvia e Paola «si congratulavano l’una con l’altra per il denaro che di lì a breve – scrive il gip – avrebbero incassato, così da riuscire a dare l’anticipo per una vettura nuova e probabilmente anche per un viaggio».
«Ma io ho sempre avuto l’impressione che tutti e tre fossero troppo attaccati al denaro — ha detto la madre della vittima, Marisa Cinelli, nonna delle ragazze — Mirto gestisce gli averi della famiglia Zani-Ziliani come fossero i suoi… Lui e sua madre si occupano degli appartamenti di mia figlia, al punto che lei dopo la scomparsa avrebbe contattato qualche affittuaria intimandole di saldare i debiti e di consegnarle la somma di denaro». La nonna ricorda una lite fra sua figlia e Mirto: «Lei mi disse che lui l’aveva accusata di spendere troppi soldi per la ristrutturazione degli appartamenti di via Balardini. Laura rimase basita per il fatto che si era intromesso in questioni familiari non sue… Le mie nipoti avevano ricevuto 40 mila euro di eredità dal padre. Laura aveva chiesto di investirli nella ristrutturazione degli appartamenti da locare».
Mirto Milano, intercettato il 31 maggio, ipotizza che la mamma della sua fidanzata se ne fosse andata volontariamente, per farsi credere morta e scappare dai creditori: «Fai perdere le tue tracce e se tutto il mondo ti crede morta e non ti cerca…» dice in un’intercettazione. Il giovane si riferisce alla possibilità che Laura avesse deciso di dileguarsi per far perdere le proprie tracce ai creditori (che di fatto non esistevano). Pochi giorni prima, il 23, nel letto del torrente Fiumeclo era stata ritrovata una scarpa della vittima. Il tratto sarebbe teoricamente compatibile con il percorso indicato dalle figlie per l’escursione da cui non sarebbe mai rientrata, ma non con la conformazione del corso d’acqua, peraltro già battuto in più occasioni. Avrebbero occultato la sinistra due giorni dopo, Mirto e Paola, partendo appositamente da Brescia, in un boschetto isolato tra le ortiche, ma solo per sbarazzarsene definitivamente. Ma sono finiti nell’occhio curioso — e nel binocolo — di un vicino che, non appena si sono allontanati, insospettito dai loro movimenti quella scarpa è andato a recuperarla.
L’idea di resettare i propri telefoni, in combinato, viene occultata con la «vergogna» per i siti dove si era iscritta Silvia e per la presunta relazione clandestina tra Paola e il fidanzato. Una tesi avanzata dopo quella in base alla quale gli apparecchi erano stati «venduti a un marocchino».
Confutata anche la tesi sull’escursione intrapresa da Laura che di fatto non ci sarebbe mai stata. Tanto che viene dimostrato come la vittima non sarebbe mai uscita dalla casa di montagna. E nessun segno di violenza «meccanica» sul suo corpo, o alterazioni naturali tali da giustificarne il decesso. Che per gli inquirenti non è avvenuto là dove il corpo è stato trovato: «lo stato di conservazione rimanda alla sua provvisoria collocazione in un luogo riparato dagli agenti atmosferici e non ancora conosciuto, che ne ha rallentato il deterioramento, rendendo impossibile sia stata vittima di un evento accidentale».
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