L’odore delle elezioni regionali in Calabria (si vota tra sei giorni!) muove l’appetito di quanti hanno deciso di vivere di politica. Ma, come in tutte le cose di questo mondo, c’è sempre qualche eccezione.
La candidatura della scienziata di Lamezia Terme, Amalia Bruni, accolta con grande interesse, fa sì che il Partito democratico sia l’organizzazione politica cui i calabresi si rivolgono perché siano risolti i tanti problemi di questa terra per darle un futuro. Segno che la maggior parte dei cittadini considera la candidatura di Amalia Bruni tra quelle che hanno maggiori possibilità di successo.
Certo, la lotta politica è vecchia quanto è vecchia la democrazia rappresentativa nel nostro Paese. La differenza col passato è data da quel “quid” che unisce la personalità alla professionalità. Sull’altro piatto della bilancia, invece, stazionano quelli dai giudizi più assimilabili ai calcoli di convenienza. A giudicare da taluni episodi e dagli immancabili accordi, anche questa volta se a vincere sarà la “destra” si profila il ritorno al deprecabile sistema della cooptazione. E ancora una volta a beneficiarne sarà il Presidente facente funzioni, Nino Spirlì, (e forse, come si racconta, anche il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, al quale va riconosciuto l’impegno nel mantenere pulita e attraente la città, innovando i servizi com’è dimostrabile dalla efficienza della funicolare e non solo. Vergogna!) il quale alla domanda se si sente a suo agio nell’occupare un posto in Giunta in quota Lega senza essersi mai candidato così risponde: «Mi sento sempre a mio agio quando sono a posto con la mia coscienza. Una candidatura a consigliere avrebbe imposto uno stop all’attività istituzionale che, invece, sto continuando a svolgere». E, infatti, anche per la prossima legislatura Spirlì è probabile che sia della “partita” grazie agli accordi intercorsi tra Salvini e Roberto Occhiuto se dovesse essere questi il Presidente della Regione.
Le voci dell’ultima ora, intanto, danno la Lega in difficoltà in tutte le regioni nelle quali si vota, compresa la Calabria nella quale, nonostante Salvini abbia deciso di presidiarla nei giorni scorsi percorrendola in lungo e il largo accompagnato dal fedele “Presidente Spirlì”, le previsioni non sono lusinghiere. Si dice, e lo hanno riportato anche i quotidiani, che i maggiorenti veneti del “Carroccio” abbiano preparato un piano per far fuori il “Capitano” dalla segreteria. Insomma “mala tempora currunt” per Salvini!
Secondo i politologi il difficile momento interessa soprattutto gli eredi di Alberto da Giussano per i quali potrebbe determinarsi persino il fallimento del tentativo espansionistico voluto da Salvini anche in Calabria dove ben quattro consiglieri avrebbero deciso già di “scendere dal Carroccio” seguendo l’esempio di alcuni loro colleghi partenopei. I politologi parlano addirittura di fallimento del tentativo della Lega di espandersi nel Mezzogiorno del Paese.
Non ce ne voglia Spirlì ma, a parte queste considerazioni, farebbe bene a ricordarsi cosa ha detto Giorgia Meloni nel suo recente comizio a Catanzaro; riferendosi alle possibili cooptazioni alla Regione, ha detto con chiarezza e determinazione che il suo partito si opporrà. Converrà, presidente Spirlì, interessi personali a parte, che l’on. Meloni non ha torto. E non ce l’ha soprattutto se si considera che è comodo per chiunque evitare il responso popolare, bypassando le urne. Tanto si sa che non è questo il solo modo di intendere la politica; c’è anche quel “mondo” che guarda altrove, che studia come garantirsi un “posto al sole”, scegliendo lo schieramento che gli offre più possibilità per ottenere comodi ritorni. È un retaggio vecchio ma sempre attuale, ordito sulla pelle dei calabresi la cui considerazione, ammesso che ci sia, finisce un minuto dopo la chiusura dei seggi elettorali. È il sistema della politica della convenienza che ha soppiantato quella degli ideali e, quindi, il consenso basato sull’onestà intellettuale.
Un concetto che fu di Enrico Berlinguer: «La mancanza di una cultura condivisa è il risultato di quando l’interesse individuale prevale su quello collettivo. La presenza di “transfughi” privi di idee politiche concorre ad acuire l’indebolimento della politica stessa, perché non mira a migliorare i livelli di convivenza, ma rischia di indebolire i partiti e la fiducia residua nelle istituzioni democratiche».
Parole? Può darsi. Rimane tuttavia il fatto che in politica continua a prevalere l’idea che essa sia riservata prevalentemente ai “cognomi” che si tramandano il potere come fosse una monarchia. La speranza per un cambiamento è che i nomi si scelgano in base alle competenze di ciascuno. Sarebbe, comunque, già un passo in avanti.
Facile immaginare quanta credibilità possano avere queste parole nella valutazione di chi, per convinzione o per chissà quale altro motivo, ritiene che gli ideali finiscono là dove comincia l’interesse personale. Per esempio: essere eletti in Consiglio regionale per garantirsi uno stipendio che in Calabria è il più alto del Paese, a dispetto dei calabresi, molti dei quali vivono di stenti nella regione più povera d’Italia.
*giornalista
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