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processo “eyphemos”

Siclari: «La dignità e la verità valgono più di una sentenza»

Il senatore commenta la condanna nell’abbreviato e annuncia impugnazione: «Avanti per avere una pronuncia giusta». Bernini: «Fiducia nell’innocenza»

Pubblicato il: 28/09/2021 – 20:13
Siclari: «La dignità e la verità valgono più di una sentenza»

REGGIO CALABRIA «La dignità e la verità valgono più di una sentenza. Condannato per non aver commesso il fatto». Così su facebook il senatore Marco Siclari che commenta la pronuncia del gup di Reggio Calabria nel rito abbreviato del processo scaturito dall’inchiesta “Eyphemos”. Sono state in tutto 21 le condanne e 3 le assoluzioni (QUI IL DISPOSITIVO).
«Per dovere istituzionale e per trasparenza verso gli elettori ed il Senato della Repubblica, – aggiunge Siclari, che a caldo non aveva rilasciato dichiarazioni – interrompo il rispettoso silenzio per le notizie totalmente fuorvianti che sono riportate su alcuni articoli dell’ultima ora. Io non racconto una “mia storia”, ma rendo giustizia alla verità pubblicando sul mio sito l’ordinanza del gip e la difesa (provata) per ogni opportuna valutazione dei cittadini. Non ho nulla da nascondere. Ho provato sulla mia pelle ciò che non credevo, cioè come si potesse nel nostro Paese condannare un cittadino onesto ed totalmente estraneo ai fatti contestati, in questo caso anche espressione della democrazia rappresentativa, membro della più alta camera della Repubblica Italiana, senza alcuna prova e senza alcun indizio come dimostrano le 1054 pagine di indagini della stessa Procura effettuate dopo la firma dell’ordinanza (le 1054 pagine saranno pubblicate nei prossimi giorni)».

«Nessun contatto con soggetti oggi “non mafiosi”»

«Il pm nell’ordinanza – aggiunge il senatore – mi accusa di aver vinto l’unico collegio del Sud, come centrodestra, contro il candidato del Movimento Cinque Stelle, cosa che non poteva non accadere, secondo l’accusa, se non per il tramite dei voti mafiosi considerando che siamo a Reggio Calabria. Ma, cosa molto grave, e che il pm non tiene conto che il candidato del M5S è stato espulso dal movimento stesso 18 giorni prima del voto (espulso il 15 febbraio 2018 per non aver dichiarato di aver fatto parte della massoneria come riporta la stampa nazionale). Ho atteso in prima persona, in un aula del tribunale dove non ero mai entrato prima d’ora, la sentenza del giudice. Mi chiedo ogni giorno da 578 giorni perché mai avrei dovuto “sperare” in un giudizio positivo sapendo di non aver commesso il fatto, sapendo che la Procura ha commesso un grave errore di valutazione elettorale, sapendo che le celle dei cellulari come dalle indagini della stessa Procura non si sono mai incrociati tra me e l’indagato, sapendo come accertato dalla Ctu effettuata dalla stessa Procura di Reggio Calabria sul cellulare e sul tablet sequestrato dell’indagato, che non ho mai avuto alcun contatto, né diretto né indiretto, con un “soggetto” fino ad oggi “non mafioso” e del quale mi contestano che un giorno è entrato nella segreteria elettorale (4 giorni prima de voto, 28 febbraio 2018) accompagnato dal Presidente del Sindacato dei Medici di Medicina Generale di Reggio Calabria e nel quale incontro (non provato) secondo il pm, avrei fatto un patto mafioso perché quei due signori (fino ad oggi non mafiosi) sono rimasti dentro la segreteria per un tempo pari a 40 minuti.
L’accusa sostiene che quel “soggetto”, segretario dell’Udeur prima e dell’Udc dopo a Sant’Eufemia d’Aspromonte (come scrive il Giudice del Tribunale di Palmi), avrebbe portato “per deduzione” i voti di un clan.
Dalle intercettazioni, invece, risulta che quel “soggetto” avrebbe chiesto un solo voto per Forza Italia ad un’altra donna, sua amica e proprietaria di un bar. Io non ero nemmeno candidato in Forza Italia, ma ero espressione di tutti i partiti della coalizione. Il vantaggio, secondo l’accusa, che avrei apportato al clan (potentissimo secondo il pm) sarebbe il trasferimento di una dipendente di Poste Italiane. Trasferimento smentito dagli stessi dirigenti e funzionari di Poste Italiane, che sono stati oggetto di indagine come provato dalle Sit e dalle intercettazioni effettuati dalla stessa Procura».

«Andrò avanti per avere una sentenza giusta»

«Andrò avanti fino alla fine per aver una sentenza giusta. – aggiunge Siclari – In attesa delle motivazioni, mi dispiace intanto prendere atto, da Uomo dello Stato, che il dispositivo della sentenza non rispecchia quello che emerge evidentemente dagli atti. Sono certo che il grado di Appello renderà giustizia e rispetterà le evidenze probatorie circa la mia estraneità dai fatti contestati. Andrò avanti a testa alta più di prima, perché so di non aver agito mai nell’illegalità. Il mio pensiero, in questo momento va alla sofferenza dei miei cari e della mia famiglia. Ai miei concittadini dico: “Un’ingiustizia fatta in un luogo è un’ingiustizia fatta in ogni luogo” e tocca ciascuno di noi nella nostra onesta e integrità. Ho scelto l’abbreviato perché credevo in uno Stato di Diritto. Vi abbraccio con tutto me stesso e ringrazio tutti dal profondo de mio cuore per la vicinanza che mi state dimostrando».

I legali: «Sentenza violenta, faremo appello»

«La sentenza ci ha lasciato esterrefatti per la sua violenza». Lo afferma l’avvocato Gianluca Tognozzi, difensore del senatore di Forza Italia Marco Siclari.
«Abbiamo scelto il giudizio abbreviato – prosegue il legale – proprio perché l’intera indagine vola sopra la testa del senatore Siclari senza che ci sia alcuna prova diretta nei suoi confronti, solo deduzioni scomposte e disordinate. Aspettiamo le motivazioni per capire, speriamo, il ragionamento del giudice e poi ci confronteremo con la sentenza nel giudizio di appello».

La solidarietà della capogruppo in senato Bernini

«Solidarietà e vicinanza al senatore Marco Siclari, condannato in primo grado per scambio elettorale politico mafioso. Sono certa che nei successivi gradi di giudizio verrà riconosciuta la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati. Quella di oggi è una sentenza che lascia sconcertati sia per la estrema vaghezza del quadro accusatorio, sia per una condanna addirittura superiore alle richieste della pubblica accusa. La verità emergerà, come già accaduto in altri processi viziati dal pregiudizio politico. Sono, unitamente ai senatori di Forza Italia, vicina a Marco e alla sua famiglia, riconfermandogli la mia piena fiducia». Lo dichiara in una nota la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini.

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