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La riflessione

«Infortuni sul lavoro: problema di prevenzione o assenza di controlli?»

Mentre si assiste all’ennesimo infortunio sul lavoro e all’apertura di una nuova inchiesta per accertarne le cause, è doveroso chiedersi se, al di là delle parole di cordoglio formali da parte deg…

Pubblicato il: 30/09/2021 – 16:40
di Giusy Raffaele
«Infortuni sul lavoro: problema di prevenzione o assenza di controlli?»

Mentre si assiste all’ennesimo infortunio sul lavoro e all’apertura di una nuova inchiesta per accertarne le cause, è doveroso chiedersi se, al di là delle parole di cordoglio formali da parte degli organi di Governo, non ci sia un disinteresse (spero inconsapevole!) da parte di chi deve vigilare sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e di tutti quei prodotti che ogni giorno polverizzano la vita di persone innocenti.
Persone a cui nessuno regala niente, che non conoscono privilegi di sorta, i famosi ultimi protagonisti della commedia drammatica di Massimiliano Bruno, intrappolati loro malgrado in un tunnel pericolante fatto di lavori usuranti e precari, pagati con stipendi imbarazzanti.
E mentre il presidente dell’Inail dichiara «di poter ricoprire un ruolo attivo nella definizione di un Piano straordinario che vada ad analizzare le cause che provocano gli incidenti mortali, tenendo in considerazione le peculiarità di ogni settore produttivo e i rischi presenti nelle diverse attività», i primi sette mesi del 2021 registrano 677 incidenti mortali e 312.762 denunce di infortuni.
Alla faccia del Piano straordinario! Al momento una banca dati centrale sugli infortuni sul lavoro non esiste. Le funzioni di vigilanza in tema di sicurezza e controlli esercitate dal Ministero del Lavoro, Inps e Inail e accorpate nell’Ispettorato nazionale del lavoro sono ferme ancora sulla carta. Motivo? Mancanza di norme che regolano il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail (come ad esempio la creazione di un’unica banca dati) e problemi di raccordo con le 100 Asl territoriali, che materialmente svolgono i controlli e rispondono alle Regioni, ognuna con un proprio orientamento politico.
Se a questo si aggiunge che le Asl non dispongono di una banca dati comune con Inps e Inail, il rischio che si possano verificare duplicazioni di lavoro è molto alto. Sotto il profilo, invece, della sicurezza dei prodotti ad uso professionale, dando uno sguardo alla piattaforma della Commissione europea, che raccoglie le denunce dei vari stati membri sui prodotti pericolosi, e gestita a livello centrale in Italia dal ministero dello Sviluppo economico, si trovano dal 2010 ad oggi solo 24 dispositivi di protezione individuale (strumenti e attrezzature destinati ad essere indossati  dal lavoratore per proteggerlo dai rischi che lo svolgimento di determinate attività comportano) e 5 macchinari, di cui è stata accertata la pericolosità. Dei 24 dispositivi presenti 23 sono mascherine FFP2 o KN95 utilizzate per l’emergenza epidemiologica. Non vi è alcuna traccia di denunce su dispositivi per la protezione del viso, del capo, degli occhi o contro potenziali rischi meccanici, utilizzati sul posto di lavoro a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore. Quindi dobbiamo credere che i prodotti professionali commercializzati nel nostro Paese sono tutti sicuri o magari c’è una sorta di “latitanza” da parte della pubblica amministrazione competente a voler denunciare la presunta pericolosità di questi prodotti?

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