CATANZARO «Sono tornata in Calabria per battere i clan, una scelta difficile ma sentivo un senso di responsabilità verso la mia terra». Lo dice, in un’intervista pubblicata da Settecorriere.it, Annamaria Frustaci 43 anni, originaria di sant’Andrea Apostolo dello Ionio, ora pm nel maxiprocesso contro la ‘ndrangheta Rinascita Scott. Nel 2012, ha scelto di tornare nella terra natia, dopo un periodo vissuto al Nord, ed è stata assegnata alla procura di Reggio Calabria. Qui per la prima volta ha cominciato a lavorare con uno dei punti di riferimento della magistratura italiana, Nicola Gratteri. Lavorano insieme da circa dieci anni e da due Frustaci vive sotto scorta per il processo alla `ndrina Soriano di Filandari, all’interno dell’inchiesta Rinascita-Scott. «Avevo quattordici anni nel 1992, quando le stragi di Capaci e di via D’Amelio sconvolsero l’Italia intera e dentro di me in quel momento è scattata una profonda ammirazione per il loro impegno di giustizia e la passione per questo lavoro. Non erano magistrati che pensavano alla loro fama, ma erano veri e propri esempi da seguire, e io volevo seguirli. Anche se la strada che percorrevano, proprio come oggi quella di Gratteri, era una strada pericolosa». Spiega così la sua scelta di diventare un magistrato in prima linea contro la criminalità organizzata e racconta: «Grazie a Gherardo Colombo che venne in visita al liceo classico Galluppi di Catanzaro, per presentare un suo libro sulla legalità, l’uomo di Mani Pulite, ho capito di voler studiare legge e mi ha cambiato la mia vita». Erano gli anni in cui si sentiva parlare di magistratura in un certo modo, c’erano figure di primo piano nello scenario italiano «c’era l’idea che fare il magistrato – dice – fosse un modo per incidere positivamente sulla realtà, per cambiare davvero le cose». Frustaci dopo il diploma si è trasferita a Pisa per studiare alla facoltà di Giurisprudenza grazie alle borse di studio. Un esempio di tenacia e determinazione Annamaria Frustaci, che diventa presto la più giovane laureata del suo corso con il massimo dei voti. La formazione in Toscana è stata fondamentale «una scelta ragionevole» spiega il magistrato, «solo quando vedi oltre il tuo naso puoi ritornare e capire ciò che non va, per poter cambiare le cose».
Secondo il pm i clan si possono sconfiggere anche scegliendo le battaglie giuste da combattere e propone l’esempio dell’inchiesta Mala Sanitas. «Un’indagine – commenta – che nel 2019 ha portato a pesanti condanne per medici e ostetriche di alcuni reparti dell’ospedale Riuniti di Reggio Calabria. La regione ha una sanità disastrata – continua sul tema Frustaci – commissariata, fanalino di coda in Italia per Lea, i livelli essenziali di assistenza , e diversi nosocomi chiusi per infiltrazioni criminali o per mala gestione, – e aggiunge – la Asp di Reggio Calabria sciolta per mafia nel 2019. Soprattutto dopo la pandemiia, questi sono i mali che ogni cittadino vede e tocca ogni giorno, the possono forse portare a ribellarsi contro il sistema criminale che soffoca ogni possibilità di rinascita» Per il pm per stanare il potere criminale bisogna toccare toccare in modo diretto determinati temi, fulcro del dominio mafioso su questa terra «il diritto al lavoro e quello alla salute in primo luogo. Da qui si parte per sconfiggere le mafie».
Da tempo vive sotto scorta e sull’argomento non può fare a meno di riportare un commento frequente di chi considera la sua condizione di magistrato sotto protezione quasi un privilegio «noi, con i nostri soldi, a questa qui dobbiamo pagare la tutela». A quest’affermazione frustaci risponde che «i cittadini calabresi sono costretti da tempo a sobbarcarsi i costi della ‘ndrangheta». Inoltre la sua condizione personale come quella degli altri magistrati che finiscono sotto scorta per il loro lavoro che svolgono, è delicata perché non riguarda solo la loro persona «ho paura – confessa Frustaci -per le persone che mi stanno vicino ma continuo – conclude – a fare esattamente quello che ho scelto. Si può sempre scegliere anche se il personale da pagare è alto».
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