COSENZA È una storia di «riscatto, rispetto e speciale riconoscenza» quella di Sadia Diaby, Madi Minougouy e Adama Traore, arrivati in Italia su un barcone quando erano minorenni. Oggi i tre ragazzi senegalesi sono gli allievi speciali di Umile Trausi, artigiano e commerciante del centro storico di Cosenza, ad un passo dalla Cattedrale.
I tre giovani di fede musulmana – racconta Vanity Fair – sono alle prese con il Corpo di Cristo. Hanno costituito una cooperativa che, oltre a produrre pasta artigianale, si occuperà proprio di realizzare e commercializzare ostie. «Sì, sono musulmano, ma non ho nessun problema a fare questo lavoro», racconta Madi, 20 anni: «Anzi, lo vivo come un’occasione per ringraziare la religione del vostro Paese, il Paese che ci ha accolto». Nel 2017, ha lasciato la famiglia e la sua vita da studente di Economia nella città di Abidjan, capitale economica della Costa d’Avorio, e con un paio di amici si è diretto verso la Libia per fare il grande salto verso l’Europa. «Non eravamo poveri e neanche ricchi. Sono partito – dice ancora a Vanity Fair – perché avevo voglia di libertà e di nuove opportunità. Il viaggio sul barcone è andato liscio, siamo sbarcati a Catania, ma in Libia ho avuto paura. Brutti ricordi, voglio cancellarli. Nessuno quando parte sa che cosa lo aspetta in Libia». Dopo il passaggio da tre centri di accoglienza in Sicilia, dopo aver frequentato un corso per addetto alla produzione di pasta fresca artigianale alla Casa di Ismaele di Rogliano, a un’ora da Cosenza, Madi si prepara a una nuova vita.
«Il supermercato dove ho fatto un tirocinio mi ha proposto l’assunzione stabile, ma io sono concentratissimo sul progetto del pastificio e delle ostie. Se sono venuto in Italia è per fare qualcosa in cui credo, per realizzarmi come imprenditore».
Sadia e Adama, entrambi senegalesi, anche loro musulmani, e sono tutti entusiasti – riporta la rivista – di riuscire a tenere in piedi la cooperativa riportando alla luce la tradizione delle ostie artigianali, forti di una piccola indagine di mercato secondo la quale, nella novanta parrocchie della diocesi di Cosenza, si fanno diecimila comunioni al giorno.
«C’è una grande concorrenza sulle ostie – dice l’artigiano calabrese – ma anche una grande richiesta. Un tempo questa produzione era gestita da una congregazione di suore nata proprio per questo scopo, e in ogni diocesi c’era un laboratorio. Poi, con la crisi delle vocazioni, il mercato è cambiato. È arrivata la grande industria che le esporta in tutto il mondo, ma c’è spazio per un prodotto di nicchia e di qualità, fatto con farine artigianali e con il valore aggiunto di tre ragazzi musulmani disponibili a realizzare il simbolo della religione cristiana. Partiamo già forti di un collegamento stretto con la diocesi di Cosenza che ci permette la distribuzione di ostie in tutto il suo territorio. Con mia moglie lavoravamo anche di notte, un mestolo dopo l’altro, per soddisfare la richiesta. Poi ci siamo stancati, sono arrivate le ostie industriali, dove da una parte metti il sacco di farina e dall’altra ti vengono fuori le buste già chiuse. Arrivano dalla Polonia, ma sono un’altra cosa rispetto a quelle artigianali».
(foto: Vanity Fair)
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