«La Repubblica Italiana è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione». Art. 114
Secondo la nostra Costituzione, l’Italia è una repubblica una ed indivisibile ma, sotto il profilo amministrativo, è divisa in regioni, province e comuni.
Proprio i comuni hanno avuto una importanza fondamentale nella storia del nostro paese.
Il fenomeno dei comuni si sviluppa nel medioevo, intorno all’XI secolo, nel contesto di quella che gli storici chiamano “rinascita” dell’anno mille, quando con l’aumento demografico le vecchie città di origine romana iniziarono a riorganizzarsi e i piccoli proprietari terrieri preferirono abbandonare le campagne per affrancarsi dagli oneri feudali.
“La città rende liberi” era la convinzione corrente che indusse ad urbanizzare questi centri di nuova formazione, in cui si svilupparono nuovi mestieri, nuove categorie sociali, in cui nacque la borghesia, destinata a diventare la protagonista assoluta di questa nuova realtà.
Inizialmente il Comune era un ente “privato”, fatto di persone che esercitavano lo stesso mestiere e che si univano ed organizzavano in associazioni per difendere i loro interessi “comuni”.
Il Comune come lo intendiamo oggi nasce nel momento in cui queste associazioni iniziarono ad ampliare la loro rappresentatività e ad esprimere e difendere indistintamente gli interessi di tutti i cittadini, e non solo di una categoria.
La nascita dei Comuni mette dunque in crisi il sistema feudale. Queste nuove città-stato iniziarono ad organizzarsi autonomamente secondo nuovi modelli istituzionali destinati ad evolversi nel tempo.
Nel medioevo si parla di autonomia, mai di indipendenza. Nessuno mette in discussione l’esistenza dei poteri universali (Papato e Impero), gli unici che possono legittimare l’esercizio di qualsiasi altro potere, compreso quello dei comuni. Soprattutto i grandi comuni si amplieranno conquistando il territorio circostante e i paesi vicini, si trasformeranno in Signorie e, con il riconoscimento imperiale o papale, in Principati.
Tutto ciò generò e alimentò lotte continue per assicurarsi il potere. Ma in questo periodo storico fioriscono anche città importanti. E le cattedrali, le piazze, i palazzi del governo, i grandi parchi che ancora oggi ammiriamo sono il prodotto di questo periodo così fiorente.
Solo nella Costituzione Repubblicana del 900 compaiono le Regioni e le città metropolitane, ma sono sempre i comuni così come ha recentemente sottolineato il Presidente Draghi ad avere un ruolo fondamentale nella crescita del nostro paese, perché in ultima analisi sono i Comuni e, quindi, i Sindaci a dover realizzare concretamente quanto viene progettato per rinnovare e modernizzare il nostro paese; a patto, ovviamente, che a governarne i processi del cambiamento siano persone oneste, perbene, competenti e votate al raggiungimento del bene comune.
Oggi si vota nel Paese per rinnovare il Consiglio regionale della Calabria e in 1.342 Comuni per l’elezione dei Sindaci e dei Consigli comunali.
Il voto di oggi è un voto importante.
Viviamo purtroppo un momento di profonda crisi e sfiducia generalizzata, in cui l’anti politica è sentimento diffuso e dilagante. E in questo contesto, l’assenteismo alle urne, fenomeno di per sé preoccupante perché rivelatore di disinteresse e sfiducia, rischia di compromettere la democrazia e quella rappresentatività che il voto libero dovrebbe esprimere e garantire. Votare è un diritto ma anche un dovere civico. Votare bene è un imperativo categorico della coscienza.
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