LAMEZIA TERME Ha preso il via nell’aula bunker di Lamezia Terme l’udienza preliminare del procedimento denominato “Petrolmafie”, istruito dalla Dda di Catanzaro contro presunti illeciti perpetrati dalle cosche del vibonese e loro sodali nell’affare degli idrocarburi. Sono 85 gli imputati che rischiano il rinvio a giudizio.
L’inchiesta è incentrata sulle figure di taluni imprenditori vibonesi, i D’Amico, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca Mancuso di Limbadi, nonché collegati alle articolazioni ‘ndranghetistiche sia della Provincia di Vibo Valentia (Bonavota di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, Anello di Filadelfia e Piscopisani) che del “reggino” (cosca Piromalli, cosca Italiano di Delianuova, cosca Pelle di San Luca).
Oggi hanno depositato richiesta di costituirsi parte civile i comuni di Limbadi e Sant’Onofrio, la Provincia di Vibo Valentia, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’Agenzia delle entrate, la Regione Calabria. Tra i privati ha chiesto di costituirsi parte civile e la Cooper Po. Ro. Edile, vittima di estorsione da parte di Anello Francescantonio, Barbieri Giuseppe, D’amico Giuseppe, Fiare’ Filippo, Gallone Pasquale, Giofre’ Gregorio, Mancuso Luigi, Prestanicola Daniele, Ruccella Giuseppe e Tedesco Francescantonio. Secondo l’accusa, la ditta sarebbe stata costretta a rivolgersi agli esponenti apicali della cosca Mancuso al fine di ricevere direttive per “lavorare in tranquillità” e ad avvalersi, per i lavori di realizzazione del complesso Parrocchiale di Pizzo “Risurrezione di Gesù” (commissionato dalla Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, per un importo complessivo di 4.579.654,22 euro), delle imprese imposte dalle cosche Mancuso, Bonavota e Anello.
Tra gli imputati compare il nome di Salvatore Solano, presidente della Provincia di Vibo Valentia e sindaco di Stefanaconi, accusato di corruzione, scambio elettorale politico-mafioso e turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa. Secondo la Dda avrebbe stretto un accordo con il cugino Giuseppe D’Amico (in carcere con l’accusa di associazione mafiosa) sia per essere eletto nelle elezioni del 2018 (in una coalizione sostenuta da Forza Italia) con metodi intimidatori nei confronti degli elettori, sia per affidare alla ditta dello stesso D’Amico appalti per la bitumazione delle strade in maniera illecita e con materiale scadente. Gli imputati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita.
L’udienza proseguirà il prossimo 11 ottobre. È prevista la decisione del gup Matteo Ferrante sulle costituzioni di parte civile, le scelte del rito e la requisitoria dell’accusa. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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