REGGIO CALABRIA Minuziosi e ripetuti sopralluoghi per studiare le abitudini della vittima, adottando documenti falsi e una serie di accorgimenti per impedire la propria identificazione, monitoraggio anche ai fratelli dell’obiettivo e, per ultimo, tentativi di contatto sul web tramite falsi account. È quello che hanno fatto, secondo le Dda di Ancona e Reggio Calabria, le persone fermate stamani dai carabinieri del Ros ritenute responsabili dell’omicidio di Marcello Bruzzese, ucciso il 25 dicembre 2018 a Pesaro dove viveva in località protetta essendo fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese. Due i provvedimenti di fermo emessi dalle Procure nei confronti di 4 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, porto e detenzione illegale di armi, reati questi ultimi aggravati dall’aver commesso i fatti al fine di agevolare la ‘ndrangheta.
Le indagini sono state avviate dalla Dda di Ancona dopo l’omicidio di Bruzzese. Il fratello Girolamo un tempo era organico alla cosca Crea di Rizziconi dalla quale si era dissociato nel 2003 dopo aver attentato, nell’ottobre dello stesso anno, alla vita del boss Teodoro Crea. Le indagini dei carabinieri del Ros hanno consentito di identificare Michelangelo Tripodi che, assieme ad altri due indagati, Rocco Versace e Francesco Candiloro, fermati dalla Dda di Ancona, è ritenuto uno degli organizzatori ed esecutori materiali del delitto Bruzzese. Rocco Versace, di 54 anni, è invece l’organizzatore che avrebbe aiutato nella pianificazione del delitto e partecipato ai sopralluoghi. Le indagini a Reggio Calabria sono state coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal pm Francesco Ponzetta. I pm reggini, in sinergia e raccordo operativo con la Dda di Ancona, hanno completato il quadro ricostruttivo in quanto collocano Michelangelo Tripodi nel contesto mafioso calabrese. Raggiunto dal fermo della Dda di Reggio, l’indagato è ritenuto uomo di fiducia di Domenico Crea di 39 anni, esponente di vertice della cosca di Rizziconi. L’altro fermato dalla Procura di Reggio è Vincenzo Larosa.
Secondo gli inquirenti, i fermati stavano pianificando più omicidi nell’interesse di Domenico Crea, anche come ritorsione per la sentenza emessa il 12 dicembre 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria che ha condannato il boss Teodoro Crea, il figlio Giuseppe e Antonio Crea.
Nelle intercettazioni si fa riferimento a progetti di attentati con il bazooka o con esplosivo che sarebbe servito per far saltare in aria un’auto blindata.
L’omicidio Bruzzese, secondo i pm, è stata una vendetta trasversale, a distanza di 15 anni, della cosca per la decisione assunta da Girolamo Crea di collaborare con la giustizia nel 2003 e così facendo la cosca voleva dimostrare la sua operatività e capacità di intimidazione per scoraggiare ulteriori collaborazioni.
Contestualmente alle Procure di Reggio e Ancona, la Dda di Brescia ha emesso altri provvedimenti precautelari che riguardano lo stesso contesto investigativo. I tre uffici giudiziari sono stati coordinati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
x
x