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La politica in Calabria è una scatola chiusa

La “rivoluzione” civica non sfonda il muro dell’astensionismo. Il centrodestra vincente si interroga sulla «fiducia da riconquistare». Il centrosinistra ammette che i cittadini «hanno altro a cui p…

Pubblicato il: 05/10/2021 – 6:55
di Pablo Petrasso
La politica in Calabria è una scatola chiusa

LAMEZIA TERME Lo sguardo e il tono di Luigi de Magistris dicono tutto. L’ormai ex sindaco di Napoli ha declinato il proprio messaggio politico nel segno della “rivoluzione” in decine di piazze calabresi. Quel messaggio – si può dire, ora che il dato è cristallizzato e l’ex pm si attesta intorno al 16% – non è passato. Dal suo punto di vista «la voglia di riscatto contro il ricatto non è stata forse colta dalla maggioranza degli elettori». Un commento dettato dalla delusione per non aver fatto breccia nel mare degli astenuti, vero mistero (anche numerico) di una fase politica che ormai dura da più di dieci anni. Se il non voto è un muro, la politica calabrese è diventata una scatola chiusa.

Una premessa sugli astenuti: tanti ma non tantissimi

Premessa necessaria all’analisi: i numeri dell’astensionismo vanno probabilmente ridimensionati. Nella quota teorica degli elettori calabresi, circa 1 milione 893mila, sono conteggiati anche gli elettori residenti all’estero, poco meno di 380mila. Per le Regionali gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero non possono votare per corrispondenza: dovrebbero rientrare in Calabria per esercitare il proprio diritto. Lo fanno in pochi(ssimi). E sulla quota degli astenuti incide anche il numero dei giovani che si trovano fuori sede per motivi di studio. Insomma, è vero che il 56% dei calabresi non vota, ma buona parte di essi risiede all’estero o studia fuori regione, con difficoltà oggettive di rientrare. 

De Magistris non ha aperto la scatola

Il dato rimane: in Calabria si vota poco (ma non pochissimo come vorrebbe un’interpretazione frettolosa dei dati). I numeri delle ultime due tornate ravvicinate evidenziano un dettaglio: votano sempre gli stessi. Semplificazione, certo, ma confortata da un numero: nel gennaio 2020 votò il 44,33% degli aventi diritto; il 3 e 4 ottobre scorsi il 44,36%. Cifre sostanzialmente identiche. Per tornare a de Magistris: la “rivoluzione” ha rosicchiato consensi all’interno della scatola (politica) chiusa. Ha divorato quasi tutti i voti del suo iniziale compagno d’avventura Carlo Tansi (succede, quando si può scegliere tra l’originale e una copia sbiadita); ha eroso una quota dell’originario ribellismo Cinquestelle; ha rosicchiato qualcosa al Partito democratico e non ha risvegliato la sinistra (Un’altra Calabria è possibile e Calabria resistente e solidale non arrivano, sommate, al 4%). Anche qui siamo difronte a una semplificazione: saranno i docenti dell’Unical a raccontarci i flussi elettorali nei giorni a venire, a risultato acquisito. 

Una platea fissa di votanti e la «fiducia da riconquistare»

In un quadro di certezze consolidate, appare granitico il fronte del centrodestra. Che propone a una platea fissa di elettori un’offerta politica simile a quella della scorsa tornata. Le novità ci sono, ma spesso sono declinate nell’ambito familiare (la famiglia Gentile propone il rinnovamento generazionale tra lo storico consigliere Pino e la figlia Katya, ma è soltanto un esempio). Il risultato premia la strategia. Ma il nodo dell’astensionismo non è stato eluso neppure nello schieramento vincente. Occhiuto ha parlato fin dalle prime ore di «fiducia da riconquistare» come primo punto della propria agenda politica. Salvini, dal canto suo, soffre un calo di consensi del 4% che non potrà non aprire una riflessione sul ruolo dell’ex governatore reggente Nino Spirlì. Per adesso non nasconde il problema del “non voto”: «Concediamoci solo una notte di festeggiamenti – dice –, poi iniziamo a riflettere su come riavvicinare i calabresi alla politica». 

«Politica? I calabresi hanno altro a cui pensare»

O piuttosto riavvicinare la politica ai calabresi. Che, per dirla con Amalia Bruni, hanno «la testa occupata da gravi situazioni economiche, dal lavoro che manca e dalla sicurezza delle famiglie che è ormai venuta meno». Nella prima analisi a caldo, la ricercatrice che ha portato le insegne del centrosinistra ha incluso le conseguenza della crisi Covid nella riflessione sul non voto. L’astensionismo sarebbe anche «la rappresentazione di una collettività che soffre molto, che sta male, che non è proprio più disponibile a un pensiero politico» perché ha, banalmente, altre priorità, altro a cui pensare. Il dato, però, rimane. E fa della Calabria una questione nazionale su più livelli. Per le sue emergenze storiche, per il gap che la separa dal resto del Paese. E per questa caratteristica da affidare alla scienza politica: votano sempre gli stessi e, a volte, si trovano a scegliere tra le stesse facce. Su questo quadro che pare impermeabile, immutabile, tutti sono chiamati a interrogarsi. Anche i vincitori. (p.petrasso@corrierecal.it)

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