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l’incontro

“Opera” compie un anno, Edoardo Tresoldi incontra gli studenti della Mediterranea – FOTO

L’artista e scultore torna a Reggio dopo il successo dell’installazione donata alla città. «È una ferita di bellezza e momento di denuncia»

Pubblicato il: 14/10/2021 – 12:35
di Francesco Donnici
“Opera” compie un anno, Edoardo Tresoldi incontra gli studenti della Mediterranea – FOTO

REGGIO CALABRIA «Modificare uno spazio pubblico è sempre una grande responsabilità». Era settembre 2020 quando il giovane “artista della materia assente”, Edoardo Tresoldi, donava alla città dello Stretto la sua “Opera”. L’installazione permanente in rete metallica – composizione tipica delle opere di Tresoldi – composta in tutto da 46 colonne, veniva posta all’estremità del lungomare Falcomatà, che lo stesso scultore originario del Milanese aveva definito «il cuore dell’Agorà cittadina», per diventare parte integrante della vita reggina e nuovo biglietto da visita per gli osservatori esterni.
A poco più di un anno di distanza, Tresoldi torna in Calabria dicendosi «molto emozionato» nel raccogliere le testimonianze della città e in particolar modo degli studenti dei corsi di Architettura e Design dell’Università “Mediterranea”, che lo attendono in gran numero nell’Aula Magna “Quaroni”. L’iniziativa che prevede in tutto una due giorni di incontri, è co-gestita tra l’Ateneo e l’Accademia delle Belle Arti di Reggio.
L’incontro odierno mattutino rappresenta anche qualcosa in più, come spiega il rettore Santo Marcello Zimbone: «Il ritorno alla normalità può dirsi ampiamente avvenuto». Gli studenti occupano quasi tutti i posti a sedere nell’Aula Magna, vigono le opportune restrizioni e rinnovate regole di convivenza: mascherine e soprattutto controllo dei Green Pass all’entrata. «L’organizzazione che ci siamo dati – aggiunge il rettore – sta funzionando molto bene. Non ho rilevato problemi particolari. Gli studenti stanno frequentando, gran parte dotata del Green Pass». Questo ha permesso alle aule di tornare a riempirsi. «Solo quei pochi che hanno problemi a spostarsi stanno usufruendo dei servizi a distanza».

Tresoldi: «Dopo un anno l’opera si è inserita nella vita della città»

Edoardo Tresoldi, artista e scultore. Università “Mediterranea” di Reggio Calabria. Ottobre 2021

Nel suo portfolio, Tresoldi descrive l’opera promossa e commissionata da Comune e Città Metropolitana di Reggio Calabria come «uno spazio per far entrare in simbiosi la comunità con il luogo». La cornice è lo Stretto di Messina visto dal lungomare.

L’installazione ha affollato i social e le vetrine della città divenendo punto di riferimento anche per i turisti. Esaltata da quanti hanno recentemente calcato il territorio reggino, tra cui il compositore Giovanni Allevi, che l’aveva ammirata durante le riprese del suo ultimo videoclip. «Dopo un anno – dice Tresoldi al Corriere della Calabria – l’opera ha già cominciato a inserirsi nella vita della città. Quello che faccio solitamente è lasciare un gesto, in un posto, che deve poi avere la capacità di costruire una serie di relazioni ed evoluzioni nel tessuto socio-culturale. Per quello che ho potuto vedere, “Opera” nell’ultimo anno ha potuto contribuire a questo. Infatti oggi sono qui più per ascoltare le storie delle persone che per dire qualcosa io. Che questo racconto provenga dall’Università e dall’Accademia è una cosa che mi emoziona molto».

«Una ferita di bellezza che perdona il brutto»

“Opera”, installazione sul Lungomare Falcomatà, Reggio Calabria

Ad accogliere Edoardo Tresoldi ci sono i docenti della facoltà di Architettura e di quella più “giovane” di Design. Tra questi il direttore del dipartimento Adolfo Santini, il professor Alberto De Capua e Marina Tornatora, che introduce l’ospite attraverso il racconto delle sue principali creazioni che esaltano oggi diverse città europee tra cui, appunto, Reggio Calabria. «“Opera” di Tresoldi è diventata un luogo di tutti. Un luogo potente, teatrale». Questo perché la struttura rispecchia la volontà dell’artista «di scavare nei miti della città» creando «uno spazio per la contemporaneità dove l’assenza diventa presenza».
In collegamento da Copenaghen, Ettore Rocca descrive l’opera come «una ferita di bellezza» e un «momento di denuncia capace di abbracciare il brutto (riferendosi al “non finito”, ndr) e perdonarlo. Un progetto di trasformazione non solo dello spazio pubblico ma anche della comunità».
Per il rettore Zimbone, incontri di questo tenore, in un mondo dove anche l’architettura sta mutando, evolvendosi, servono a «mettere in contatto gli studenti col mondo esterno».
«Sono occasioni – aggiunge – che possono far intravedere agli studenti delle prospettive per i loro sbocchi occupazionali. Attraverso queste possono osservare le nuove linee verso cui orientarsi». (redazione@corrierecal.it)

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