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L’analisi

«Senza obbligo vaccinale si rischia di dover ricominciare da capo»

«La protezione del vaccino, nei confronti dell’infezione, dopo sei mesi passa dal 95 al 40% (come prova lo studio realizzato dal Kaiser Permanente Southern California Department of Research & …

Pubblicato il: 14/10/2021 – 7:54
di Ettore Jorio*
«Senza obbligo vaccinale si rischia di dover ricominciare da capo»

«La protezione del vaccino, nei confronti dell’infezione, dopo sei mesi passa dal 95 al 40% (come prova lo studio realizzato dal Kaiser Permanente Southern California Department of Research & Evaluation, pubblicato su Lancet, condotto su vaccino Pfizer inoculato su 3.500.000 persone che avevano completato il ciclo vaccinale nel periodo compreso tra il 4 dicembre 2020 e l’8 agosto 2021). Quindi, l’aver protratto la validità del vaccino da 6 mesi ad un anno non ha nulla di scientifico». E’ quanto dichiarato alla stampa (La Repubblica) dal professor Andrea Crisanti, uno dei più credibili scienziati che si sono avvicendati nei diversi ed eccessivi talk show, accompagnando la nazione nella terribile esperienza pandemica. Non solo. Si dichiara incredulo sul numero dei riconosciuto positivi pro die.
Insomma, quanto rappresentato quotidianamente dai media risulta immediatamente dopo smentito o quantomeno corretto, spesso da chi si è dimostrato nel tempo più attento a non lasciarsi andare a sottovalutazione, salvo poi dire l’esatto contrario.
Crisanti è uno scienziato riconosciuto dalla ricerca internazionale e, in quanto tale, va presa in seria considerazione tutto ciò che il medesimo afferma.
Dunque, un vaccino che degrada sensibilmente i suoi effetti protettivi, tanto da andare a scadere oltre la metà in sei mesi, genera una seria preoccupazione ai vaccinati e comporta un obbligo nell’autorità governativa di provvedere. Altro che disporre la terza dose nelle categorie individuate. Con un autunno inoltrato presago di un inverno rigido alle porte, con tanti irresponsabili che disertano il vaccino, con un Governo che si smarca dall’obbligo di vaccinazione, pur essendo indiscutibilmente possibile ex art. 32 atteso che trattasi comunque di “trattamento sanitario”, si corre il rischio di cominciare da capo. Di incrementare i positivi, di moltiplicare i ricoveri, di rendere il Paese e la Nazione, rispettivamente, in crisi organizzativo-economica ed esistenziale. Tutto ciò prescindendo dagli egoismi nazionali che stanno impedendo di prendere in considerazione la vaccinazione solidarista da praticare, a costo del sistema dei Paesi ricchi e industrializzati, nei confronti di quelli poveri, a rischio di decimazione nei loro ceti più deboli.
I temi emersi in questi giorni sono rilevanti. La Fondazione Gimbe, del bravo prof. Nino Cartabellotta, fa la attenta conta dei lavoratori (3.8 milioni) costretti ai tamponi in due giorni pena l’espletamento del lavoro (vedi QS di oggi). Il prof. Pierluigi Lopalco, anche assessore alla sanità della Regione Puglia, ci informa (vedi QS 12 ottobre) della presenza strutturale del virus, tanto da omogeneizzarne la presenza fissa, così come quella del virus dell’influenza stagionale.
A questo punto, l’imporre l’obbligo di vaccinazione costituisce un dovere irrinunciabile della Politica. Una misura della quale non potere fare più a meno, anche perché la nazione conta una grande fascia di popolazione che è nettamente poco coperta dalle due dosi inoculate da più di sei mesi.
Per Natale toccherà al premier Draghi fare un regalo a tutti, vaccino obbligatorio a go gò.
Agli irresponsabili di non approfittare del momento e delle incertezze che si stanno più o meno artatamente autogenerando per introdurre atti di assurda violenza e di attacco alle cattedrali dei lavoratori.
*Docente Unical

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