CATANZARO Il gup di Catanzaro ha rinviato a giudizio quattro persone nell’ambito di uno stralcio del procedimento denominato “Coccodrillo”, istruito dalla Dda di Catanzaro contro un sistema incentrato sull’intestazione fittizia di beni, realizzata attraverso una serie di società, formalmente intestate a terzi, e tuttavia controllate e gestite dai Lobello, e ciò al fine di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia. Al centro dell’indagine vi sono gli imprenditori Lobello di Catanzaro: per Antonio, Giuseppe e Daniele Lobello si procede separatamente perché era stato chiesto il giudizio immediato e nei loro confronti il pm Veronica Calcagno, lo scorso sette settembre, ha chiesto 12 anni per Giuseppe Lobello e 8 anni per Antonio e Daniele Lobello.
Oggi il giudice per l’udienza preliminare ha rinviato a giudizio Domenico Rotella (titolare fittizio della Trivellazioni speciali srl, una delle società gestite dai Lobello); Francesca Rotella (titolare effettivo della Marina Cafè srls); Anna Rita Vignarolo (titolare fittizio della Marina Cafè srls) e Vitaliano Maria Fulciniti (ragioniere del gruppo Lobello). Per loro il processo avrà inizio il prossimo 17 giugno. Stralciata la posizione di Marika Lobello, difesa dall’avvocato Saverio Loiero.
Gli altri imputati hanno scelto il rito abbreviato che avrà inizio il prossimo primo dicembre con la requisitoria dell’accusa. Vanno in abbreviato: Pietro Garcea, Giuseppe Rotella, Caterina Garcea (titolari fittizi della società Strade Sud srl); Antonio Capellupo (consulente esterno, collaborava suggerendo a Giuseppe Lobello le operazioni da compiere); Francesco Iiritano (dipendente del gruppo Lobello nominato presidente e legale rappresentante del Consozio Zeus); Vincenzo Pasquino, Pasquale Torchia, Pasquale Vespertini (ragionieri del gruppo Lobello); Luciano Vitale (dipendente del gruppo Lobello, nominato fittiziamente presidente e rappresentante del Consorzio Stabile Genesi).
Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione. Le investigazioni, che si sono avvalse anche delle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e di esiti intercettivi, hanno evidenziato, oltre al legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, anche il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri. Dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza è emerso, anche, un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.
Nel collegio difensivo gli avvocati Vittoria Aversa, Saverio Loiero, Vitaliano Leone, Raffaele Bruno, Giampiero Mellea, Andrea Gatto, Iole Le Pera, Valerio Murgano, Enzo De Caro. (ale. tru.)
x
x