CATANZARO I giudici della Cassazione sollevano dubbi sul reato associativo contestato nel procedimento “Basso Profilo” della Dda di Catanzaro all’assessore regionale al Bilancio Francesco Talarico. Questo perché «non vengono in alcun modo indicati dal Tribunale del Riesame gli elementi specifici su cui fondare la partecipazione del Talarico alla struttura associativa». La Cassazione evidenzia inoltre che all’assessore non è contestato alcun reato fine della presunta associazione. «La condotta punibile del reato associativo – evidenziamo i giudici – non si riduce a un semplice accordo delle volontà, ma richiede sia la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione di delitti, sia un minimo di contributo effettivo apportato dal singolo per la realizzazione degli scopi dell’associazione». Questo il nucleo del ragionamento che ha indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso (Talarico è rappresentato dall’avvocato Francesco Gambardella) e chiedere un nuovo pronunciamento al Tribunale del Riesame. Questo secondo passaggio al Riesame, però, potrebbe arrivare dopo la sentenza di primo grado. L’assessore ha infatti chiesto di essere giudicato con rito abbreviato e per lui i pm della Dda di Catanzaro hanno chiesto una condanna a 8 anni.
Il Riesame, nella prima pronuncia, aveva escluso i gravi indizi in relazione all’accusa di scambio elettorale politico mafioso riqualificandolo come corruzione elettorale semplice e aveva confermato la misura cautelare.
La Cassazione non solleva censure sull’ipotesi di voto di scambio ed evidenzia che non si possa «collocare in un contesto inequivocabilmente mafioso i soggetti che avevano operato in favore del Talarico (nella campagna elettorale del 2018 per il Parlamento, ndr), né, infine, potendosi ritenere certa la consapevolezza della caratura criminale dell’imprenditore Antonio Gallo da parte del Talarico».
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