CATANZARO Ha chiesto di essere sentita il prossimo 21 ottobre Concetta Di Noia, 49 anni, moglie del neo collaboratore di giustizia Tommaso Rosa, 57 anni. Entrambi sono imputati nel processo, con rito abbreviato, “Basso Profilo” nato da una inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro su un sistema affaristico-mafioso che si dipanerebbe tra uomini d’affari di Catanzaro, imprenditori e politici tra i quali l’ex assessore regionale al Bilancio Franco Talarico.
Concetta di Noia e il marito sono accusati di associazione a delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso e, insieme ad Antonio Gallo, sono considerati i promotori e organizzatori di questa associazione, ricoprendo l’incarico di amministratori di fatto di oltre 20 società “schermate” da prestanome e adottando tutta una serie di accorgimenti illeciti per eludere i controlli dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Società che vedevano la partecipazione anche di Antonio Santo Bagnato, boss di Roccabernarda, che dava il nullaosta per lo svolgimento delle attività, individuava i soggetti da impiegare nel sodalizio e percepiva una percentuale per l’attività compiuta.
In video conferenza con l’aula bunker di catanzaro, inquadrata di spalle e con un nuovo avvocato a difenderla, Concetta di Noia ha chiesto di essere sottoposta a esame da parte dei magistrati della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, nel corso dell’udienza del prossimo 21 ottobre.
Nel corso dell’udienza di oggi è stato ascoltato dai pm il collaboratore Tommaso Rosa il quale ha parlato di quanto già riferito nel verbali resi all’antimafia di Catanzaro e in più ha reso dichiarazioni in merito a un suo coinvolgimento nell’omicidio di Rocco Castiglione, avvenuto a maggio del 2014 a Roccabernarda. Un argomento non nato a caso. Perché Tommaso Rosa viene considerato il «riferimento operativo della organizzazione ‘ndranghetistica di Roccabernarda, in quanto legato a Antonio Santo Bagnato capo del locale di Roccabernarda». Nell’ambito dell’interrogatorio del pm Paolo Sirleo sui rapporti del collaboratore con la cosca del Crotonese, Tommaso Rosa ha raccontato di avere avuto dei rapporti con Domenico Iaquinta, oggi collaboratore di giustizia avendogli fornito delle sim nel periodo dell’organizzazione del delitto. Rosa ha poi detto di essere stato invitato a fare un appostamento durante il delitto ma di essersi dato malato, di essersi fatto ricoverare in ospedale e di non avere partecipato all’agguato. Per l’omicidio Castiglione lo scorso 31 marzo la Corte d’Assise di Catanzaro ha inflitto tre ergastoli ad Antonio Bagnato, Antonio Marrazzo, e Antonio Cianflone e ha condannato a 30 anni Michele Marrazzo e a 12 anni il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta. L’omicidio sarebbe nato in seno a logiche di potere e controllo del territorio poiché la famiglia Castiglione era refrattaria ad allinearsi alle direttive del capo locale Antonio Bagnato. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Enzo Ioppoli, Gianluca Acciardi, Giuseppe Fonte, Salvatore Staiano, Francesco Gambardella, Giusy Caliò. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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