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I Gallace nell’élite del narcotraffico, chiesto il processo per 20 persone – I NOMI

L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Usavano server in Costarica per comunicare

Pubblicato il: 18/10/2021 – 13:12
di Alessia Truzzolillo
I Gallace nell’élite del narcotraffico, chiesto il processo per 20 persone – I NOMI

CATANZARO Avrà inizio il prossimo 19 novembre l’udienza preliminare a carico di 20 persone coinvolte nell’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Molo 13” e incentrata su un grosso traffico di cocaina intrapreso secondo l’accusa tra il clan Gallace di Guardavalle e il Sud America. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.
La richiesta di rinvio a giudizio, vergata dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto Debora Rizza, interessa:

Agazio Andreacchio, 44 anni;

Giuseppe Bava 44 anni;

Nicola Chiefari 48 anni;

Leonardo Ferro, 36 anni; 

Emanuele Fonti, 60 anni; 

Angelo Gagliardi 26 anni; 

Francesco Galati 44 anni; 

Bruno Gallace 49 anni;

Cosimo Damiano Gallace 60 anni;

Nicola Guido 37 anni;

Mario Palamara 52 anni;

Benito Andrea Riitano 28 anni;

Francesco Riitano 41 anni;

Paolo Riitano 45 anni;

Andrea Samà 47 anni;

Gianluca Tassone 42 anni;

Francesco Taverniti 47 anni;

Domenico Vitale 52 anni;

Domenico Vitale 45 anni;

Giuseppe Vitale 44 anni.

L’inchiesta

Secondo l’accusa, gli imputati avevano messo in atto una ramificata organizzazione criminale transazionale con lo scopo di agevolare l’associazione di stampo ‘ndranghetistico, caratterizzata da marcati profili operativi internazionali, capace di pianificare ingenti importazioni di cocaina dal Sud America (Colombia, ma anche Brasile) e di “piazzarla” in Europa (Spagna, Olanda, Inghilterra e Slovenia), Nuova Zelanda e Australia. Il clan Gallace aveva preso piede nella fascia jonica a cavallo delle province di Catanzaro e Reggio Calabria, con diramazioni nell’hinterland laziale, toscano e lombardo.

Un server in Costarica per comunicare

Dalle indagini è emerso che attraverso un software denominato Pgp consentiva alle organizzazioni criminali di comunicare senza essere intercettati, senza che nessuno si potesse inserire tra chiamante e chiamato. Gli inquirenti avevano identificato sul territorio di Guardavalle tutta una serie di smartphone dedicati a comunicare col server in Costarica. Questo server, assolutamente clandestino, conservava milioni di dati utilizzati da organizzazioni criminali che gestivano attività illecite. Nel collegio difensivo gli avvocati Vincenzo Cicino, Sergio Rotundo, Salvatore Staiano, Domenico Concolino, Mauro Ruga, Guido Contestabile,
(a.truzzolillo@corrierecal.it)

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